Amsterdam – Durante la riunione informale dell’Ecofin che si è tenuta venerdì e sabato ad Amsterdam, si è svolta “una prima discussione, direi molto interessante, in cui si è preso atto, direi in modo unanime, che il Patto di Stabilità nel tempo è diventato più complicato, poco trasparente e poco flessibile, e quindi più difficile da gestire ma anche più difficile da comunicare all’opinione pubblica”. Lo ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan durante un incontro con la stampa italiana alla fine della riunione.
I ministri hanno discusso anche della richiesta dell’Italia e di altri paesi di rivedere il metodo di calcolo del “reddito potenziale”, che è alla base delle decisioni con cui Bruxelles valuta se i bilanci degli Stati membri rispettano o no lo stesso Patto di Stabilità. L’attuale metodo di calcolo penalizza, in particolare, l’Italia e favorisce altri paesi; tanto che, attualmente, sono richiesti più sforzi agli Stati membri che rispettano la regola del deficit sotto il 3% del Pil che a quelli che “sforano” questa soglia.
Così com’è oggi, il Patto di Stabilità “si adatta male all’economia che cambia, che non cresce, e che resta vicina alla deflazione”, ha continuato Padoan, sottolineando poi che la questione “interessa tutti noi perché, se una cosa è difficile da comunicare, è difficile poi da giustificare con l’opinione pubblica e nel dibattito politico”.
C’è una proposta che ha presentato la Commissione europea “di studiare una regola della spesa pubblica che potrebbe sostituire o affiancare le regole esistenti”. Ma la questione “è ancora in alto mare, non è stata presa nessuna decisione”, ha osservato il ministro.
Durante la riunione, si è anche discusso della lettera che l’Italia e altri sette Stati membri hanno inviato alla Commissione richiamando “la necessità di rivedere il metodo di calcolo del ‘reddito potenziale’, che serve a misurare l”output gap’, la quota di scostamento ciclico nell’aggiustamento di bilancio”, ha riferito Padoan, sottolineando poi che “il reddito potenziale è fonte di moltissimi errori perché dipende da come viene calcolato”
Il reddito potenziale (“potential output”), è una stima del reddito che un paese potrebbe produrre in assenza di fattori ciclici che lo influenzano, e insieme al conseguente “output gap” (la differenza fra il reddito reale e quello potenziale) determina i giudizi della Commissione europea sul conseguimento degli obiettivi di aggiustamento richiesti ai paesi membri, e in particolare il pareggio strutturale di bilancio.
“Il reddito potenziale non è osservato, ma stimato, e ci sono diversi modi di calcolarlo, tutti rispettabili, ma qui il tema diventa politico, perché la valutazione è diversa a seconda del metodo di calcolo, e quindi dobbiamo condividere il metodo che viene scelto”, ha spiegato Padoan rispondendo a una domanda in inglese.
Per esempio, ha proseguito, “l’Italia con un dato metodo può essere fortemente penalizzata, mentre altri paesi possono risultarne favoriti”. Questo “comporta non solo una disparità di trattamento fra paesi, che già non è una cosa simpatica, ma persino l’attivazione di misure (‘policy action’, ndr) che non sarebbero giustificate con un altro metodo di calcolo”.
Con un modo diverso di calcolare il reddito potenziale, per esempio, ha insistito Padoan, “oggi l’Italia rispetterebbe pienamente l’obiettivo del pareggio strutturale di bilancio, perché sarebbero diversi i metodi statistici utilizzati”.
Insomma, “bisogna trovare un equilibrio che garantisca la parità di trattamento”, ha osservato il ministro.
A dimostrare che le regole attuali non funzionano bene c’è poi il fatto, paradossale, che agli Stati membri più virtuosi si chiede di più che agli altri in termini di aggiustamento finanziario.
Infatti, dopo la riforma del Patto di Stabilità, i paesi dell’Eurozona che sono già riusciti a riportare il proprio deficit sotto al 3% del Pil devono impegnarsi a raggiungere a medio termine un nuovo obiettivo, il pareggio strutturale di bilancio.
Questo comporta, ha continuato a spiegare Padoan, che “oggi, chi sta nel ‘braccio correttivo’ del Patto di Stabilità, perché ha un deficit superiore al 3% del Pil, non ha molta voglia di uscirne”, riducendo il disavanzo sotto quella soglia. Invece, ai paesi come “l’Italia che sta nel ‘braccio preventivo’, perché ha il deficit sotto il 3% e lo manterrà, l’impegno che si chiede (per rispettare il Patto di Stabilità riformato, ndr) è più forte e più vincolante, per esempio, di quello chiesto alla Francia, che continua ad avere il deficit sopra il 3%”. Insomma, “qualcosa non va; ci vogliono degli incentivi che devono essere adattati”, ha concluso il ministro.
Notizia tratta da Askanews.