Milano – Una sala piena di studenti e di nomi prestigiosi, un passaggio di testimone valoriale per costruire il progetto europeo, senza nascondere le criticità da affrontare e da superare: alla Conferenza Annuale di Europeans – progetto Università Bocconi e Fondazione Boroli sull’Europa – si premia la brillante studentessa Maria Chiara De Biasio per un paper sull’Unione Bancaria Europea e si coglie l’occasione per fare il punto.
L’Unione bancaria rappresenta la riforma europea più importante dopo l’introduzione della moneta unica e, ad oggi, solo il primo dei tre pilastri fondativi – il Meccanismo Unico di Vigilanza (SSM) – è pienamente a regime, mentre gli altri due – il Meccanismo Unico di risoluzione delle crisi bancarie (SRM) e il Sistema comune di garanzia dei depositi (DGS) – sono ancora in corso di discussione.
Andando oltre la disamina tecnica, il completamento dell’Unione Bancaria – e le difficoltà nel portarlo velocemente a termine – rappresenta un paradigma del percorso verso l’integrazione ed è un tema soprattutto politico.
“Perché l’Unione Bancaria Europea è così importante? Il sistema bancario è fondamentale, è come il sistema cardiaco, è il principale meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Oggi però il ruolo di una economia europea integrata, ma con sistemi bancari diversi, è poco efficiente”, dice Lorenzo Bini Smaghi Presidente Société Generale e Presidente Snam. Un’economia transnazionale “che genera ‘champions’ bancari adatti a sostenere lo sviluppo, è un passo avanti per un mondo migliore – prosegue l’ex membro del Board della Banca centrale europea – e il sistema europeo deve supportare le aziende europee nella competizione internazionale con aziende cinesi o americane: l’obiettivo comune europeo è creare banche transnazionali e un mercato dei capitali adeguato alle sfide globali a medio lungo termine”.
Oggi però, il sistema bancario europeo è ancora frammentato e su base nazionale, si presenta con una crescente concentrazione all’interno dei singoli paesi, una riduzione di differenziazione di modelli di business e un mercato dei capitali europeo ancora da costruire. Inadatto forse ad affrontare un contesto macroeconomico sempre più complesso, politiche monetarie con tassi zero o negativi, una redditività decrescente, la concorrenza fintech, la digitalizzazione e il cybercrime.
Molti tavoli di discussione sono aperti sul quadro regolatori, sui metodi di ponderazione dei rischi, sulla tassazione e sul confronto internazionale.
“Le principali sfide per il futuro dell’Europa sono politiche”, rilancia Mario Monti, Presidente dell’Università Bocconi, ed ex presidente del Consiglio italiano. “Assistiamo ad una fase in cui il rischio di disgregazione dell’Europa è molto alto, ma nessun governo nazionale e nessuna popolazione europea vorrà davvero prendersi la responsabilità storica di far fallire definitivamente questo progetto. L’Europa – spiega ancora Monti – è il più solido alleato dei giovani e delle generazioni future, basti vedere gli ultimi accordi sul cambiamento climatico e la forzatura verso le nazioni a realizzare le riforme. La disoccupazione giovanile attuale è il risultato di una politica di decenni di poca attenzione sui giovani, è sbagliato attribuire ‘all’Europa’ responsabilità che sono principalmente dei Governi nazionali”.
“Le politiche nazionali sono ancora troppo orientate al breve periodo ed al consenso dei singoli politici, che favoriscono nazionalismi invece di valorizzare i benefici dell’integrazione. Anche per questo motivo, non vorrei l’inclusione degli obiettivi di crescita negli obiettivi della BCE: sarebbe un ulteriore alibi per le responsabilità dei Governi nazionali” – prosegue Monti.
La ricetta suggerita da Monti per stimolare crescita in Europa, “richiede pochi cambiamenti, ma difficili da introdurre, perché la disciplina di bilancio non deve frenare gli Investimenti Pubblici nazionali ma solo applicare le regole in modo da poterli sostenere. Il Piano Junker va in quella direzione, per esempio. Sono favorevole anche agli Eurobond legati agli investimenti per supportare lo sviluppo nei Paesi oggetto di migrazione… anche se, per esperienza, forse non legherei le parole Eurobond e migrazione tra loro”.
Il pubblico di studenti – che potremmo definire “European native” – ascolta con attenzione. La politica che i governi europei sviluppano oggi è ancora responsabilità degli adulti. Il passaggio di testimone verso le giovani generazioni funzionerà solo nel prossimo futuro, ma le scelte importanti sono oggi.