Bruxelles – La generazione Erasmus scende in campo contro la possibile fine di Schengen. In molti Paesi membri è partita la campagna “Don’t touch my Schengen”, lanciata dai Giovani Federalisti Europei-Europa (Jef). “La costruzione europea è il culmine di un processo storico secolare e sono proprio i giovani oggi a dover ricordare che dalla storia non si torna indietro”: queste le parole riportate in una nota redatta dalle associazioni Gioventù Federalista Europea, Giovani Democratici, Giovani del Partito Popolare Europeo, FutureDem e Alternativa Europea, che hanno deciso di unirsi nella lotta per la libera circolazione.
I giovani nati e cresciuti all’insegna del Trattato del 1985 si rifiutano di “tornare nella ristrettezza angusta di Stati chiusi, isolati e sospettosi gli uni degli altri” e per questo cercano di smuovere nei cittadini dell’Unione, nella classe politica e nelle istituzioni “lo sdegno nei confronti di questa politica vecchia e priva di idee”. Il grido di battaglia che rimbalza sui social è #DontTouchMySchengen, l’appello di tanti giovani che temono di vedere negato il loro diritto a vivere in un’Europa libera e unita. “La soluzione alle molte crisi del nostro tempo non può essere quella di costruire muri, che nella storia non hanno mai fermato nessuno” ribadiscono con forza i gruppi giovanili. E ancora: “Lo sblocco della situazione potrà verificarsi solo se non ci fermeremo esclusivamente alla salvaguardia del sistema Schengen e dell’attuale assetto dell’Unione ma decideremo di andare oltre”.
Alla campagna hanno aderito non solo parlamentari di ogni schieramento politico, ma anche gruppi della società civile e tantissimi giovani che non vogliono perdere i loro diritti. Di fronte allo stato di emergenza in cui si trova l’Unione europea e alle soluzioni di chiusura proposte da alcuni governi per fronteggiare la minaccia del terrorismo e i flussi migratori, questi giovani sono più che mai determinati nel rilancio del processo di integrazione. Agli attuali problemi, propongono di reagire aumentando la coesione anziché rifugiarsi nei muri dell’ostilità, proseguendo nella linea di accordo europeo ormai tracciata e percorsa per quasi 100 anni. “Dalla storia – insistono – non si torna indietro”.