di Pierluigi Fagan
Ad estrema e brutale sintesi dello studio che svolgemmo sull’islam in diversi momenti e più puntate (qui, qui), vorremmo mostrare quattro punti della sua costituzione teorico-storico-politica che è utile – a nostro avviso – conoscere. A premessa, va detto che l’islam è un corpo di dottrine che si fonda come credo religioso ma comporta anche disposizioni giuridiche che poi diventano sociali e politiche e che si basa non su una scrittura sacra, com’è il caso degli altri monoteismi, ma divina, nel senso che le parole contenute nel Corano sono parola di Dio, espresse e trasmesse senza interpretazioni terze, da Dio stesso. Dio, nel Corano, dice di aver parlato chiaramente e quindi esclude debba esserci qualcuno che intermedi ovvero interpreti le sue parole, tant’è che ritiene questa Sua rivelazione l’ultima, quella dopo la quale non ve ne saranno altre. Avvicinandosi con fede e cuore aperto alla scrittura, chiunque può entrare in contatto con la parola di Dio, quindi con Dio stesso. Questo porta ad escludere in via di principio che vi possa essere una Chiesa islamica che intermedia tra Dio e fedeli, per cui ciò che è scritto nel Corano è valido per l’eternità e non ha declinazione storica. Detto ciò, ci sentiamo di segnalare quattro punti critici, perché invece un problema di interpretazione – a nostro avviso – rimane:
- Muhammad ricevette la rivelazione divina lungo ventidue anni (610-632). Fintanto che fu in vita, sia lui che i credenti che lo seguivano recitarono i versetti ricevuti da Dio a memoria. L’intero corpo era orale. I musulmani sono molti decisi nella protezione della figura del profeta perché egli è l’unico anello di trasmissione della parola di Dio. Questo unico anello deve ritenersi affidabile e neutro ovvero ininfluente nella trasmissione, altrimenti ogni dubbio di intervento umano nel processo di trasmissione depotenzierebbe la credibilità della parola di Dio e quindi della scrittura di origine divina ed aprirebbe un problema ermeneutico ovvero di interpretazione foriero di divisioni e confusioni ed in sostanza di tenuta e credibilità dell’intero impianto.
- Poiché il Corano non dice tutto e non è sempre vero che quello che dice lo dice chiaramente, in quanto è natura della parola o se preferiamo della capacità umana d’intendere la parola avere un alone di significati che eccede il perimetro della sola parola, si è generata comunque una tradizione interpretativa che ha dato vita ad una seconda scrittura, umana ma ritenuta sacra (non divina ma sacra, facente parte del canone della religione): la Sunna. Nella Sunna sono tra l’altro riportate anche frasi che avrebbe pronunciato Muhammad, non frasi divine che sono il contenuto esclusivamente del Corano, frasi umane del pensiero interpretativo di Muhammad, ritenuto importante in base alla deduzione che se Dio ha scelto Muhammad per trasmettere il suo messaggio, Muhammad è uomo degno di fede. Inoltre, la Sunna è stata composta tra l’VIII ed il X secolo e poco oltre, dopodiché si è ritenuta finita la finestra interpretativa (più o meno) del Corano. Quindi la Sunna è opera umana storicamente riflettente la cultura del periodo in cui è stata composta. Vi è poi un tradizione giuridica che ha continuato l’interpretazione solo per quanto attiene la sua materia.
- Il Corano è la collezione dei versetti che Dio ha trasmesso in varie sedute lungo ventidue anni di rivelazione a Muhammad. Questi versetti sono stati assemblati da umani e messi in forma scritta solo dopo la morte di Muhammad, non si sa come e secondo quale logica, in 114 capitoli (sure) la cui inspiegabile prerogativa è quella di essere riportati in sequenza a partire dal più lungo, che occupa diverse decine di pagine (nella mia edizione 39), al più corto, l’ultimo, composto da quattro righe. Alcuni di questi capitoli racchiudono versetti del primo periodo trascorso a Mecca (dodici anni, quasi 60% di tutto il Corano), altri del successivo periodo di Medina[1]. Vi è una netta differenza di stile e contenuto tra i due periodi, più ispirato e religioso per il periodo di Mecca, più concreto e giuridico per quello di Medina. Alcune interpretazioni islamiche minoritarie hanno proposto di riferirsi con adesione totale solo ai contenuti coranici e nel Corano a quelli meccani perché fondamenti propri della metafisica religiosa mentre per quelli medinesi il contenuto etico e le disposizioni di legge andrebbero storicizzate al tempo della rivelazione e quindi trattate diversamente. Per intenderci, il periodo meccano è pura metafisica monoteista, nel periodo medinese invece compaiono tutte le più controverse disposizioni relative al rapporto uomo-donna, diritto di famiglia e successione, la shari’a nel suo complesso, il jihad, il rapporto con le altre religioni, ecc.
