Dalla tragica storia degli attentati brussellesi, l’Europa attonita sta traendo preziose pur se tardive lezioni. Ora sappiamo che dobbiamo costruire una sicurezza comune, uniformare le nostre legislazioni, controllare più strettamente le nostre frontiere esterne, condividere dati. Ma anche Daesh sta facendo il suo bilancio. Pur nel colpo messo a segno, mostra debolezze e imprecisioni che hanno reso l’attacco meno micidiale del previsto.
Soprattutto, i terroristi del califfo imparano solo ora una cosa che noi invece sapevamo già: mai fidarsi dei tassisti brussellesi! Sì perché è costata cara all’internazionale del terrore l’incompetenza del tassista che è venuto a prenderli con una vettura troppo piccola per imbarcare tutti i borsoni riempiti di esplosivo. Sarà sicuramente stato arabo anche lui e gliene avranno dette di tutti i colori: “Mais on a demandé une fourgonnette!” avrà protestato uno dei fratelli El Bakraoui. Il tassita avrà viscidamente risposto: “Il faut parler avec la Centrale.” E l’altro El Bakraoui avrà detto a suo fratello: “Laisse tomber, c’est un con!” Così ai due kamikaze è toccato lasciare a casa la più potente delle bombe. Quindici chili che non entravano in vettura. Sicuramente poi, da Schaarbeek da dove partivano, invece di prendere il più beve tragitto per il Boulevard Léopold, il tassista avrà imboccato il Ring, dove scatta la tariffa extraurbana e la corsa per l’aeroporto costa 38 euro. Invece dei 18 della corsa urbana. Ma da bravi brussellesi, i fratelli El Bakraoui sapevano che è meglio neanche chiedere a un tassista di andare per il Boulevard Léopold.
I tassisti diventano aggressivi a vedersi evaporare il lucroso incasso, si annotano l’indirizzo e sono capaci di rappresaglie. È noto ai brussellesi il racket di tassiti che infestano la stazione di tassì di Rue Froissart, davanti al centro congressi della Commissione europea. Accettano solo corse per l’aeroporto. Per qualsiasi altra destinazione scuotono la testa e dicono che sono già prenotati. In una scommessa fra amici un giorno salii su una vettura chiedendo di andare all’aeroporto, ma al Rond Point Schuman dissi che avevo cambiato idea e che ero già arrivato. Scommessa vinta, ma sono andato molto vicino al pugno in un occhio. I tassisti brussellesi, si sa, non conoscono le strade di Bruxelles e non hanno neanche voglia di accendere il navigatore, quindi sbuffano a ogni indirizzo e ci fanno sentire in colpa di abitare in una strada così poco nota. Alla fine dobbiamo spiegare noi come ci si arriva, senza nessuna riduzione della tariffa e figuriamoci un grazie. I tassì brussellesi puzzano di sudore misto a Arbre Magique, sono surriscaldati perché il tassista se ne sta in camicia anche quando fuori nevica e sempre infestati da musiche etniche inascoltabili. Imbarcando la squadra della morte, di sicuro il tassista non si sarà lasciato sfuggire l’occasione di un ulteriore guadagno. “Un ticket aller-retour?” avrà chiesto ancora sperando di riuscire a staccare il tagliando che vale 52 euro. “Vas te faire foutre!” avrà risposto uno dei due fratelli El Bakraoui sentendosi preso per i fondelli. Sappiamo ancora che all’aeroporto il tassista si è offerto di scaricare i bagagli dei tre morituri ma che è stato trattato in malo modo e tenuto lontano dai borsoni. Sicuramente non ha ricevuto mancia.
Dopo gli attentati, il poco solidale tassista si è precipitato a denunciare alla polizia i suoi clienti e ha portato gli agenti dritti nel loro covo. Perfido fino in fondo. Anche Daesh ora lo sa: la prossima volta, meglio Uber!