Dovrebbe essere l’organo esecutivo che rappresenta gli interessi dell’Europa nel suo complesso e vigila sulla corretta applicazione del diritto comunitario da parte dei paesi membri, invece la Commissione europea sceglie di non scegliere.
Alcuni giorni fa la Francia ha notificato alla Commissione una proposta di decreto che rende obbligatoria in etichetta l’indicazione d’origine di carni e latte utilizzati come ingredienti, nonché del latte fresco, per i soli prodotti trasformati e venduti sul territorio francese. Il tutto con una procedura abbastanza anomala.
Innanzitutto è quantomeno irrituale il comportamento di un Ministro di uno Stato come la Francia che twitta di aver ricevuto l’approvazione informale dal Commissario europeo competente sul suo provvedimento, mentre l’atto legislativo in questione risulta essere ancora formalmente oggetto di analisi da parte dei servizi competenti della Commissione.
Anche se informalmente, negli ambienti brussellesi si parla già di un’ imminente approvazione formale da parte della Commissione (con tanto di data “prevista”), alla luce dell’impegno che sarebbe stato assunto al massimo livello politico, nonostante le forti perplessità tecniche esistenti.
Vediamole nel dettaglio. Al di là della forma molto poco istituzionale e discutibile seguita, su questo provvedimento colpisce la schizofrenia del legislatore europeo che, da un lato, pubblica studi con cui si dimostra che i benefici derivanti da simili iniziative legislative, per il consumatore, sarebbero decisamente inferiori ai costi aggiuntivi che lo stesso è chiamato a pagare, e dall’altro preferisce deresponsabilizzarsi autorizzando la Francia a procedere in un senso opposto a quello ritenuto opportuno a livello comunitario. Con l’aggravante della consapevolezza che questo esempio verrà imitato da altri Paesi europei e che porterà ad una totale frammentazione del mercato unico dell’Unione europea.
La domanda da porsi ora è: tutto questo nell’interesse di chi è fatto? Sicuramente non del consumatore, visto che sullo stesso mercato francese (e di quei Paesi che ne seguiranno l’esempio) i prodotti importati non offriranno le stesse indicazioni e garanzie di quelli nazionali, creando e incrementando così confusione e disinformazione. E nemmeno nell’interesse dei produttori più seri, considerando che gli stessi dovranno tra l’altro utilizzare etichette diverse a seconda che il prodotto sia destinato al mercato nazionale o a quello estero. L’unico e solo interesse che traspare è in realtà quello di chi vuole mantenere l’Europa debole, frammentata, divisa, incapace e timorosa di decidere, nonché preoccupata solo di non disturbare i Paesi che contano. Scenario non nuovo e di cui abbiamo già avuto un saggio nella scarsa determinazione con cui la Commissione avanza sulla procedura di infrazione nei confronti del sistema di etichettatura a semaforo britannico. Infatti non si assiste a prese di posizioni decise nonostante le evidenti prove dell’effetto distorsivo e penalizzante che questo sistema esercita su molte eccellenze agroalimentari europee dop ed igp che la Commissione stessa promuove con forte impiego di risorse. Ma di fronte alla minaccia di Brexit cosa conta il rispetto della norma? Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni al provvedimento francese ma la decisione della Commissione appare purtroppo scontata. Così come scontato già appare lo scarso coraggio che gli Stati membri dimostreranno nel corso del comitato del 12 aprile in cui dovranno pronunciarsi sul provvedimento francese. Verosimilmente si guarderanno bene dal chiedere alla Commissione di fare una scelta univoca valida e coerente per tutti, come sarebbe giusto visto che non esistendo consumatori di serie A e di serie B. Purtroppo, però, la coerenza non è di questo mondo e meglio farebbe, a questo punto, l’esecutivo europeo a dichiarare apertamente la propria impotenza alla luce di interessi superiori, che però risultano poco comprensibili a chi è fuori da certe logiche. Con buona pace dei principi fondanti l’Unione e soprattutto ai quei cittadini che si pretenderebbe di tutelare.
Luigi Scordamaglia
Presidente della Federazione italiana dell’industria alimentare