Bruxelles – E’ noto come “match fixing”, e lo si può tradurre come “manipolazione sportiva”, ma definirlo, a quanto pare, è cosa molto meno semplice. Non in Europa, almeno, dove ci si interroga sul fenomeno. Di per sé, in linea concettuale, il “match fixing”, non è un concetto difficile da capire: si truccano gli eventi sportivi. Si stabilisce l’esito finale degli incontri prima ancora di disputarli, falsando il risultato. Il tutto a fine di guadagni illeciti con le scommesse. Perché se il giro di affari legale del mondo dello sport è stimato attorno ai 145 miliardi di dollari nel solo 2015, il business legato alle scommesse sullo sport è invece stimato attorno al trilione di dollari l’anno, con i tre quarti del denaro impegnato per scommesse sul calcio. Il “match fixing” si inserisce in questo tipo di business, ma a livello giuridico ci sono carenze nella definizione del fenomeno, il che rende più difficile identificare il reato. Il Parlamento europeo lo dice chiaramente, nel suo studio di analisi del problema. “Non c’è una definizione comune per il match-fixing”, il che rende difficile intervenire. Dalla lontana terra dei canguri potrebbe però giungere la soluzione, dato che “la definizione fornita dal ministero per lo Sport dell’Australia è la più esauriente” di tutte.
In Australia si intende per match-fixing “la manipolazione di un risultato o di un avvenimento da parte dei concorrenti, squadre, agenti sportivi, personale di supporto, arbitri e funzionari e personale del locale. Tale condotta comprende: la fissazione deliberata del risultato di una gara o di un evento della competizione o del torneo; la deliberata sotto-prestazione (da parte degli atleti, ndr); ritiro (abbandono); sconfitta intenzionale; deliberata applicazione errata delle regole da parte di un ufficiale o di un giudice di di gara; abuso di informazioni o loro fornitura al fine di attività di scommessa per manipolare un risultato o un avvenimento”.
Solo la finale della Champions League in Europa movimenta un miliardo di euro in transazioni legate alle scommesse. Sapere in anticipo il risultato può procurare grandi guadagni, ed è chiaro che l’Ue si chieda cosa fare, visto che nel mercato dell’Ue un quarto (25%) dei redditi maturati dalle scommesse sportive è illegale. Ma l’Ue, dal punto di vista legislativo, può fare poco. Non ha competenze in materia e può solo svolgere azione di coordinamento e di suggerimento. L’armonizzazione delle regole è la richiesta che arriva dall’Europa, e il Parlamento di Bruxelles dà il suo contributo suggerendo ai governi dei Ventotto di prendere spunto dall’Australia. Inutile dire che per contrastare il fenomeno delle combine gli Stati dovrebbero scambiarsi informazioni. Proprio dove si perde l’Europa in tema di migranti, sicurezza, e anti-terrorismo.