Bruxelles – “Non lo viene a trovare nessuno”, dicono, un po’ delusi, dal cerimoniale del Consiglio europeo. Chi sembra non ricevere molte visite internazionali è il polacco Donald Tusk che del Consiglio è il presidente. L’ex primo ministro della Polonia è in carica dal 1° dicembre 2014 e la fine del suo mandato è prevista per metà 2017. Ma già si discute sulla possibilità o meno di un suo rinnovo.
E’ tutto ancora un po’ prematuro, ma ci si chiede quanto il cambio di governo in Polonia possa ridurre le possibilità di una conferma che, se anche manca ancora una vera tradizione, viene immaginata come scontata. La decisione non tocca alla Polonia, ma al Consiglio europeo nel suo insieme e non è detto che il governo di Beata Szydło, che ha vinto le elezioni sconfiggendo proprio il partito di Tusk, si esprimerà a favore della conferma di un suo avversario politico e sarebbe per lo meno imbarazzante confermare un presidente del Consiglio europeo contro la volontà del suo governo. In realtà, sempre di un polacco si tratta, e il prestigio del Paese ne guadagnerebbe. Dunque ci sono anche buone possibilità che l’ex premier resti al suo posto.
Se Tusk sarà confermato avrà un mandato di cinque anni, come è successo al suo predecessore, il belga Herman van Rompuy, anche lui ex premier di un Paese “medio” dell’Unione. La guida di Tusk, per ora, non è stata giudicata particolarmente incisiva, e la cosa, come testimoniano proprio le fonti all’interno del Consiglio, si nota anche sul fronte delle visite che il presidente del Consiglio riceve, che sono un po’ il termometro del suo prestigio internazionale. Il confronto di Tusk con l’ex presidente, e con la sua attivissima diplomazia a Bruxelles, in effetti non sembra premiarlo.
Una precisazione: i momenti storici sono diversi, le priorità cambiano, dunque anche le agende e le persone che si incontrano. Quando van Rompuy si insediò come presidente del Consiglio Europeo, nel 2009, era la prima volta che questa carica diventava ufficiale, secondo quanto stabilito dal trattato di Lisbona. Il ruolo internazionale quindi era ancora tutto da costruire. Eppure il belga, nel suo primo anno e mezzo di presidenza, incontrò leader più importanti di quelli incontrati nella prima parte del suo mandato da Tusk.
Se nel primo mese dal suo insediamento Van Rompuy non ricevette visite, da gennaio in poi a Bruxelles arrivarono, fra gli altri, l’allora Primo Ministro greco George Papandreou, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Primo Ministro inglese Gordon Brown. Donald Tusk, nei suoi primi mesi, ha ricevuto invece una telefonata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan ed è andato in visita in Estonia e Lituania. Mentre a Bruxelles sono arrivati il primo ministro turco Ahmet Davutoglu, quello norvegese, Erna Solberg, e il vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Van Rompuy, nel suo primo anno e mezzo da presidente, ha incontrato più di 20 capi di Stato tessendo una rete di relazioni forti. Un’eccezione però c’è stata, quella del presidente americano Barack Obama che, durante un summit a Washington nel 2010, non ha potuto incontrare Van Rompuy privatamente. Obama però è arrivato a Bruxelles quattro anni dopo e in quell’occasione i due hanno avuto un lungo dialogo. Tusk invece, aspetta ancora la visita del presidente degli Usa in Belgio, che al momento non è in programma. Il polacco, nell’attesa, è volato a Washington per incontrare l’inquilino della Casa Bianca. Perché Tusk più che ricevere i leader a Bruxelles, viaggia per raggiungerli. È stato ad Atene da Tsipras, a Gerusalemme da Netanyahu e poi ancora a Parigi da François Hollande e al Cairo da al-Sisi.
I metodi sono diversi, così come i periodi storici e le questioni in primo piano sulle scrivanie del Consiglio Europeo. Van Rompuy ha concluso i suoi due mandati con un’agenda fitta di impegni fino alla fine (per esempio partecipando al G20 di Brisbane) e starà a Tusk intensificare gli inviti a Bruxelles per riuscire a competere con il suo predecessore.