Bruxelles – Da Berlino la risposta è sempre la stessa: “non se ne parla nemmeno”. E’ un mantra, un riflesso condizionato, una regola inflessibile non appena qualcuno accenna alla possibilità di condividere un debito (in particolare) con i Paesi del Sud Europa. Dunque la parola “eurobond” non ha diritto di cittadinanza né a Berlino né in altra pare dell’Unione, dicono i tedeschi.
Eppure sono sempre più soli, almeno tra i Paesi più influenti, e prima o poi dovranno offrire una risposta alternativa al problema. Dopo che Matteo renzi ha inviato a Bruxelles il suo Migration Compact qualche argine si sta rompendo. Come spiega qualcuno che conosce bene qual che avviene nella Capitale dell’Unione “buona parte di quel lavoro è stata preparata qui”, ed in effetti, alla fine, stringi stringi, la proposta italiana non ha niente di nuovo rispetto a quello che ad esempio Federica Mogherini dice da quando si è insediata nel palazzo del rond point Schumann e che anche altri, tanti (alcune Ong, centri studi…) dicono da tempo: il fenomeno delle migrazioni non lo controlli solo gestendo gli arrivi, ma stabilendo relazioni con i paesi di provenienza e transito e offrendo loro la possibilità di gestire i flussi, anche tra quei Paesi, e creare lavoro in loco. Oltre che, naturalmente con una politica estera almeno un po’ più accorta, che eviti da una parte di concorrere alla nascita di guerre e dall’altra non pensi solo alla spoliazione di Paesi interessanti per motivi economici.
La novità della proposta italiana è nel finanziamento di queste politiche, che deve essere europeo e che potrebbe essere (ma questo, sottolineano qualificate fonti diplomatiche italiane, non è un mantra, c’è apertura ad altre idee) realizzato attraverso gli eurobond, dei titoli di debito europei che poi gli Stati si impegnano a rimborsare. Questi titoli sono simili a un fenomeno carsico, appaio e scompaiono periodicamente e vengono proposti per scopi anche diversi. Hanno una caratteristica: segnerebbero una vera condivisione dell’impegno e dei rischi tra i Paesi dell’Ue, e sarebbero anche, cosa non secondaria, una fonte di entrare strutturata, potenzialmente costante e dunque affidabile.
La Germania si rende conto che il problema del finanziamento esiste, al momento ha due proposte sul tavolo: prenderli dal bilancio Ue tagliando da altre politiche (si, ma quali?) o lanciare una tassa (un’altra ancora) sui carburanti per auto. Non uno strumento gradito ai cittadini, che peserebbe diversamente sulle tasche dei consumatori e che, secondo gli italiani (ma non solo Roma si oppone) ha due difetti rilevanti: uno “sociologico”, nel senso che non aiuterebbe una distensione dei rapporti tra europei e migranti, che sarebbero direttamente accusati di far aumentare il costo della vita, ed un altro di carattere economico dato che, spiegano fonti italiane, “non aiuterebbe la ripresa dei consumi”, della quale invece c’è gran bisogno, visto il loro stallo, dimostrato anche dai recenti dati sugli aumenti dei risparmi, ad esempio dei cittadini italiani.
Gli eurobond iniziano a fare breccia. C’è fame di soldi, ne serviranno sempre di più e i progetti per le migrazioni sono ora finanziati in maniera estemporanea, sulla scia dell’emergenza, come con la Turchia o con gli Accordi di Valletta, o con soldi che la Commissione mette, togliendoli da altre politiche, dove ne trova volta per volta. Il commissario all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos ha apprezzato nel complesso la proposta italiana ed ha con grande prudenza anche detto che “gli eurobond sono una prima idea concettuale di cui si può parlare in futuro”. Anche il presidente della Commissione europea, nella sua lettera di oggi a Matteo Renzi, parla della necessità di trovare vie di finanziamento un po’ più affidabili. “Concordo con te – scrive il capo dell’esecutivo Ue al presidente del Consiglio – che dobbiamo guardare a mezzi innovativi per finanziare la nostra azione esterna nel settore delle migrazioni”.
Se Juncker è prudentissimo, ma almeno non dice “no”, Avramopoulos è prudente, forse per convinzione personale, ma anche perché conosce bene la posizione tedesca e sa quanto, in realtà la Germania sta facendo sull’immigrazione, e non può certo mettersi contro un Paese che, bene o male, sta dando una grossa mano accogliendo una quantità straordinaria di migranti. Alle spalle del commissario c’è però un documento rivelato oggi dal Correre della Sera, definito come riservatissimo, messo a punto a febbraio nel quale, con un nome diverso ma con una forma uguale, alti funzionari della Commissione propongono di introdurre eurobond per finanziare le politiche migratorie dell’Unione. D’altra parte, spiega il Corriere, già esistono realtà del genere, anche se molto più piccole, come il Fondo per i Vaccini e lo Strumento finanziario internazionale per l’immunizzazione, che funzionano proprio grazie a un debito preso collettivamente dai Paesi, che poi lo rimborsano a scadenza. Terribilmente simile a dei bond, eurobond. La strada resta in salita, ma la si percorre ancora.