Bruxelles – I governi europei si oppongono all’introduzione nelle leggi elettorali per le lezioni europee nazionali dell’indicazione del candidato presidente della Commissione. Non sembra invece esserci una significativa opposizione alla ripetizione dell’esperienza del 2014, quando i partiti, a livello europeo e con un impegno solo politico, indicarono i loro ‘spitzenkandidaten’.
La questione si è posta quando al Consiglio europeo è giunta la relazione dei due eurodeputati Jo Leinen e Danuta Hübner, che, delegati dal Parlamento, hanno elaborato una serie di proposte per stimolare un maggior coinvolgimento dei cittadini nel voto europeo, che è in preoccupante calo. Si tratta di una discussione di carattere politico, in quanto le leggi elettorali europee hanno sostanzialmente un solo vincolo comune, devono essere proporzionali, ma tutto il resto è di competenza degli Stati. L’obiettivo della relazione parlamentare, condiviso dai governi, è dunque di trovare il modo di coinvolgere maggiormente gli elettori, con strumenti condivisi a livello dei 28, ma che poi ogni Paese dovrebbe declinare a modo suo.
Sul punto in questione, gli ‘spitzenkandidaten’, i due deputati sono andati però a scontrasi con il Trattato dell’Unione, che riserva esplicitamente l’indicazione ai governi, pur dopo aver valutato il risultato elettorale, e poi il voto di approvazione del Parlamento. Secondo i governi, e anche secondo il servizio legale del Consiglio, una norma che inserisca nelle leggi elettorali nazionali l’indicazione del presidente della Commissione europea andrebbe contro il Trattato, e dunque sarebbe illegittima.
“Nulla vieta però – spiega un diplomatico di una grande Paese a Bruxelles dopo il confronto in Consiglio – che i partiti europei, come nel 2014, facciano una pressione politica sui governi per l’indicazione dei loro candidati. Non c’è nessuna opposizione a questo, ma solo all’introduzione di una norma legale nelle leggi elettorali dei Ventotto, che sarebbe illegittima”.