Roma – Alla prossima riunione informale dell’Ecofin, in programma venerdì e sabato prossimi ad Amsterdam, sul tavolo ci sarà “un tema che ci preoccupa molto: i vincoli all’esposizione delle banche ai debiti sovrani”. È il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a manifestare i timori dell’esecutivo nei confronti della proposta tedesca che prevede l’imposizione di un limite all’acquisto di titoli di Stato da parte delle banche.
“Il governo è fortemente contrario”, spiega il numero uno di Via XX Settembre in audizione sul Def 2016 davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Sarebbe “un vincolo molto forte”, prsegue, e fortemente penalizzante “soprattutto per uno Stato con elevato debito pubblico” come l’Italia. Secondo il ministro, inoltre la questione rappresenta “un problema globale” e dunque “è sbagliato affrontarlo a livello di Unione europea. Va affrontato dal comitato di Basilea e non dall’Ecofin”.
Padoan, stimolato da alcune domande sul dibattito relativo alle modifiche della governnce economica dellEurozona, precisa che in sede europea “non si parla esplicitamente di revisione del Fiscal compact”, il patto di bilancio contro il quale il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si è più volte espresso con toni negativi.
Tuttavia, “il governo italiano ritiene che molte regole possano essere cambiate per il beneficio di tutti”, indica il titolare del Tesoro, ricordando la “lettera sottoscritta da 8 ministri dell’Ecofin per una revisione, marginale ma importante, della procedura di calcolo dell’output gap”, il principale strumento sul quale la Commissione europea basa le proprie raccomandazioni economiche per gli Stati membri e che secondo il ministro “è sottostimato” con l’attuale procedura.
In ogni caso, riflette Padoan, cambiare le norme “non è esercizio tecnico ma politico, e dunque bisogna creare consenso” attorno alle proposte. Impresa difficile, come mostra ad esempio la contrarietà di Berlino all’idea degli eurobond proposti dall’Italia per finanziare la politica comune sull’immigrazione.
Per riuscire a convincere gli altri partner a modificare le regole “bisogna essere credibili”, sottolinea il ministro, dichiarando che proprio per questo la riduzione del debito pubblico “resta obiettivo prioritario del governo ed è fondamentale per mantenere la fiducia dei mercati”. Nel perseguire l’obiettivo, però, l’esecutivo continua sulla strada di una “una politica fiscale rigorosa” ma “con misure espansive”.
Un orientamento che porterà a un peggioramento del saldo strutturale nella misura “di 0,7 punti percentuali”. Una variazione “non tale da essere definita una deviazione significativa” dall’obiettivo di medio termine, sostiene il ministro, “e quindi compatibile con quanto previsto dal braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita”.
Perseguire l’obiettivo del pareggio di bilancio, per un Paese con debito superiore al 60% – l’italia è al 132,7% – “richiederebbe che il saldo migliorasse di 0,5 punti percentuali”, ricorda Padoan. Ma “il governo ritiene inopportuno e controproducente operare una ulteriore stretta fiscale” che rischia di causare “ulteriori spinte recessive e peggiorare la crescita e la sostenibilità” dei conti pubblici “nel medio termine”. Dunque è per questo che l’Italia chiede più margini anche per il 2017, “compatibilmente con la comunicazione sulla flessibilità della Commissione europea”.
Per evitare la “stretta fiscale”, l’esponente dell’esecutivo conferma l’intenzione di “sterilizzare” le clausole di salvaguardia anche per il 2017, “attuando una manovra alternativa che verrà definita nei prossimi mesi”. L’obiettivo è evitare l’aumento di Iva e accise per un valore di circa 15 miliardi di euro. Risorse che saranno reperite “attraverso misure di revisione della spesa pubblica”, e interventi che riducano “i margini di evasione ed elusione fiscale”. L’effetto “garantirà un indebitamento netto (deficit, ndr) pari all’1,8% del Pil nel 2017”, assicura il ministro.
Riguardo alle crescita, il titolare dell’Economia lamenta un “insufficiente coordinamento delle politiche di bilancio dell’Area Euro”, dove “si richiederebbe una politica fiscale almeno neutra” e invece “l’intonazione appare restrittiva e sono altresì insoddisfacenti i progressi di molti Paesi nelle riforme strutturali”.
Se l’obiettivo è “tornare a una crescita sostenuta”, sottolinea ancora il ministro, “è necessario che il rapporto tra investimenti e Pil torni a livelli pre-crisi”. A tal proposito rimane centrale, a suo avviso, il ruolo del Piano Juncker per gli investimenti strategici. Con “29 iniziative” e “1,7miliardi di risorse che potrebbero stimolare attorno ai 20 miliardi di investimenti” privati, “l’Italia risulta il Paese Ue che finora ha fatto maggiore ricorso” al Piano Juncker, indica Padoan, augurandosi che questo strumento “venga ulteriormente potenziato, come chiediamo in tutte le sedi europee”.