- Avendo ritenuta chiusa l’interpretazione teologica, ritenuta foriera di divisioni, i musulmani si sono concentrati solo su quella giuridica, dividendosi in quattro diverse scuole[2]. Si ricordi che il mondo arabo, Maghreb (Nordafrica) e Mashreq (Medio Oriente), pesa solo per circa il 20% del totale islam. Una di queste scuole (hanbalita), quella di gran lunga meno diffusa, ha un impostazione molto tradizionalista[3]. Di questa scuola giuridica, fanno parte, tra le altre, sia la tradizione salafita (che ha contenuti più politici) che quella wahhabita (che ha contenuti più giuridici). La tradizione wahhabita è presente in un solo posto in tutto l’islam: l’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita è al contempo uno degli stati più ricchi dell’islam (il secondo per PIL nominale dopo l’Indonesia), lo Stato che ospita i due massimi luoghi sacri (Mecca e Medina), lo Stato in cui vige una unica interpretazione giuridica che è poi quella della scuola più tradizionale (scuola hanbalita) e di questa la versione più estrema (il wahhabismo). Il “clero”[4] wahhabita è ciò che garantisce la legittimità della casa reale degli al Saud, altrimenti difficilmente sostenibile[5].
Il perno saudita. Questi quattro punti ruotano intorno ad un perno che condiziona lo sviluppo interpretativo dell’islam e con esso molte sue espressioni religiose, politiche, militari, economiche che stanno contribuendo molto alla produzione del caos sistemico planetario. Si consideri che 15 dei 19 presunti dirottatori degli aerei poi schiantatisi contro i grattacieli di New York l’11/9 erano di origine saudita (+ 2 degli Emirati Arabi Uniti, che è una dependance saudita). Osama bin Laden, qualunque sia stata la sua effettiva posizione ed il suo ruolo nei fatti che l’hanno coinvolto, era saudita. Così, si suppone, gran parte dei fondi e dello dotazioni militari e facilitazioni logistiche di al-Qaeda. I documenti pubblici diffusi dall’IS parlano di una percorso di formazione a cui si sottopongono i nuovi adepti che prevede un corso di teologia coranica tenuto da imam wahhabiti. Il wahabismo è praticato solo in Arabia Saudita[6], Stato che confina via deserto col territorio controllato da IS. L’Arabia Saudita è l’unico Stato al mondo in cui si applica la shari’a versione più integralista e tradizionalista qual è quella che promuove l’IS. I nemici dell’IS – curdi, zoroastriani, sciiti iracheni e siriani – sono nemici del wahabismo e dell’Arabia Saudita. Sebbene la composizione etnica di IS sia varia e veda la preminenza soprattutto di iracheni e tunisini, il gruppo etnico di gran lunga maggioritario è saudita. Sebbene i sauditi ed i media occidentali abbiano più volte parlato di minacce dirette che l’IS avrebbe proferito contro l’Arabia Saudita, non risulta un solo attentato o atto terroristico compiuto da IS in Arabia Saudita o arresto di affiliati IS compiuto dai sauditi. L’Arabia Saudita è l’1,3% del peso demografico dell’islam e lo 0,27% del mondo ma è il primo acquirente al mondo di armi.
Furono i sauditi a finanziare ed organizzare i talebani in funzione anti-russa e da allora hanno mantenuto un’influenza non secondaria sul movimento politico-religioso delle genti pashtun (afghano-pachistane). C’è chi sostiene che l’Arabia Saudita avrebbe un accordo di fornitura di testate atomiche da parte del Pakistan, qualora fosse necessario disporne, e questa relazione che più che amichevole sembra basata sul ricatto è forse alla base di molte questioni che hanno agitato l’area del confine pachistano-afghano recentemente.
L’Arabia Saudita è il principale sponsor della diffusione di moschee e scuole coraniche nel mondo, scuole ovviamente gestite da imam wahhabiti. L’intero mondo islamico che ruota intorno a Mecca e Medina ruota quindi intorno anche all’Arabia Saudita, intorno a cui ruotano storicamente gli interessi e le strategie occidentali prima britanniche poi americane ma anche quelle francesi, tant’è che lo scorso 4 marzo, inspiegabilmente, Hollande ha conferito la Legion d’onore al ministro degli interni saudita per meriti speciali nella lotta al terrorismo[7].
L’Arabia Saudita presiede anche, tra lo sconcerto dei più, la commissione consultiva del Consiglio ONU per i diritti umani. È il terzo paese per condanne a morte (lapidazione, impiccagione, decapitazione, ma si segnalano anche crocefissioni, per lo più pubbliche) rispetto alla popolazione. Sul resto delle libertà individuali non ripetiamo cose, ai più, ben note. L’Arabia Saudita è il membro leader dell’OPEC ovvero dei 13 paesi produttori di greggio che sommano circa il 40% della produzione totale, leadership che ha recentemente imposto a tutti gli altri (quindi all’intero mercato) quel mantenimento di alte quote di produzione a fronte di domanda calante che ne hanno depresso il prezzo con gravi ripercussioni per tutti gli altri produttori e l’intera economia mondiale[8].
