Bruxelles – Il giorno degli attentati di Bruxelles, il 22 marzo scorso, è passata più di un’ora dall’esplosione all’aeroporto e quella alla metropolitana. Alle 7:58 due kamikaze si sono fatti saltare in aria nello scalo di Zaventem. Alle 09:11, ovvero 73 minuti più tardi, un altro kamikaze si è fatto esplodere nella metropolitana vicino alla fermata Maelbeek. Da subito la domanda che si sono posti quasi tutti è stata: perché la metropolitana di Bruxelles non è stata chiusa immediatamente?
Mentre la magistratura e il Parlamento indagano per capire se nel dramma del secondo attentato ci sono anche responsabilità dovute all’incapacità di affrontare la situazione, la televisione fiamminga Vrt ha cercando di rispondere a questo quesito. Subito dopo le esplosioni in aeroporto, i soccorsi sono stati avvisati e sono arrivati sulla scena. Guy Schotte, responsabile delle operazioni dell’esercito belga, ha spiegato a Vrt che i soldati presenti sul luogo lo hanno avvertito molto rapidamente del fatto che si trattava probabilmente di attacchi terroristici. Alle 08:11, la notizia si è diffusa su Twitter. Alle 8:17 la compagnia ferroviaria Sncb ha annunciato la chiusura della stazione della metropolitana in aeroporto, in seguito alla richiesta da parte delle autorità.
Ma allora perché non chiudere tutte le stazioni della metropolitana, che sono obiettivi sensibili? Il presidente della Regione di Bruxelles-Capitale, Rudi Vervoort, ha spiegato di aver dovuto prima determinare se c’era effettivamente stato un attacco ed ha ricordato che il ministro dell’Interno, Jan Jambon, ha dato l’ordine ufficiale di evacuare e chiudere la metropolitana solo alle 8:50. Tuttavia, diverse testimonianze nel reportage di Vrt sostengono che se ne era parlato ben prima di quell’orario. Come ricordato dal Ministro di Bruxelles della mobilità, Pascal Smet, la decisione di chiudere i trasporti pubblici spetta al Centro di crisi e al governo federale.
L’orologio segnava le 8:59 quando Vervoort ha chiamato il centro di crisi che gli ha confermato la chiusura della metropolitana. Alle 9:04, L’Ocam (Organo di coordinamento per l’analisi delle minacce, che si occupa di terrorismo ed estremismo) ha annunciato che il livello di minaccia era stato alzato a quattro (il massimo) per l’intero Paese. L’organo ha affermato di aver dato l’ordine di evacuare e chiudere le stazioni della metropolitana e le cinque stazioni ferroviarie di Bruxelles.
Ma alle 9:05 la metropolitana era ancora in movimento. Secondo Vrt, era in corso una riunione nella sede della Stib, l’azienda che gestisce la metropolitana, e durante l’incontro si è parlato dell’attentato all’aeroporto ma non della chiusura della metropolitana. Negli stessi minuti i soldati presenti nella capitale hanno ricevuto l’ordine di scendere nelle stazioni della metropolitana e in particolare a Maelbeek perché dopo l’attacco a Zaventem, l’esercito belga ha ritenuto la metropolitana di Bruxelles un bersaglio vulnerabile. “I soldati hanno risposto immediatamente. Erano ancora più circospetti e pronti a contrastare un attacco armato”, ha dichiarato il responsabile dell’esercito Schotte. Un giornalista Vrt ha fatto notare che grazie a questa rapida risposta i militari che avevano appena finito la guardia presso l’ambasciata norvegese sono potuti scendere nella stazione Maelbeek e fornire il primo soccorso alle vittime dell’attentato. In tutto questo movimento e riunioni però la metropolitana era restata aperta e alle 9:11 un kamikaze si è fatto esplodere a Maelbeek. Subito dopo l’amministratore delegato della Stib, Brieuc de Meeus, ha dato l’ordine tardivo e oramai inutile di fermare la metropolitana, quando ormai l’avrebbe deciso anche un bambino. Meeus afferma però che non ha mai ricevuto la richiesta dal Centro di crisi e dal governo federale.
Se non sappiamo come avrebbero reagito i terroristi, che sono entrati nella stazione di Pétillon alle 8:45, in caso di evacuazione e di chiusura della metropolitana, è certo invece che la comunicazione tra le autorità e i gestori della metro è stata disastrosa. E come ha osservato la Vrt, è sorprendente che l’esercito abbia potuto comunicare facilmente, mentre invece tutti gli altri erano nella confusione più totale. Interrogato sulle ragioni di questa efficacia, Guy Schotte ha detto che la comunicazione è la specialità dell’esercito: “La comunicazione nelle situazioni di crisi è una professione, non riesce a tutti e ci alleniamo ogni giorno. Questo è probabilmente il motivo per cui siamo migliori, ma richiede una formazione continua”.
Schotte ha mostrato comprensione nei confronti delle autorità. “E’ vero che alcuni mezzi tecnici non funzionano bene, ma dobbiamo essere realistici. Se diciamo alle 8:50 di fermare la metropolitana, non si può pretendere tutto sia fermo alle 9.00. Non so quanti responsabili abbia la Stib, ma occorre considerare le centinaia di persone che non hanno una radio come un agente di polizia, quindi ci vuole tempo. E’ inevitabile”. Tuttavia, come ricorda Vrt, già nel 2010 un’esercitazione catastrofica aveva individuato i problemi di comunicazione tra la Stib e i servizi di emergenza. La valutazione aveva dimostrato che il coordinamento e la comunicazione tra i vari servizi doveva migliorare.