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    Home » Politica Estera » Panama Papers, il premier islandese travolto dallo scandalo: si è dimesso

    Panama Papers, il premier islandese travolto dallo scandalo: si è dimesso

    Aveva tentato di sciogliere il Parlamento, ma il presidente della Repubblica si è opposto. In migliaia in piazza di Reykjavik per chiedere le dimissioni del primo ministro. Il Commissario europeo alla concorrenza Vestager: "le rivelazioni di questi giorni sono solo la punta di un iceberg"

    Elena Bondesan</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@elena_bondesan" target="_blank">@elena_bondesan</a> di Elena Bondesan @elena_bondesan
    5 Aprile 2016
    in Politica Estera

    AGGIORNAMENTO

    Il premier islandese Sigmundur David Gunnlaugsson è la prima vittima eccellente dello scandalo Panama Papers. Travolto dalle accuse, abbandonato dalla su stessa maggioranza, questo pomeriggio ha presentato le sue dimissioni.

    Panama Papers, il premier islandese rischia la sfiducia e vuol sciogliere il Parlamento

    Bruxelles – I Panama Papers cominciano ad arrecare le prime ferite. In Islanda il premier Sigmundur David Gunnlaugsson è stato accusato di nascondere attività in una società offshore, con l’assistenza dello studio legale panamense Mossack Fonseca. In piazza e nel Parlamento si moltiplicano le richieste per le sue dimissioni, ma il primo ministro non ha alcuna intenzione di lasciare. Anzi, ha risposto chiedendo al presidente della Repubblica Olafur Ragnar Grimsson , tornato precipitosamente da un viaggio negli Usa, di sciogliere invece il Parlamento per andare a nuove elezioni, visto che molti esponenti di un partito di maggioranza (Partito del progresso) sembrano orientati a sfiduciarlo. Grimsson però ha risposto “no” alla richiesta, ed ha avviato un giro di consultazioni per capire le posizioni dei gruppi parlamentari.

    I documenti trapelati hanno rivelato che lui e la sua agiata moglie hanno costituito una società nel corso del 2007 nelle Isole Vergini britanniche. La fuga di notizie ha anche precisato che il primo ministro ha venduto la sua metà della società alla moglie per la simbolica cifra di un dollaro l’ultimo giorno del 2009, poco prima che entrasse in vigore una nuova legge  che gli avrebbe richiesto, in quanto membro del parlamento, di dichiarare la sua proprietà, determinando un conflitto di interessi. Gunnlaugsson ha dichiarato al Canale 2 dell’Islanda che non ha alcuna intenzione di abbandonare il suo ruolo: “Non ho considerato il dimettermi e non ho intenzione di dimettermi a causa di questa questione”. Ed ha proseguito difendendo l’impegno del suo governo e l’onestà della moglie: “Adesso è imperativo che il governo finisca il buon lavoro che sta facendo. Quello che questa questione ha  davvero dimostrato è che mia moglie ha sempre pagato le tasse e non ha sfruttato le opportunità di non farlo”.

    Lunedì l’opposizione di sinistra guidata dall’ex premier Jóhanna Sigurðardóttir ha presentato una mozione di sfiducia contro di lui e la sua coalizione bipartitica. Nel frattempo, migliaia di manifestanti si sono radunati fuori dal Parlamento chiedendo al primo ministro di lasciare l’ufficio. La polizia ha affermato che era uno dei più grandi raduni mai visti a Reykjavik. Normalmente, vista la maggioranza detenuta in Parlamento, una mozione di sfiducia non comporterebbe alcun rischio per il governo, ma questa volta la gran parte dei deputati nella coalizione del premier è rimasta in silenzio. Il voto di sfiducia sarà discusso in Parlamento mercoledì o giovedì. Arni Pall Arnason, leader di Alleanza democratica sociale, si è detto scioccato per le rivelazioni dei Panama Papers ma ha dichiarato con fermezza che il benessere del Paese deve essere messo al primo posto rispetto all’interesse degli individui: “Dobbiamo renderci conto che è in gioco la reputazione della Nazione e che dobbiamo soprattutto salvare questa invece che proteggere alcune persone o alcuni partiti”. Ed ha proseguito sottolineando che è dovere del Paese “mostrare al mondo che i fondamentali principi etici funzionano in Islanda e che l’Islanda non è l’unico Paese nel mondo occidentale dove si accetta che i politici abbiano società off-shore”. Birgitta Jonsdottir, del Partito Pirata all’opposizione, ha chiesto al primo ministro di dimettersi aggiungendo che “c’è grande richiesta da parte della società (per le sue dimissioni) – ha completamente perso tutta la sua fiducia e la credibilità”.

    Dallo scandalo è stata graffiata anche Marine Le Pen, presidente del Fronte nazionale in Francia. Il quotidiano francese Le Monde ha rivelato che alcuni suoi stretti collaboratori sono accusati di aver creato “un sofisticato sistema offshore”. Jean-Marie Le Pen, ex presidente e fondatore dello stesso partito, è direttamente coinvolto in quanto una parte della sua ricchezza, nota come “il tesoro”, è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei 2000 nei Caraibi. Banconote, lingotti, monete d’oro, e tanto altro, costituirebbero il “tesoro”, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen.

    Il Commissario europeo alla concorrenza Margrethe Vestager ha affermato, questo lunedì, al giornale danese Børsen Finans che le rivelazioni dei Panama Papers non solo altro che la “punta dell’iceberg” quando si tratta di ricchi individui aiutati ad evitare il pagamento delle tasse. Ed ha rimarcato che altre aziende forniscono servizi offshore simili a quelli eseguiti da Mossack Fonseca. “Ho pensato che già conoscevo qualcosa della questione, ma sono rimasta sconcertata dalla sua estensione” ha dichiarato Vestager. “Il mio pensiero successivo è stato che questa era solo la punta di un iceberg. Perché ci devono essere altre aziende che stanno consigliando su come facilitare le società off-shore”.

    In una interrogazione alla Commissione europea l’europarlamentare della Lega Mario Borghezio chiede se l’esecutivo comunitario non ritenga “di dover indagare a fondo nei papers al fine di individuare se altre personalità istituzionali europee, Commissari e alti funzionari UE, presenti e passati, abbiano usufruito illegalmente di un tale sistema?”. Borghezio chiede anche le dimissioni del commissario Canete:  “Non ritiene il commissario Canete di doversi dimettere per aver taciuto il controllo di una società parte di un sistema evasivo internazionale la quale, benché apparentemente inutilizzata, risulta comunque operativa e titolata a ricevere finanziamenti in qualsiasi momento?”.

    Tags: borghezioCaneteFront NationalGunnlaugssonislandaJean-Marie Le PenmanifestazioneMargrethe VestagerMarine Le PenPanama papersReykjavik

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