Bruxelles – Il mondo del lavoro in Europa è un puzzle composto da tessere molto diverse fra loro. Nel 2015, secondo l’ultima ricerca Eurostat, le persone fra i 15 e i 74 anni con un impiego erano 220 milioni. Molte meno, ovviamente, anche se sempre troppe, quelle disoccupate: 23 milioni. Eppure anche tra chi lavora, soprattutto part-time, ci sono delle insoddisfazioni.
Sono due su dieci gli impiegati part-time nell’Ue. Più di un quinto di loro (10 milioni) però, non ha scelto spontaneamente una giornata lavorativa più breve, ma è stato costretto ad accettare la formula. Ciò significa che queste persone avrebbero voluto stare di più al lavoro, ma non si sono verificate le condizioni economiche necessarie perché questo succedesse.
La tendenza riguarda soprattutto le donne che rappresentano il 66% dei lavoratori insoddisfatti del proprio part-time. In tutti gli Stati membri le lavoratrici vorrebbero estendere l’orario di lavoro più che i colleghi uomini, eccezione fatta per la Romania, dove succede il contrario. Qui, solo il 33% delle lavoratrici cambierebbe il ritmo della propria giornata.
I primi a voler lavorare di più sono i greci (71.8%), seguiti dai ciprioti (68%) e dagli spagnoli (54.2%). Più soddisfatti del loro part-time, invece, i Danesi, i cittadini della Repubblica Ceca e dell’Estonia. L’Italia è poco sotto la media Europea, con il 18.1% dei suoi lavoratori che aspira a un tempo pieno.
L’Italia però segna un record in un altro ambito, quello della forza lavoro potenziale. È il Paese in cui ce n’è di più: 3.5 milioni di persone. Sono tutte pronte a svolgere un impiego che però non cercano, molto probabilmente perché scoraggiate. Oppure perché non lo vogliono nell’immediato, ma appena finiti gli studi, con un diploma fra le mani con cui ambire” a qualcosa di più”.
La tendenza italiana conferma quella europea. Nell’Ue, l’anno scorso, sono stati in 136 milioni i cittadini europei che si sono definiti “economicamente inattivi”. Parte di loro rappresenta una vera e propria forza lavoro, ma 9.3 milioni degli interessati non cercano un impiego, e altri 2 milioni, soprattutto giovani, preferisce dedicare più tempo a libri e lezioni. Dopo l’Italia, i Paesi con la più grande forza lavoro inattiva sono Croazia, Lussemburgo, Finlandia e Bulgaria. Quelli che invece la sfruttano meglio sono Repubblica Ceca, Lituania ed Estonia.