Bruxelles – Per dirla con le parole di Angela Merkel l’impressione è che trovare un accordo tra Ue e Turchia sarà “tutto tranne che semplice”. Dopo la prima giornata del vertice decisivo per tentare di fermare i flussi di migranti in arrivo attraverso l’Egeo sulle coste greche, le posizioni sono più distanti che mai. A notte fonda, quando i leader lasciano il Consiglio per qualche ora di riposo prima di ricominciare, i visi sono lunghi e la voglia di parlare è poca. Niente conferenza stampa di Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, nessuno statement pubblicato. I pochi che si intrattengono coi giornalisti non dicono parole incoraggianti: “Non posso garantirvi che ci sarà un lieto fine”, ammette il presidente francese, François Hollande, “domani sarà una giornata intensa e impegnativa”, prevede Matteo Renzi. I leader dei ventotto hanno per il momento concordato una posizione comune che questa mattina sarà presentata ad Ahmet Davutoglu in un incontro a quattro con Tusk, Juncker e il premier olandese Mark Rutte, a nome della presidenza di turno. Il rischio è che il premier turco non la prenda affatto bene visto che su molti punti l’Ue ha indurito le sue posizioni.
Per prima cosa, dopo le moltissime critiche piovute sul piano per rimandare sistematicamente in Turchia i migranti giunti in Grecia, l’Europa ora sembra intenzionata a chiedere ad Ankara garanzie sul loro trattamento. A spingere per questo punto, Paesi come Spagna, Francia e Portogallo che sarebbero riusciti a fare inserire nella posizione comune concordata una formula secondo cui si chiede alla Turchia un impegno che i migranti rimandati nel Paese per assicurarsi che “saranno protetti in accordo con gli standard internazionali”. “Ho difeso il principio che qualunque decisione adottata deve essere in conformità con la legge internazionale e ho chiarito che senza questo noi non supporteremo le conclusioni”, ha ribadito lasciando la riunione il premier spagnolo, Mariano Rajoy.
Sul versante dei ritorni c’è anche un problema pratico, di personale. Per analizzare singolarmente, così come chiesto dalle leggi internazionali, tutte le domande di asilo in modo rapido, alla Grecia occorrono uomini. Per questo Atene ha chiesto ai colleghi dei ventotto l’impegno a mettere a disposizione migliaia di ufficiali.
La proposta europea rivedrebbe al ribasso anche lo scema 1 a 1 proposto da Ankara, secondo cui per ogni siriano rimandato in Turchia, uno deve essere reinsediato in Europa. L’Ue per il momento è pronta a mettere a disposizione soltanto 72mila posti per l’accoglienza: si parla in particolare dei 18mila posti non utilizzati nell’ambito del piano da 22mila reinsediamenti concordato lo scorso novembre più altri 54mila posti che facevano inizialmente parte del piano di relocation e che non sono mai stati attribuiti. Una cifra irrisoria che potrebbe fare desistere la Turchia dall’iniziale proposta di “svuotare” le isole greche da tutti i migranti in arrivo. Per convincere i Paesi più riluttanti sui reinsediamenti ci sarebbe la volontà di legare i reinsediamenti alle relocation così che per ogni Paese il numero di rifugiati reinsediati possa essere sottratto dal numero delle relocation concordate.
Il tema più spinoso rimane forse quello dell’apertura di cinque nuovi capitoli negoziali per il processo di adesione all’Ue che Ankara chiede ma a cui Cipro si oppone strenuamente fino a che la Turchia non riconoscerà il governo del Paese come legittimo. Per tentare di uscire dall’impasse, nella formulazione dell’accordo si sta tentando di rimanere sul vago: i ventotto “sono stati attenti a non menzionare per ora i capitoli” specifici, ha spiegato Hollande. Sulla liberalizzazione dei visti, i leader dovrebbero concordare di mantenere la fine di giugno come obiettivo, così come chiesto da Ankara, ma chiarendo che si devono rispettare tutti e 72 i requisiti fissati. Ankara per il momento è il linea solo con 35.
Anche sui tre miliardi di finanziamenti aggiuntivi che la Turchia chiedeva, l’Ue farà resistenza. Gli Stati membri sono pronti ad impegnarsi per accelerare l’esborso dei tre miliardi già promessi ma prima di tirare fuori gli altri tre vogliono essere certi che Ankara rispetti gli impegni presi. Secondo Merkel, comunque, c’è “una generale volontà di mettere fondi aggiuntivi sul tavolo”.