L’Arabia Saudita sta conducendo, nel disinteresse dell’opinione pubblica mondiale, una sanguinosa guerra in Yemen che ha prodotto già più di 7.000 morti, 1,4 milioni di sfollati, più di 20 milioni di persone con problemi di tipo umanitario. Già nel 2011 invase il Bahrein per sedare la locale primavera araba condotta dalla popolazione sciita contro la monarchia fantoccio sunnita, sponsorizzata dagli al Saud. Inoltre, è notoriamente sponsor militar-finanziario delle frange qaediste che combattono il governo di Assad in Siria.
Questi i fatti. L’opinione di chi scrive è che l’Arabia Saudita (che controlla anche Bahrein, Emirati Arabi Uniti ed altre entità del Golfo che le sono subalterne) ricatta l’intero mondo arabo e l’intero mondo islamico tramite investimenti, diplomazia feroce, frange terroriste alimentate dal network della scuole coraniche e delle moschee che finanzia, quando non per intervento militare diretto o finanziando tribù secessioniste di cui soprattutto il mondo arabo è storicamente dotato. Ricatta altresì buona parte di quello occidentale che però è sua volta complice, avendone in cambio protezione degli interessi nel mondo arabo nonché generale allineamento geopolitico e cospicui ritorni in investimenti dei fondi sovrani ed acquisto di armamenti. Con penetrazione nel Caucaso e nello Xinjiang cinese ricatta anche Russia (che subisce anche il dumping sul prezzo del petrolio) e Cina, nonché India con le recenti, note, azioni terroristiche. Tutte cose ampiamente note ma che è bene tenere a mente tutte in una volta, soprattutto se si comprende lo spazio di interpretazione che la dottrina islamica lascia di sua natura (i quattro punti iniziali) pur dicendo a se stessa che in verità lo spazio per l’interpretazione è da tempo chiuso. Forzare quello spazio e ricattare mezzo mondo anche con la ritorsione terrorista è la strategia scelta dalla monarchia saudita per dare un futuro all’incerta sorte della sua dinastia.
Si questi temi si consiglia la visione del documentario Saudi Arabia Uncovered qui.
Pubblicato sul blog dell’autore il 28 marzo 2016.
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Note
[1] L’ermeneutica coranica, che è varia e non unanime, ha ravvisato molti casi di versetti meccani nelle sure (capitoli) medinesi e viceversa.
[2] Questo vale ovviamente solo per il mondo sunnita, quindi non sciita. I primi sono tra l’85 ed il 90% del totale islam.
[3] Storicamente questa scuola ha avuto esclusivamente riflessi di teoria giuridica, non è cioè di per sé responsabile in alcun modo di atti politici armati, tantomeno del terrorismo. Non tutti gli hanbaliti ritengono i wahhabiti legittimi appartenenti alla scuola. Tantomeno i salafiti che in realtà sono una versione più prettamente “politica”. Le altre tre scuole che si riconoscono pienamente tra di loro come compossibili non sempre riconoscono il diritto di scuola all’hanbalismo. Tanto per farsi un’idea, si pensa che gli hanbaliti (non necessariamente tutti salafiti, tantomeno wahhabiti) pesino complessivamente tra il 5 ed il 7% del totale islam.
[4] Naturalmente non esiste un “clero” nell’islam dando al termine l’accezione cristiana. Esiste però un gruppo di studiosi ed insegnati di teologia, giurisperiti, imam che svolgono una funzione, solo per alcuni versi, analoga.
[5] La monarchia in sé è una forma tra le meno giustificate nella tradizione islamica. Quella saudita non ha alcun diritto tribale di relazione privilegiata coi luoghi sacri di Mecca e Medina essendo originaria del centro-deserto della penisola arabica. I primi segni di un qualche al Saud si hanno nel XV secolo, Muhammad era del VII. Il regno saudita è del 1926, è cioè fratello delle invenzioni coloniali britanniche (Regno della Transgiordania, Regno dell’Iraq) che ridisegnarono il Medio Oriente all’indomani della sconfitta dell’impero ottomano. Oltretutto i sauditi s’imposero con le armi contro la tribù che per legittima tradizione occupava i luoghi santi di Mecca e Medina. Per “legittima tradizione” s’intende discendenza dal lignaggio originario di Muhammad, i Banu Hashim. Gli eredi moderni di questa linea sono la casa reale giordana mentre la discendenza della dinastia del regno del Marocco è più incerta, sebbene vantata.
[6] In parte anche in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti.
[7] Notizia che sarebbe rimasta segreta se non fosse stata rivelata dall’agenzia di stampa saudita.
[8] Notori gli accesi ed aperti scontri in ambito OPEC tra i sauditi e gli allora rappresentanti del governo libico ai tempi di Gheddafi. Storica l’uscita di Gheddafi ad un summit dei paesi arabi: «Ormai è provato che è stata la Gran Bretagna a crearvi e sono gli Stati Uniti che vi proteggono» (Reuters, 30-3-2009). I sauditi furono poi i primi arabi a schierarsi con la coalizione occidentale che rovesciò il dittatore libico.