Bruxelles – Sembra di avere rimesso indietro le lancette dell’orologio e di essere tornati allo scorso 20 novembre, quando, a pochi giorni dagli attacchi di Parigi, i ministri dell’Interno dei ventotto si erano affrettati a riunirsi a Bruxelles per dare una risposta “implacabile” al terrorismo. Mesi e vittime dopo, i discorsi sono sempre gli stessi. Quattro erano state le principali decisioni prese durante quella riunione: più controlli alle frontiere esterne, accelerazione sul registro dei passeggeri dei voli aerei (Pnr), migliore scambio di informazioni tra gli Stati, giro di vite sulle armi da fuoco. Le decisioni uscite dalla riunione di oggi sono le stesse. Identiche. “Il terrorismo è veloce, l’Europa spesso è lenta”, ha commentato il ministro dell’Interno italiano, Angelino Alfano arrivando al vertice. Mai come in questo momento risulta evidente.
“Ogni volta che ci riuniamo dopo attentati di questo genere, ripetiamo le stesse cose: impegni, parole che non servono a niente se non vengono attuate”, ammette il commissario europeo agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, secondo cui “i cittadini lo sanno e sono stanchi e impauriti”. Il commissario, convinto che l’esecutivo comunitario abbia già presentato tutte le proposte utili, si dice “felice di essersi trovato oggi coi ministri” ma chiarisce: “Non voglio solo parlare, qualcosa deve cambiare”.
E invece dagli attentati di Parigi ad oggi, quelle che erano sembrate proposte da mettere in atto con la massima urgenza sono rimaste soltanto sulla carta. Sulla decisione di rafforzare “immediatamente” i controlli per chiunque entri nell’area Schengen, inclusi i cittadini comunitari, la Commissione europea ha presentato (il 15 dicembre scorso) il necessario emendamento allo Schengen Border Code. La discussione per l’approvazione in Consiglio non è ancora stata effettuata. L’obiettivo è di chiudere entro la presidenza di turno dei Paesi Bassi e cioè entro la fine di giugno.
Poi c’è l’annosa discussione sul Pnr, il registro dei dati dei passeggeri aerei, bloccato da mesi e mesi dalle resistenze del Parlamento europeo, che teme per i rischi sulla protezione dei dati personali. “Non possiamo perdere tempo con dossier fondamentali”, bacchetta Avramopoulos, insistendo “il Parlamento europeo deve adottarlo e deve farlo adesso”. I ministri hanno concordato come obiettivo l’approvazione entro aprile 2016, eppure ancora non sembra aria: “Sto facendo del mio meglio da quasi cinque anni, con costanti obiezioni sollevate dalla sinistra e dai liberali”, lamenta il conservatore relatore per la proposta al Parlamento europeo, Timothy Kirkhope, secondo cui il registro “potrebbe essere in atto già da una serie di mesi”. Per il relatore “la proposta sul Pnr è pronta per essere votata da tutto il Parlamento ma la sinistra ha falsamente creato un collegamento tra il Pnr e la legislazione sulla protezione dei dati” quindi se i ministri vogliono passi avanti “devono telefonare ai loro eurodeputati socialisti e dirgli di smetterla di bloccare il voto”.
Il cuore della discussione tra i ventotto continua però ad essere la necessità di aumentare la condivisioni delle informazioni di intelligence. Dopo gli attentati di Parigi è stato messo in piedi un centro europeo antiterrorismo all’interno di Europol. “Gli Stati membri devono usarlo di più e meglio”, chiede la Commissione europea. “Abbiamo bisogno di parlare, i nostri sistemi devono parlare, non possiamo mettere i dati in scatole nere, devono essere messi in comune”, ripete senza sosta Avramopoulos. Oggi, almeno sulla carta, si è deciso di andare in questa direzione. “Si è preso l’impegno di versare nelle banche comuni più informazioni per ciascun Paese” e “il clima era talmente favorevole a tutto ciò che voglio pensare che questa volta non ci siano rallentamenti”, riferisce Alfano a fine riunione.
I ministri dei ventotto chiedono un’accelerazione anche sulla stretta contro le armi da fuoco. Lo scorso 18 novembre, la Commissione ha presentato una proposta per la revisione della direttiva esistente, così da rendere più difficile l’acquisizione nell’Ue, migliorarne la tracciabilità e rendere inservibili le armi disattivate. Anche questa proposta, però, resta ancora da approvare da Parlamento e Consiglio.