Bruxelles – Ai lavoratori domestici e ai prestatori di assistenza, la maggior parte dei quali sono donne migranti, dovrebbe essere garantito uno status giuridico comunitario. In una risoluzione votata oggi, i deputati affermano che il riconoscimento della professione dovrebbe scoraggiare il traffico di esseri umani e lo sfruttamento.
Nel testo, s’invita inoltre a stabilire modelli di facile interpretazione per le relazioni giuridiche tra lavoratori e datori di lavoro, citando esempi virtuosi in Belgio e in Francia, per mettere fine alla precarietà e al lavoro domestico sommerso.
“I lavoratori domestici e i badanti ci permettono di seguire la nostra carriera e approfittare della nostra vita sociale. A loro affidiamo le nostre case, i nostri figli, i nostri genitori. Ma, sono invisibili, non dichiarati, vittime di insicurezza e di esclusione sociale. Inoltre, la maggior parte sono donne, che lavorano per tante ore, senza giorni di riposo, senza copertura medica o piani pensionistici”, ha dichiarato la relatrice Kostadinka Kuneva (GUE/NGL, EL).
“L’invecchiamento della nostra popolazione e il fatto che le donne stiano entrando nel mercato del lavoro significa che ne abbiamo una sempre maggiore necessità. Eppure, gli Stati membri dell’UE continuare a permettere loro di lavorare nell’economia sommersa”, ha aggiunto.
La risoluzione è stata approvata con 279 voti favorevoli, 105 voti contrari e 204 astensioni. Un “grande apprezzamento” per l’approvazione è arrivato da Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf, l’associazione dei datori di lavoro domestico, che è anche vice presidente di Effe, l’omologa associazione di rappresentanza datoriale a livello europeo. Secondo Zini, “si tratta di un primo, fondamentale step verso la professionalizzazione di un’attività che, nei fatti, rappresenta il punto cardine sul quale si costruisce il welfare italiano ed europeo”.