Un’Europa deportata
Secondo El Mundo, le deportazioni dei migranti dalla Grecia alla Turchia sono il simbolo del fallimento europeo: i rifugiati, trattati in alcuni casi come se fossero in arresto, non hanno accesso a un avvocato, come stabilito dalla legge, e nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno un traduttore che facilita la comunicazione. (Un)welcoming Europe.
Riforme o maquillage?
Nel frattempo, scrive, Le Monde La Commissione europea oggi presenterà una riforma del diritto d’asilo: gli Stati Membri accetteranno di portare a termine riforme profonde, coordinate e “umane”, o ci si accontenterà di una semplice operazione cosmetica di superficie, in cui vinceranno nuovamente gli interessi dei singoli?
Le conseguenze della Brexit
In un editoriale di Antonio Armellini sul Corriere, quello che doveva essere nelle intenzioni di Cameron un referendum ‘pro forma’ sta diventando un incubo per il Regno Unito e per l’Unione Europea. Qualsiasi sia il risultato infatti, “il ruolo britannico condizionerà a lungo la politica europea. Se Londra dovesse lasciare l’Ue, ci obbligherebbe a ripensare a fondo l’intero edificio comunitario, e non è detto che ci riusciremmo. Se dovesse rimanervi, dovremmo per l’ennesima volta cercare una faticosa convivenza con un partner recalcitrante, che sarebbe tale solo a metà.”
Giustizia, non violenza
Di fronte ad attacchi terroristici come quelli recenti, la ‘normale’ reazione dei cittadini è la sete di vendetta nei confronti degli autori di quei crimini. Secondo Alain Garrigou su Le Monde Diplomatique però, siamo in una terra di confine fra guerra e criminalità, alla quale i vecchi schemi di colpevolezza non sono più applicabili – è necessario alzare il grado della sanzione, applicare condanne più severe, senza essere tentati dalla violenza come risposta. Ci vuole una nuova “aritmetica del crimine”.
Né tedeschi né russi
Un reportage fotografico pubblicato sul Guardian sulla storia dei cosiddetti “Volga Germans,” iniziata circa 250 anni fa quanto 30.000 tedeschi si sono trasferiti nella zona sud del Volga per coltivarla, su richiesta di Caterina la Grande. I discendenti dei primi Volga Germans sono stati deportati in Siberia da Stalin per paura che collaborassero col nemico, e dopo la caduta dell’URSS hanno iniziato a rientrare nella loro terra d’origine. Si sono però resi conto presto di non essere “a casa” nemmeno in Germania, viste le inevitabili influenze russe sulla loro vita e cultura.
A cura di Sarah Tuggey