Roma – Ieri è arrivata l’ennesima bacchettata dell’Unione europea sulla gestione dell’immigrazione da parte dell’Italia, in particolare la critica riguarda la capacità di accoglienza degli hotspot, i centri per la prima accoglienza, l’identificazione e la registrazione, in vista del prevedibile aumento degli arrivi previsto per l’estate. In risposta a Bruxelles, il ministro degli Interni Angelino Alfano, ha rilanciato l’idea di eseguire queste attività direttamente in mare.
“Siamo disponibili ad aprire nuovi hotspot, anche galleggianti”, ha dichiarato il titolare del Viminale. Ciò “consentirà di fare le operazioni di identificazione direttamente a bordo, senza far fuggire nessuno, e a questo meccanismo possono contribuire le agenzie umanitarie e Frontex”, l’agenzia europea per il monitoraggio delle frontiere esterne.
Alfano aveva già discusso questa idea con il commissario europeo per le migrazioni, Dimitris Avramopoulos, il quale si era dimostrato aperto a valutarne la fattibilità, avanzando però riserve soprattutto dal punto di vista legale. Un aspetto senza dubbio da approfondire, perché rischia di creare problemi dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.
Non a caso sono arrivate le critiche di Christopher Hein, consigliere strategico del Cir (Consiglio italiano rifugiati), il quale è preoccupato di come verranno gestiti gli irregolari, quelli che non hanno titolo per ottenere asilo. “Se ci si limiterà all’identificazione dei migranti, non ci trovo nulla di scandaloso”, ha dichiarato infatti Hein che ha però aggiunto: “Non vorrei invece che questo progetto di hotspot sul mare contemplasse direttamente misure di espulsioni dalle navi al largo”. Certo, non è sicuramente intenzione di Alfano rigettare in acqua le persone, ma rimandarli direttamente indietro, magari negando la possibilità di appello contro un rifiuto della richiesta di asilo, equivarrebbe un po’ ai respingimenti in mare in cui l’Italia si era già avventurata attirandosi la condanna dell’Ue e della Corte europea per i diritti umani.
In verità, i problemi riguardano anche l’identificazione, un’operazione che a volte può durare settimane o addirittura mesi, e nel frattempo è spesso necessario assicurare assistenza medica a persone che arrivano in condizioni critiche. Assistenza che già è difficile sulla terra ferma, come più volte denunciato da Medici senza frontiere, l’organizzazione internazionale che, in Italia come in Grecia, ha preso la sofferta decisione di abbandonare alcuni centri di accoglienza proprio a causa dell’impossibilità di svolgere bene il proprio lavoro. Bisognerà dunque capire come Alfano, e Avramopoulos che sta studiando la questione, intenderanno sciogliere i nodi ingarbugliati di una proposta che al momento fa storcere il naso a molti.