Dal nostro inviato a Londra
Londra – Nella società liquida di Londra, in continuo mutamento ed espansione, c’è una cosa che non si può mettere in dubbio: la fede politica di Ivana Bartoletti, candidata del partito Laburista (Labour Party) per la London Assembly, che è qualcosa di simile a un nostro Consiglio Comunale, ma di grandi dimensioni, per la Greater London, che raggruppa i comuni metropolitani.
Non sono ancora le 18 quando in un quartiere periferico di Londra si ritrovano dei volontari del Labour Party insieme a qualche parlamentare: le elezioni comunali sono vicine (giovedì 5 maggio) e bisogna fare campagna. Non è proprio la classica Londra da copertina, le case appaiono rovinate e nei piccoli cortili che fiancheggiano la strada si trovano qua e là lattine di birra, scarpe e rifiuti, come ad impedire l’accesso.
Il quartiere di Redbridge, ad Ilford, nell’Essex, sembra una foto di una periferia italiana. Ci sono i giardini, le piste ciclabili e i bambini che giocano per strada, ma tutto ha l’aria di rovina, anche il manto stradale. Case basse in tipico stile inglese con qualche grattacielo che si vede in lontananza, è Stratford, quartiere teatro dei giochi olimpici del 2012.
“È un quartiere dove il Labour stravince” mi dice Ivana, “l’ultima volta con 24.000 preferenze di scarto”, aggiunge. È un quartiere anche un po’ difficile da vivere. I bus non hanno la stessa frequenza delle High Streets dove l’alta finanza beve i suoi cocktail, la segregazione qui sembra quasi una cosa normale. Il comune a cui fa capo è denominato Havering & Redbridge e, ad esclusione della zona battuta oggi, è il cuore del conservatorismo e dei sentimenti anti-Ue.
Questa caratteristica a Londra è davvero forte: al centro il benessere, i broker, gli avvocati, i medici, al di fuori i professori, le infermiere, i manovali, i pendolari o commuters come li chiamano qui. “Ci sono persone che devono fare il night shift (turno notturno) così da poter prendere il bus e non pagare la metro (che costa esattamente il doppio Ndr)” dice Ivana, “è per questo che insieme a Sadiq (Khan, candidato Labour a sindaco di Londra) abbiamo l’obiettivo di congelare i costi dei mezzi di pubblici. Per alcuni lavoratori sono diventati insostenibili”.
Quando le faccio notare che il candidato sindaco dei conservatori, Zac Goldsmith, critica fortemente la politica di risparmio sui trasporti metropolitani, la risposta è perentoria: “dei tagli efficienti si possono fare, con Boris Johnson il costo dei mezzi pubblici è salito del 42%”.
È raro vedere un’italiana fare campagna elettorale in un paese straniero, ma colpiscono l’impegno e il tempo speso per “una città che mi ha dato tanto e alla quale voglio restituire qualcosa”. Questo qualcosa è l’impegno politico, dalla parte di chi soffre più di tutti una città che se ti fermi non si cura di te, ma procede nella sua veloce mutazione, lasciandoti nel girone degli esclusi.
“Ho già fatto politica in Italia, ho lavorato con Fassino e con D’Alema, vengo dal Pds, ma poi mi sono trasferita a Londra”. Ed è proprio nella capitale britannica che la carriera politica ha inizio. Dopo aver conseguito la seconda laurea Ivana trova lavoro come manager nell’NHS (National Healt System) alla gestione delle pratiche legali su privacy e dati sensibili.
“Qui la cultura politica è differente” mi dice. Non si può certo darle torto, la media dei votanti oscilla dal 60% ad un minimo del 30%, in un paese dove si vota il giovedì. “Si fa campagna per le case, una ad una, i politici scendono in strada, ma il partito si basa molto sulla forza del suo leader” e il Labour al momento vive una fase transitoria, con Jeremy Corbyn, leader del partito, accusato di essere troppo estremista e, Sadiq Khan, che a Londra sembra essere diventato una specie di star.
Per quanto riguarda il modo di fare politica Ivana Bartoletti non ha nulla da invidiare ad altri candidati. Da settimane solca le strade della metropoli britannica con una carrozzina, all’interno sua figlia, un mese di vita, sembra essere la sua mascotte. Bussa alla porta, parla con gli elettori, quando sente che qualcuno non è madrelingua dice “io sono italiana”.
Di italiani come lei Londra è piena. 285.000 secondo l’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). Molti di questi vivono il problema degli affitti. Proprio su questo la proposta politica di Khan e di Bartoletti si basa. “A Londra il problema degli affitti è primario, addirittura le aziende più ricche fanno fatica a trattenere i lavoratori perché questi non riescono a vivere”. Si pensi che una stanza ha il costo di 700 sterline nel quartiere di Hackney, zona 2 est, dove risiede Ivana, famoso per i riot del 2011.
Per arginare il problema il candidato sindaco di origine pakistane ha pensato di creare un meccanismo di prelazione per i londinesi. Si badi bene, non è certo una misura razzista “Sadiq dice che si è londinesi dopo 10 minuti passati in questa città”. “L’idea è quella di creare una Social Enterprise, Home for Londoners, ovvero investimenti da parte dello stato, della città e dei business per costruire nuove case e creare delle sinergie tra le parti sociali.”
Parte del problema sembra risiedere nelle case sfitte che “sono comprate dalle grandi compagnie di assicurazioni, come Zurich e Aviva. Se vuoi comprare una casa nei nuovi palazzi di Dalston (zona frizzante all’interno del quartiere di Hackney, Ndr) l’80% è stato comprato da queste multinazionali e scambiato sul mercato di Singapore. La casa non è una merce di scambio globale.”
“La città è cambiata molto negli ultimi anni, le highstreet sono piene di catene come Starbucks e Costa, non che io ce l’abbia con loro, è diventato difficile per un cittadino qualsiasi aprire un’attività.” Per rendersene conto basta fare un giro per le strade di un quartiere londinese, ogni due porte c’è un coffee shop di qualche catena “che vorrei pagasse le tasse in UK”.
Quello del Labour sembra un piano di “rinascita” molto incentrato sul sociale e sui cittadini. I trasporti, le council house, l’istruzione e la sanità. La città del resto è cambiata negli ultimi anni, almeno secondo Ivana. “Londra una volta era meritocratica, nel senso europeo, non americano, una città che premiava l’impegno, il duro lavoro grazie anche alle istituzioni pubbliche, adesso non possiamo dire lo stesso”.
Sulla via del ritorno il discorso prende una piega europea, d’altronde queste elezioni (5 maggio) daranno un primo responso su Brexit, referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. “Trovo che l’Ue non vada bene perché è governata dalla destra – commenta Ivana -. Non mi sognerei mai di dire ad un mio elettore che l’Europa così com’è è bellissima, ma lo potrà diventare se sapremo costruirla”.