Bruxelles – Ogni vittima di ogni reato violento e doloso deve essere indennizzata dallo Stato italiano. Lo chiede l’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea, esponendo le sue conclusioni in una causa aperta dalla Commissione europea contro lo Stato italiano. L’Avvocato generale non decide nella causa, ma la sua posizione, nella quasi totalità dei casi, viene fatta propria dalla Corte.
La vicenda inizia in Corte il 22 dicembre 2014, quando la Commissione Europea ha contestato allo Stato italiano l’inadempimento degli obblighi della Direttiva europea del 2004 relativa all’indennizzo delle vittime di reato; in particolare, la presunta violazione riguarderebbe l’assenza di un sistema generale di indennizzo per le vittime di qualsiasi tipo di reato intenzionale violento commesso all’interno del territorio italiano. Prima di procedere davanti alla Corte di Giustizia, la Commissione aveva, a diverse riprese, a partire dal giugno del 2011, insistito affinché l’Italia adeguasse la propria legislazione alla direttiva.
Al ricorso le autorità italiane hanno opposto che la norma in questione lascerebbe in realtà un ampio margine di apprezzamento, ivi compreso quello di scegliere per quali fattispecie di reato prevedere l’indennizzo obbligatorio (sono numerose, infatti, le leggi dello Stato che già lo attribuiscono per taluni tipi di reati, come i delitti di terrorismo e associazione mafiosa).
Per questo le richieste della Commissione sono da interpretarsi, per l’Italia, come un’intrusione nelle sfere di competenza nazionali non autorizzata dai Trattati, che non prevedono competenze dirette dell’Ue in materia penale; inoltre, l’ampio margine di apprezzamento si deduce dai lavori preparatori della Direttiva, durante i quali erano stati stralciati alcuni progetti iniziali che prevedevano delle norme più specifiche sulla portata dell’indennizzo e sui crimini coinvolti, proprio per evitare che le istituzioni europee interferissero negli ambiti di competenza degli Stati membri. La Commissione ha replicato che la questione non concerne tanto il diritto penale, quanto obbligazioni di natura civile, che pure trovano la loro fonte in una fattispecie di reato.
Oggi nelle sue conclusioni l’Avvocato Generale Yves Bot, francese, dà ragione a Bruxelles, affermando che le considerazioni delle autorità italiane non possono essere accolte. Secondo Bot l’Articolo 3 Paragrafo 2 del Trattato, che indica l’Unione europea come “spazio di libertà, sicurezza, e giustizia” lega la questione dell’indennizzo per le vittime di reato al principio della “sicurezza”, che gli Stati membri hanno il dovere di garantire a tutti i cittadini Ue all’interno dello spazio comune europeo.
Altri principii sollevati dall’Avvocato generale e assunti come violati dall’Italia, sono la libera circolazione e la parità di trattamento. La Direttiva è, infatti, volta ad assicurare che ogni cittadino europeo possa circolare in un Paese membro diverso da quello di origine, rimanendo nelle condizioni di poter sempre chiedere, se vittima di reato intenzionale e violento all’interno del territorio di quel Paese, un indennizzo “equo e adeguato” a fronte dei danni patiti. Non ha poi senso, dal punto di vista della parità di trattamento, secondo Bot, garantire una tutela risarcitoria per alcuni delitti violenti (ad esempio il terrorismo), e non per altri, “che allo stesso modo possono avere un forte impatto negativo sul bene giuridico tutelato dell’integrità psico-fisica della persona, come, per esempio, la violenza sessuale”.
Per quanto riguarda la natura dei reati in relazione ai quali si deve approntare un sistema di indennizzo alle vittime, si tratta di reati intenzionali (dolosi) e violenti. Né il concetto di “violenza” né il concetto di intenzionalità (dolo) fanno sorgere particolari questioni interpretative, sostiene Bot, trattandosi di definizioni sostanzialmente omogenee nei vari Stati membri.
Per l’Avvocato “non può essere condiviso, infine, il timore delle autorità italiane per l’integrità delle competenze nazionali: in primo luogo, con l’adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva non deve essere modificato alcun reato esistente né debbono essere introdotti nuovi reati, sicché non viene in alcun modo sottratta ai singoli Stati la prerogativa di individuare autonomamente i comportamenti costituenti reato; inoltre, permane la competenza del singolo Stato sulla scelta dei criteri per quantificare l’indennizzo, purché nel rispetto dei principii di equità e adeguatezza e di parità di trattamento”.
Il testo integrale delle conclusioni è qui: testo integrale. Per la sentenza non è ancora stata fissata una data.