Roma – “Comunque vada” il referendum sulla Brexit, le prospettive “non sono positive”. Franco Bruni, vice presidente dell’Istituto per gli studi internazionali (Ispi), ha un giudizio pessimo sulla vicenda della possibile uscita della Gren Bretagna dall’Unione europea. Oltre a sottolineare il “possibile effetto domino su altri Paesi” di una sconfitta degli europeisti britannici, il professore ritiene che la trattativa tra il Consiglio europeo e il Regno unito sia stata condotta “in modo indegno” e l’intesa che ne è nata potrebbe, anche nel caso Londra rimanesse nell’Ue, generare “molti contenziosi” a causa delle “appendici aggiunte nero su bianco al documento” firmato dai capi di Stato o di governo europei.
Bruni è stato netto nel bocciare una “trattativa che non andava fatta”. Fosse stato per lui, quando “questo signore (il premier britannico David Cameron, ndr) è andato in giro per l’Europa a minacciare” di sostenere la causa della Brexit, lo avrebbe “rimandato a casa”. Invece, ha denunciato il vicepresidente Ispi, sono stati “sottoscritti impegni che non so nemmeno quanto il Consiglio fosse legittimato” a prendere. Impegni che a suo avviso “avrebbero richiesto una legittimazione democratica più ampia”.
L’occasione per l’invettiva di Bruni contro l’accordo per evitare la Brexit è stata fornita dal convegno ‘Quale futuro per l’Europa: integrazione o disgregazione del Mercato unico’, evento organizzato stamane a Roma da Accredia, l’Ente unico di accreditamento italiano, che si occupa di attestare la competenza, l’imparzialità e l’indipendenza dei laboratori e degli organismi di verifica della conformità di prodotti, servizi e professionisti agli standard internazionali di riferimento per agevolarne la circolazione transnazionale. La sua missione è dunque “al servizio del Mercato unico europeo”, ha indicato il presidente dell’associazione, Giuseppe Rossi, spiegando così il perché di una iniziativa pubblica, fatto insolito per Accredia, abituata ad assemblee riservate ai soci.
Al momento di riflessione sull’attuale fase critica che sta attraversando l’Europa è stato invitato anche l’ex ministro per gli Affari europei e attuale direttore della School of law della Luiss, Enzo Moavero Milanesi. Il giurista europeo ha sottolineato come le istituzioni fossero “del tutto impreparate” ad affrontare i quattro eventi che a suo avviso hanno sconvolto l’Ue negli ultimi anni: “La globalizzazione, la crisi finanziaria globale, le migrazioni, la minaccia delle guerre e del terrorismo”.
Secondo il docente dell’Ateneo legato a Confindustria, “il problema è che gli assetti istituzionali europei sono dominati dai governi nazionali”. Questi, ha aggiunto, in sede di Consiglio europeo “litigano tra loro e ognuno ha una propria storia che deve raccontare a casa”. Nel portare la narrazione, sostiene Moavero Milanesi, puntualmente addossano all’Ue la responsabilità delle decisioni spiacevoli e rivendicano per sé i meriti dei frutti positivi. Un comportamento che alimenta il proliferare dell’anti europeismo tra i cittadini, con il risultato di avvicinare l’Ue a uno scenario di “disgregazione” anziché convincerli a “decidere di fare quelle scelte” che consentano al progetto europeo “di crescere in maniera più coesa”.
Sulle carenze dell’Unione europea di fronte alle crisi si è soffermata anche Fiorella Kostoris, dicente di Economia all’Università La Sapienza di Roma. In particolare, a suo avviso è l’assetto economico nato dal Trattato di Maastricht a essere inadeguato ai tempi che viviamo. Si tratta di un assetto pensato per rispondere alla possibilità di “choc sul lato dell’offerta”, concentrandosi “sulla riduzione dei deficit” pubblici, e per tanto non riesce a rispondere in maniera adeguata alla sfida odierna di far fronte a un problema di domanda.
Lo stesso problema è stato segnalato dal sottosegretario allo Sviluppo economico, il senatore Antonio Gentile, il quale ha confermato l’orientamento dell’esecutivo italiano più volte espresso dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. “È necessario un ripensamento del Fiscal compact”, ha dichiarato l’esponente di Ncd, indicando la volontà dell’esecutivo di “contribuire a scrivere le nuove regole” perché “gli spazi di fiscalità dovrebbero essere usati per promuovere crescita e sviluppo economico”.