Bruxelles – Ci sono gli sbarchi che continuano, il personale ancora da trovare, le leggi da cambiare, sia in Grecia che in Turchia. Come era facile prevedere, non sono state sufficienti le quarantotto ore previste per mettere in funzione l’accordo tra Unione europea e Grecia che dovrebbe fermare il flusso di migranti in arrivo attraverso l’Egeo. “Dal 20 di marzo tutti i migranti in arrivo sulle isole greche saranno rimandati in Turchia”, era stato annunciando venerdì. Così non è stato: da quando è scattata l’ora X, sulle coste greche sono arrivate oltre 1.600 persone. Ma il sistema è ben lontano dall’essere pronto a rimandare migranti in Turchia. “Penso non sia un segreto” che il lavoro da fare è molto, commenta il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, ricordando che al momento della firma del piano, Jean-Claude Juncker ha parlato di uno sforzo “erculeo” da compiere. “Siamo coscienti delle difficoltà – ammette – e lavoriamo ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette per assicurare che sia fatto tutto quello che deve essere fatto per mettere in atto l’accordo al più presto”.
Un primo passo la Commissione lo ha compiuto oggi presentando una proposta per “trasformare” in resettlement dalla Turchia, 54mila posti già concordati per le relocation di migranti all’interno dell’Ue, di cui l’Ungheria aveva rifiutato di usufruire e che erano quindi rimasti “inutilizzati”. La Commissione ha proposto un emendamento alla vecchia decisione del Consiglio sulle relocation e ora necessita dell’approvazione a maggioranza qualificata da parte degli Stati membri. Sommando questi posti ai 18mila non utilizzati nello schema di resettlement da Paesi terzi, si arriva ad una disponibilità di 72mila posti che, assicura la Commissione, sono solo la “massa critica che si può anticipare” per dare il via all’accordo, ma non esauriscono la disponibilità all’accoglienza da parte dell’Ue. Nonostante i 54mila posti vengano dallo schema di relocation (obbligatorio), trasformandosi in resettlement, i trasferimenti saranno su base volontaria, ma saranno sottratti alle relocation che ogni Stato membro deve mettere in atto. “Gli Stati membri ora devono onorare i propri impegni e assicurare arrivi di persone che hanno diritto alla protezione dalla Turchia in modo ordinato, ben gestito e sicuro”, chiede il commissario europeo all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos.
Il responsabile europeo per l’immigrazione si trova oggi in Grecia dove ha incontrato Alexis Tsipras, che ha rivolto un appello a Commissione e Stati membri. “Dobbiamo muoverci rapidamente e in modo coordinato nei prossimi giorni per ottenere i migliori risultati”, ha chiesto il premier greco, secondo cui “l’assistenza sulle risorse umane deve arrivare velocemente”.
Uno dei principali ostacoli alla messa in atto del piano è infatti la carenza del personale necessario a compiere le molte operazioni necessarie. Secondo la Commissione europea servirebbero in tutto circa 4mila persone tra interpreti, ufficiali per valutare richieste di asilo dei migranti ed eventuali ricorsi, personale per assistere alle operazioni di ritorno e forze di polizia per la sicurezza. Frontex ha chiesto agli Stati membri di mettere a disposizione 1.500 ufficiali di polizia e 50 esperti per riammissioni e ritorni. “Finora – annuncia il portavoce della Commissione europea – venti Stati membri hanno dato dettagliate indicazioni sui loro contributi”. Si tratta di Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Spagna, Francia, Ungheria, Italia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia e Finlandia. Berlino e Parigi si sono impegnati a mettere a disposizione, ciascuna, 100 persone per i processi di asilo e 200 poliziotti.
Altro elemento in sospeso prima dell’entrata in funzione del piano sono gli aggiustamenti legali necessari, tanto in Grecia quando in Turchia. La Grecia deve emendare la propria legislazione per fare rientrare la Turchia tra i Paesi considerati sicuri, in cui i migranti possono essere rimandati. I funzionari della Dg Home della Commissione europea sono in queste ore ad Atene per aiutare il governo ad accelerare le pratiche, che si spera di potere completare entro il 28 marzo. Prima di questa modifica legislativa nessuno può essere rimandato verso la Turchia. Ankara, a sua volta, deve modificare il suo ordinamento per assicurare protezione ai siriani che dovrebbero godere di protezione internazionale ma che, nel Paese, non possono richiedere lo status di rifugiati visto che la Turchia ha ratificato la convenzione di Ginevra ma mantiene restrizioni geografiche secondo cui esamina unicamente le richieste di asilo relative a eventi verificatisi in Europa.