Roma – “È probabile che il tasso d’inflazione si collochi su valori lievemente negativi nei prossimi mesi e che poi riprenda a salire nella seconda metà del 2016”. È l’indicazione che la Banca centrale europea dà nel suo ultimo bollettino economico, dove si prevede che l’aumento dei prezzi dovrebbe registrare un ulteriore recupero nel 2017 e nel 2018, grazie alle misure di politica monetaria della stessa Bce e alla ripresa economica.
Ripresa che però, nell’Eurozona, “è ancora frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci in diversi settori, dal ritmo insufficiente di attuazione delle riforme strutturali in alcuni paesi e dalle prospettive di crescita contenuta nei mercati emergenti”.
L’istituto di Francoforte torna a rivendicare – dopo le dichiarazioni del presidente Mario Draghi, secondo il quale l’attuale politica monetaria espansiva ha evitato che l’Area Euro rimanesse “inchiodata” alla recessione – la validità delle misure fin qui intraprese, e sottolinea che “in prospettiva è essenziale mantenere un grado appropriato di accomodamento monetario per il tempo necessario a sostenere il vigore della ripresa economica nell’Area dell’Euro, e ad accelerare il ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2%”.
Per raggiungere il target viene ribadito il famoso “whatever it takes” di Draghi. Infatti, nel bollettino si ribadisce per l’ennesima volta che, “se necessario per il conseguimento del proprio obiettivo”, la Bce “agirà ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell’ambito del proprio mandato”. Secondo la Banca centrale europea “è indispensabile assicurare che le condizioni di inflazione estremamente bassa non si radichino in effetti di secondo impatto sul processo di formazione di salari e prezzi”. Nell’ottica di usare tutti le armi a disposizione, l’Istituto conferma il programma di quantitative easing. Gli acquisti di titoli fino a 80 miliardi al mese, si legge nel bollettino, “dovrebbero proseguire sino alla fine di marzo 2017”. Tuttavia, potrebbero protrarsi “anche oltre, se necessario, e in ogni caso” proseguiranno “finchè il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione”. Confermate anche le ulteriori mosse già annunciate per giugno, quando partirà la prima della nuova serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Omrlt II) e saranno avviati gli acquisti nell’ambito del programma che riguarda gli asset del settore societario.
Nel bollettino, la Bce bacchetta l’Italia e il Belgio sullo scostamento dagli obiettivi di rientro del debito pubblico. “Azioni di risanamento strutturale insufficienti nell’ambito del meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita, assieme ai minori requisiti di aggiustamento conseguenti alle recenti disposizioni sulla flessibilità, hanno contribuito agli scostamenti dal parametro di riferimento per la riduzione del debito” pubblico. In sostanza un monito sull’uso eccessivo della flessibilità. Non un buon segnale per il governo che attende nelle prossime settimane il giudizio della Commissione europea sulla Legge di stabilità 2016.
L’Istituto di Francoforte segnala come sia stato “spesso procrastinato” il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine. Il raggiungimento del pareggio di bilancio era inizialmente perevisto per il 2014, infatti, ma lo si è spostato ogni anno, tanto che slitta anche nelle previsioni del Def 2016 presentato ad aprile. “Un aggiustamento strutturale dello 0,6% del Pil nel 2017 e 2018, e dello 0,5% del Pil nel 2019 sarebbe sufficiente ad assicurare” il raggiungimento del pareggio di bilancio “entro il 2019”, scrivono gli analisti della Bce, indicando che una riduzione dell’aggiustamento pari allo 0,25% del Pil farebbe invece slittare al 2020 il perseguimento dell’obbiettivo.