Londra – Mancano meno di 3 mesi al referendum che deciderà, il 23 giugno, l’uscita o la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Londra è tutto un brusio, la campagna referendaria è già iniziata e i banchetti affollano le strade. Gli attivisti di entrambi gli schieramenti si aggirano per la città, muniti di volantini, spille e adesivi. Tra questi ci sono i ragazzi di Students For Europe, movimento studentesco che sostiene la permanenza nell’Ue, facendo campagna all’interno delle università. Eunews ha incontrato Tim e Garreth, rappresentanti del team della Birbeck University London.
Students For Europe è una costola del movimento Euromove, organizzazione di cittadini che ritiene che l’Unione Europea sia una risorsa inestimabile per lo sviluppo della Gran Bretagna, sotto il profilo economico, sociale, ma soprattutto sotto quello della sicurezza. Nonostante gli attivisti sostengano che l’Europa sia da riformare, l’idea è quella di cambiarla dal suo interno attraverso i canali istituzionali, senza alzarsi dal tavolo delle contrattazioni e abbandonare anni e anni di integrazione.
In cosa consiste il movimento Students For Europe?
Tim: Students For Europe è una campagna a livello nazionale organizzata dal movimento Euromove che sostiene il voto per rimanere all’interno dell’Europa al referendum del 23 giugno.
Gareth: Stiamo mobilitando gli studenti non solo per farli votare, ma anche per convincere i propri genitori e i propri amici.
Quante persone fanno parte di questo movimento?
T: Siamo presenti in 55 università su tutto il territorio nazionale ed ognuna ha il suo gruppo, quindi circa un centinaio di persone. Questo ci permette di essere a contatto con molti studenti, che sono una parte importante per questo referendum, perché sono quelli che tendono a non votare e quindi stiamo facendo una campagna di sensibilizzazione per farli registrare e portarli ai seggi il giorno del referendum. (In Gran Bretagna per poter votare è necessario registrarsi, ndr)
Chi partecipa a questa campagna? Quali studenti sono i più interessati e quali i meno?
T: Diciamo che gli studenti di scienze politiche sono molto interessati, ma ci sono anche gli studenti delle materie scientifiche, per i quali rimanere all’interno dell’UE è cruciale, in quanto Bruxelles finanzia molti progetti di ricerca. La questione dei fondi è molto importante, perché grazie ai finanziamenti e alla cooperazione riescono a lavorare meglio e a sviluppare progetti di più ampia portata. Questo è il motivo per cui molti studenti e professori di facoltà scientifiche sono a favore del rimanere nell’Ue.
G: Abbiamo notato che molti studenti non si vogliono impegnare politicamente, vogliono essere apolitici, pur volendo rimanere nell’UE.
Perché scegliete di rimanere nell’Ue e non di uscirne?
T: Credo che l’Unione Europea sia di fondamentale importanza per gli universitari. Gli studenti hanno spesso una visione internazionale e le multinazionali sono davvero importanti per il loro futuro. La storia dell’Unione Europea ci dice che le aziende posso avere progetti globali in tutto il continente. Per altri aspetti ci dice anche che non abbiamo avuto guerre negli ultimi 60-70 anni tra gli stati membri, fornendoci un futuro stabile. La Ue è un’istituzione normativa che si occupa anche dei diritti umani e ambientali, problemi non risolvibili su scala locale. Se ci avviciniamo a temi più tangibili, come l’economia, ci accorgiamo che molti lavori dipendono dall’Unione Europea, che le persone pagano prezzi più bassi grazie all’Ue perché c’è maggiore concorrenza e competitività.
G: La Ue è la giusta occasione per costruire la mia carriera all’interno di una comunità. C’è una grande differenza generazionale nel voto per il referendum, sappiamo dai sondaggi che le giovani generazioni sono quelle tendenti a voler rimanere nell’UE ma anche quelle più reticenti a votare, mentre la generazione più “adulta” è più tendente per l’uscita ed è anche quella che tendenzialmente voterà in maggior numero. L’Ue è l’unione dei popoli, dei valori liberali e di quelli umanitari e queste idee colpiscono i giovani studenti. Per me come per altre persone giovani l’Unione Europea è racchiusa in questi ideali, ci parla del futuro, dell’unione in contrasto alle tendenze nazionalistiche e all’ideologia del Grande Regno Unito.
