Roma – C’era molta carne al fuoco nel discorso che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha fatto alla Direzione nazionale del Pd di cui è segretario: le primarie statunitensi, gli scenari politici ed economici internazionali, le crisi che attraversano l’Europa e quella che – dopo l’inchiesta sul petrolio lucano per la quale si è dimessa l’ormai ex titolare dello Sviluppo economico, Federica Guidi – ha investito il suo esecutivo. Senza dimenticare l’imminente referendum del 17 aprile sulle trivellazioni in mare, tema principale all’ordine del giorno, con il premier che ha difeso la scelta dell’astensionismo e ha escluso sia in ballo l’orientamento del governo verso le rinnovabili, sulle quali “l’Italia ha la leadership nell’Ue”, ha rivendicato.
Sui primi punti del suo discorso si è soffermato in maniera molto rapida, giusto per sottolineare il “populismo” che con Donald Trump mostra di far presa anche negli Usa, e per sottolineare l’incertezza che caratterizza il percorso di crescita delle economie emergenti.
Riguardo all’Europa ha parlato di tre crisi, quella “dell’ideale europeo” messo a dura prova “se si costruiscono muri invece di abbatterli”, quella che riguarda “il modello istituzionale in alcuni stati”, con “governi che non riescono a formarsi dopo le elezioni” (leggi Spagna su tutti), e infine “la crisi della sinistra europea”. Su tutti e tre i fronti ha rivendicato il merito del Pd e dell’esecutivo di aver indicato la strada. È convinto di avercela fatta per i primi due punti, ora che l’immigrazione viene affrontata come questione comune dai 28 e che “i media in Europa si chiedono ormai se l’italia sia diventato il paese più stabile”. Merito, ritiene, del nuovo assetto composto dalla riforma elettorale, già definitiva, e da quella costituzionale, che nelle prossime settimane dovrebbe essere licenziata dalla Camera per essere sottoposta a referendum confermativo, presumibilmente a ottobre.
Sul terzo elemento, la crisi della sinistra europea, che “ha senso solo se afferma un nuovo paradigma economico”, pungola il Pse perché “deve assumere un ruolo guida”. Per Renzi deve farlo abbracciando l’idea che “essere di sinistra in Europa vuol dire abbassare le tasse per il ceto medio e gli imprenditori che investono sul lavoro, insistere per far ripartire gli investimenti pubblici e privati”. Perché “l’intero Partito socialista europeo abbracci” questa linea, ha annunciato l’inquilino di Palazzo Chigi, “a maggio svolgeremo a Roma un’iniziativa concordata a Parigi”, nel corso della riunione dei leader socialisti convocata dal presidente francese François Hollande.
Questa tesi di Renzi, declinata a livello nazionale, “è che accanto alle riforme strutturali, o l’Italia riesce a sbloccare gli investimenti pubblici e privati, oppure non uscirà mai da tassi di crescita da prefisso telefonico”. Rientra in quest’ottica la difesa a spada tratta dei provvedimenti voluti dall’esecutivo per sbloccare alcune opere, inclusa quella per portare il petrolio lucano da Tempa Rossa al porto di Taranto. L’emendamento alla legge di stabilità che è costato il posto a Guidi, ma che ha dato il via libera a “un’opera prevista nel 1989”.
Renzi ne ha elencati 25 di provvedimenti analoghi, rivendicandone con forza la paternità: “se sbloccare le opere in questo Paese è un reato, continuerò a commettere reati”. La sua linea di difesa, dunque, è sottolineare la volontà politica dietro le misure adottate. Nessuna condotta illecita, ha sostenuto, invitando la magistratura “a fare le indagini nel tempo più breve possibile e arrivare a sentenza”.
L’inchiesta, che oggi è proseguita con l’interrogatorio del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ascoltata come persona informata sui fatti, è uno degli argomenti usati contro il premier dai comitati per il Sì al referendum sulle trivellazioni in mare. Renzi ha difeso la scelta di invitare a disertare le urne il 17 aprile prossimo.
“Non ci saranno scomuniche per chi la pensa diversamente” nel Pd, ha garantito, escludendo dunque conseguenze per la minoranza dem, fortemente critica sulla scelta dell’astensione. Tuttavia, ha ribadito, “chi vuole che vinca il No può andare a votare No ma ha anche il diritto di non andare a votare”. In altre parole, la posizione di spingere per “il mancato raggiungimento del quorum è sacrosanta e legittima”.
Renzi ha usato poi l’Ue per smontare uno degli argomenti dei comitati per il Sì, i quali accusano l’esecutivo di voler puntare sulle fonti fossili a scapito delle rinnovabili. In questo settore dell’energia “siamo leader a livello europeo”, rivendica mentre fa proiettare delle slide con i dati sulla produzione di energia rinnovabile, con l’Italia che “ha già raggiunto nel 2014 gli obbiettivi assegnati dall’Ue per il 2020”, facendo meglio di Francia, Regno unito e Germania, ha sottolineato il premier.