Bruxelles – Ciò che finora non ha potuto la solidarietà, si spera possa un mero calcolo di convenienza economica. La Commissione europea presenta la sua proposta per la revisione di Dublino e tenta di toccare gli Stati là dove sono più sensibili. Tra le due proposte messe sul tavolo qualche settimana fa, la squadra di Jean-Claude Juncker ha optato per la meno ambiziosa, la cosiddetta “Dublino plus”: non certo una rivoluzione, ma un tentativo, forse più realistico, di fare funzionare meglio ciò che già esiste. Al centro del sistema immaginato dall’esecutivo comunitario rimane il principio del Paese di primo approdo, secondo cui trattare la domanda di asilo di un migrante spetta allo Stato da cui questo ha fatto il suo primo ingresso in Europa. Viene però introdotto un meccanismo di salvaguardia che dovrebbe evitare di portare al collasso gli Stati di frontiera.
Quando questi saranno sottoposti ad una pressione sproporzionata, secondo il piano della Commissione europea, dovrebbe scattare un meccanismo di ricollocamento automatico dei migranti tra tutti gli Stati membri. Un’idea non nuova, che fino ad ora si è però mostrata fallimentare. E allora? Cosa dovrebbe cambiare questa volta? La differenza è che da adesso, secondo la proposta dell’esecutivo Ue, gli Stati che sceglieranno di non contribuire all’accoglienza dovranno “compensare” economicamente la mancanza, con cifre tutt’altro che trascurabili: ogni capitale dovrà versare 250mila euro per ogni migrante non accolto, al Paese che se ne farà carico al posto suo. Una somma elevatissima, che mostra la chiara volontà della Commissione di forzare tutti gli Stati a collaborare. “Semplicemente non ci sono alternative”, spiega il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans: “quando uno Stato membro è sopraffatto, ci deve essere solidarietà e un’equa distribuzione delle responsabilità all’interno dell’Ue”.
Ma come stabilire quando un Paese di frontiera deve fare fronte ad un numero di richieste di asilo troppo elevato? La Commissione europea ha studiato una chiave per stabilire per ogni Paese la cifra massima di richieste gestibili. Sarà calcolata sulla base di due fattori: popolazione e Pil, fattori che conteranno ciascuno per il 50%. Quando in un Paese la quota massima di domande di asilo stabilita dalla Commissione sarà superata del 150% allora scatterà automaticamente il meccanismo di redistribuzione dei migranti tra gli altri Paesi e i ricollocamenti continueranno fino a quando la normalità non sarà ristabilita. Nel calcolo dei migranti accolti da ogni Stato membro saranno considerati anche i rifugiati provenienti direttamente dai campi profughi in Paesi terzi, ad esempio dalla Turchia, per sottolineare la volontà della Commissione di aprire anche vie legali di ingresso verso l’Europa.
Del pacchetto presentato dall’esecutivo comunitario fa parte anche un rafforzamento dell’attuale Ufficio europeo per l’asilo (Easo) che dovrebbe diventare una vera Agenzia dell’Unione europea per l’asilo, con compiti e poteri molto più estesi. L’idea è quella di dare vita ad un corpo di riserva di esperti composto da minimo 500 persone messe a disposizione dagli Stati (oltre al personale dell’agenzia) e capacità tecniche tali da potere venire in soccorso dei paesi sottoposti a pressione migratoria sproporzionata.