Bruxelles – E’ partito da Lesbo, l’isola greca ormai più famosa per gli sbarchi dei migranti che per i versi di Saffo, ed ha seguito la rotta dei rifugiati verso l’Europa per documentarla. Ora Giles Duley, reporter dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr, ha portato il suo lavoro a Bruxelles e lo esporrà in una mostra fotografica al Comitato economico e sociale europeo. “Quello che manca nei vari progetti di aiuti umanitari ai migranti è la comunicazione”, sostiene. “La mancanza di informazione verso i rifugiati – continua – fa compiere gesti estremi alle persone che, vendendo la propria casa, la macchina, e tutto ciò in loro possesso, comprano un biglietto per l’Europa senza sapere a che cosa vanno incontro, e ai rischi che corrono”.
Duley è un giornalista esperto del Medio oriente e per anni ha lavorato in luoghi come il Libano, la Palestina e l’Afghanistan, dove a causa di una mina anti uomo ha perso le gambe e un braccio. Il tragico incidente non ha però fermato la sua passione e la sua voglia di lavorare per documentare il mondo e i luoghi della guerra. Da poco di ritorno dall’Iraq il reporter con questa sua ultima mostra, intitolata “This is Europe, this is now”, racconta le storie di rifugiati che rifiutano di vedere se stessi come vittime indifese. Ha raccolto numerosi scatti a partire dalle spiagge di Lesbo, continuando sulla rotta dei migranti verso la Germania, fino ad arrivare a una remota isola in Finlandia, in un progetto durato 6 mesi.
“E’ importante documentare quello che sta capitando nelle zone di confine, come nell’isola greca di Lesbo, luoghi attraverso cui i tantissimi rifugiati, tra richiedenti asilo e migranti, tentano di raggiungere le coste europee, e dove si assiste dunque a disperate scene di umanità” afferma. Secondo Duley solo entrando in stretto contatto con i migranti ci si può rendere conto veramente del problema, e del fatto che “non siamo di fronte solo a una crisi dei migranti, ma ci stiamo confrontando con una crisi globale, un problema che tocca tutta la popolazione mondiale, e quindi per risolverlo bisogna collaborare profondamente e intensamente nelle prossime decadi”.
Tra tutte le foto presenti alla mostra, il fotografo che ama descriversi come uno “storyteller”, dice di essere molto affezionato a una in particolare, ovvero quella che ha scattato su una spiaggia di Lesbo, dove si vedono tantissimi giubbotti di salvataggio ammassati. “Ognuno di loro rappresenta una storia”, dice Duley, “perché ognuno di loro ha salvato una vita. Quando li ho fotografati mi sono reso conto di non essere di fronte a oggetti, ma a una montagna di storie”. “Basta vedere le foto che ho fatto per capire che la gestione dei rifugiati adottata dall’Europa non funziona, gli scatti parlano da soli”, afferma concludendo: “Scene come quelle sono inaccettabili”.