T: Inoltre, io credo che la Gran Bretagna renda l’Ue più forte, ma che sia vero anche il processo inverso, è un sistema a due pesi. È una diversità di voci e noi abbiamo bisogno di voci differenti al tavolo, per avere una soluzione migliore per tutti.
E: Oltre al divario generazionale, ci sono profonde differenze nel voto a livello nazionale?
T. Direi che le nazioni pro-Europa in Gran Bretagna sono Scozia e Irlanda del Nord, e la più anti-europea, nonostante anti-europea sia una parola forte, è l’Inghilterra, con il Galles in bilico. Penso che ci siano anche una serie di rischi da dover assumere se si segue il percorso per Brexit, il Partito Nazionalista Scozzese (SNP), parla di un secondo referendum nel caso di Brexit. Allo stesso tempo, per l’Irlanda del Nord, se avessimo una Brexit, avremmo sicuramente una frontiera tra l’Irlanda e la Repubblica d’Irlanda del Nord, che avrebbe un impatto sul commercio e la stabilità della regione in sé.
G: In Inghilterra c’è un divario netto tra la zona metropolitana di Londra, il sud-est dell’Inghilterra e il Nord. In alcune zone del nord il dibattito spesso si riduce all’industrializzazione della zona, all’indice di povertà, al livello di occupazione, e si scopre una forte correlazione tra le aree che sono economicamente svantaggiate e quindi euroscettiche, perché i cittadini sono preoccupati per l’immigrazione dall’Europa e, pertanto, la loro idea di prosperità dipenderebbe dalla riduzione di immigrati Europei. Penso che il Galles sia un caso interessante: alle elezioni del 2010, l’UKIP (United Kingdom Indipendece Party) ha ottenuto circa 400 voti, alle ultime elezioni ne ha presi 250.000, l’aumento è notevole, ma non siamo veramente sicuri, perché l’ideologia UKIP e il suo mantra politico mirano ad intercettare il sentimento di insoddisfazione all’interno del paese. I cittadini non sono necessariamente contro l’Europa, ma è probabile che essi siano semplicemente contro il governo.
Trovate che attualmente ci siano dei problemi in Europa?
T: Se si guarda alla situazione attuale si vedono diversi punti problematici, la crisi dell’Eurozona, quella dei migranti, la Russia e altri problemi che l’Europa non può risolvere da sola. Questi problemi non si risolvono con l’uscita, “we cannot throw away the baby with the dirty bathwater” (letteralmente: non possiamo buttare via il neonato insieme all’acqua sporca”). Si prendono le cose che vanno e si cambiano quelle che non vanno, ma non si lascia il tutto.
G: So che una larga parte del Regno Unito attende che l’Europa cambi per poi decidere se rimanere o meno, quindi credo che sia un’idea del fronte progressista quella di voler cambiare l’Europa. L’Ue è la più grande democrazia avanzata sul fronte dei diritti umanitari e ci sono molti aspetti dei quali andare orgogliosi.
Secondo voi uscire sarebbe come stare seduti al tavolo del dibattito e alzarsi quando qualcosa non va più invece di cercare soluzioni?
T: Esatto, noi abbiamo bisogno che la Gran Bretagna rimanga seduta a questo tavolo. Ci siamo stati per quarant’anni a quel tavolo, siamo parte del problema e della soluzione, dobbiamo essere lì.
G: Un punto davvero importante è che quando il referendum sarà finito e noi avremo vinto, perché vinceremo, l’argomento resterà a lungo nell’agenda politica. I cittadini dovranno accettare che noi siamo parte dell’UE e che il nostro futuro è qui dentro sia economicamente che politicamente. Si andrà verso un’unione politica e una maggiore integrazione. Credo anche che dovremmo smetterla di parlare dell’Unione Europea e aiutarla a risolvere la crisi dei migranti e la situazione russa.