Bruxelles – L’accordo che l’Unione europea spera di chiudere questa settimana con Ankara “rispetterà il diritto Ue e la legge internazionale”. A garantirlo è il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, secondo cui finora “c’è stato un malinteso” e le misure in discussione non prevedono “né ritorni a tappeto né respingimenti”. A rendere necessaria la comunicazione adottata oggi dall’esecutivo comunitario sull’intesa di principio raggiunta tra Ue e Turchia, la pioggia di obiezioni giunte da associazioni umanitarie, Nazioni Unite e alcuni Stati membri, sulla legalità dell’accordo. A destare perplessità in particolare l’idea di rimandare in Turchia tutti i migranti in arrivo sulle isole greche, senza distinzione tra irregolari e richiedenti asilo. Obiezioni immotivate, ribatte alla vigilia del vertice con Ankara l’esecutivo comunitario, secondo cui l’accordo che è soltanto “temporaneo e straordinario”, può “rompere una volta per tutte il modello di business dei trafficanti” con azioni “in accordo con il quadro legale internazionale e dell’Ue”.
A rendere i rinvii verso la Turchia perfettamente legali, secondo la Commissione, sono in particolare gli articoli 35 e 38 della direttiva Ue sull’Asilo, secondo cui una domanda di asilo può essere dichiarata inammissibile se una persona è già stata riconosciuta come rifugiato o se gode della protezione sufficiente in un “primo paese di asilo” oppure se la persona è giunta nell’Ue da un “paese terzo sicuro” che può garantire un efficace accesso alla protezione. Nel rispetto delle regole, assicura la Commissione, ogni domanda di asilo sarà ancora trattata singolarmente e ogni migrante avrà diritto a fare appello contro la decisione seppure sfruttando le possibilità concesse dalla direttiva, secondo cui si possono mettere in atto procedure molto più spedite nel caso la domanda di asilo risulti manifestamente infondata. Come sarebbe il caso di migranti in arrivo da uno Stato sicuro che gli possa garantire la necessaria protezione.
Perché l’accordo possa essere applicato occorre comunque che sia la Grecia che la Turchia mettano in atto modifiche della propria legislazione nazionale. In particolare la Grecia deve assicurare che la Turchia sia classificata come Paese terzo sicuro, mente la Turchia deve assicurare un accesso effettivo dei migranti alle procedure per la richiesta di asilo. Oggi questo requisito è tutt’altro che rispettato visto che Ankara ha ratificato la convenzione di Ginevra ma non il protocollo che ne elimina le limitazioni geografiche e ad oggi offre protezione soltanto ai cittadini europei. Occorrono infine accordi pratici tra Grecia e Turchia perché il meccanismo possa funzionare: in particolare Atene deve accrescere la capacità ricettiva nelle isole e trasformare gli hotspot in centri per trattare e domande di asilo e gestire i ritorni.
La proposta su cui si spera di trovare domani un accordo prevede che per ogni migrante rimandato in Turchia, un siriano sia trasferito in Europa. Per riuscire a rispettare questo impegno, secondo la Commissione, gli Stati membri devono mettere a disposizione il necessario numero di posti per l’accoglienza. La proposta è di sfruttare i 18mila posti ancora disponibili nello schema di reinsediamento da 22mila posti già concordato lo scorso luglio tra gli Stati membri e, se necessario, di utilizzare anche i 54mila posti dello schema di ricollocamento intra-Ue, rimasti inutilizzati visto il rifiuto dell’Ungheria di prendere parte al meccanismo.
La Commissione garantisce che tutte le regole saranno seguite anche per quanto riguarda la velocizzazione della liberalizzazione dei visti tra Ue e Turchia. Ci sarà un’accelerazione ma senza cambiare i 72 criteri che devono essere rispettati da Ankara (che finora è in linea solo con 35). “La liberalizzazione dei visti per la Turchia resta soggetta a condizioni, non ci sono scorciatoie, la Turchia deve fare sforzi entro fine aprile per rispettare la scadenza di giugno”, ha chiarito Timmermans. Allo stesso modo, l’obiettivo di ri-energizzare il cammino verso l’adesione della Turchia all’Ue, a cui Cipro si oppone strenuamente, dipende dalle riforme che Ankara metterà in atto, garantisce la Commissione.