Roma – Lo scenario descritto dal governo nel Documento di economia e finanza (Def) 2016 “non può dirsi implausibile sulla base dell’attuale situazione congiunturale”. Lo indica Federico Signorini, vicedirettore generale di Banca d’Italia, precisando che tuttavia “resta il rischio di evoluzioni meno favorevoli” rispetto a quelle prese in considerazione dall’esecutivo nel quadro di programmazione economica.
In particolare, spiega il dirigente di Palazzo Koch in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, “le tensioni geopolitiche potrebbero ripercuotersi sulla fiducia di famiglie e imprese”, cosa che comporterebbe un prevedibile calo di consumi e investimenti, e “i mercati finanziari restano soggetti a una forte volatilità”, alimentando l’incertezza.
Signorini giudica poi “positivo che, nonostante il peggioramento delle proiezioni di crescita, sia stato confermato l’obiettivo di avviare la riduzione del debito a partire da quest’anno”. Il Def 2016 ha infatti abbassato le stime di crescita rispetto alle previsioni fatte in autunno, ma conferma l’inversione di tendenza nel rapporto tra debito pubblico e Pil, che dal 132,7% del 2015 dovrebbe calare al 132,4%.
Un calo che avverrà situazione internazionale, e congiunturale, permettendo. Infatti, ammonisce il direttore generale, “i margini non sono ampi” e, per essere certi di raggiungere gli obiettivi fissati, “sarà necessario mantenere durante l’anno uno stretto monitoraggio dei conti pubblici”. In altre parole, potrebbero rivelarsi necessari dei correttivi in corsa, sebbene l’esecutivo li abbia finora sempre esclusi.
Il giudizio di Bankitalia è ambiguo anche sulla disattivazione delle clausole di salvaguardia, i previsti aumenti di Iva e accise per un gettito pari a 15,1 miliardi di euro nel 2017, per arrivare a 19,6 miliardi nel 2018. La loro attivazione era stata rinviata già con la Legge di stabilità 2016, e anche con la prossima manovra finanziaria l’esecutivo intende evitare di attuarle.
Per Signorini è un orientamento “condivisibile, dato l’effetto recessivo” che le clausole di salvaguardia “potrebbero avere in una fase di ripresa debole”. Tuttavia, prosegue il dirigente, disattenderle “ripetutamente” può “accrescere l’incertezza” rispetto alla reale volontà di tenere i conti pubblici in ordine. Quest’ultima, secondo l’esponente di Palazzo Koch, rimane una necessità per il nostro Paese, e per marciare nella giusta direzione, indica, “non vi è alternativa a interventi rigorosi ed efficaci sulle entrate e sulle spese” dello Stato.