Bruxelles – Districare il garbuglio legale, limare la bozza di intesa per renderla meno indigesta agli Stati che si mettono di traverso e allo stesso tempo evitare di perdere il consenso di Ankara. Nella manciata di ore che mancano ormai alla riunione dei leader che dovrebbe finalizzare l’accordo Ue-Turchia, le cose da fare continuano ad essere tante e difficili. Per dirla con l’espressione di Donald Tusk, che si trova sulle spalle buona parte del lavoro, c’è soprattutto da “ribilanciare” quella che il presidente del Consiglio europeo definisce come una “proposta turca preparata con la Germania e i Paei Bassi”. Espressione che pare tradire una punta di irritazione per un progetto su cui Merkel e il premier turco Ahmet Davutoglu hanno lavorato molto in bilaterale, spingendosi un po’ più oltre di quanto i negoziatori di Bruxelles avrebbero voluto.
“Il mio compito in vista del prossimo summit è mettere insieme gli elementi per rendere questa proposta giuridicamente corretta, implementabile e naturalmente accettabile da tutti i 28 stati membri e anche per la Turchia”, spiega Tusk da Ankara dove è volato per un ennesimo bilaterale con Davutoglu. “Oggi non è un compito facile e lo dobbiamo fare bene, c’è ancora un duro lavoro da fare”, ammette il presidente del Consiglio europeo che dalla Turchia riparte con “un catalogo di temi da affrontare per raggiungere un accordo entro venerdì”.
Così com’è in effetti il pre-accordo si è attirato già la sicura opposizione di Madrid, che come molte associazioni umanitarie e le stesse Nazioni Unite, lo reputa “inaccettabile” a causa dell’ipotesi di “espulsioni collettive” e anche di Cipro che, come ha confermato oggi il presidente Nikos Anastasiadis, si batterà contro qualsiasi intesa che preveda l’apertura di nuovi capitoli negoziali per rivitalizzare il percorso di adesione di Ankara all’Unione europea. Un ostacolo non da poco, visto che ad ottenere un nuovo slancio verso la prospettiva europea, il governo turco conferisce un’importanza cruciale. Tusk lo sa bene e dopo l’incontro con il premier turco ribadisce che la cooperazione con la Turchia “va molto oltre l’immigrazione” e copre temi che vanno “dall’economia alla lotta al terrorismo, alla liberalizzazione dei visti alla politica estera” fino ad arrivare al “proseguimento dei negoziati per l’adesione”. Eppure “nessun Paese terzo potrà mai essere più importante per me di ogni Stato membro”, aveva promesso poche ore prima Tusk da Nicosia, assicurando che “Cipro è importante quanto la Germania, la Francia o i Paesi Bassi”. Altra stoccata verso Berlino.
Alla soluzione del problema turco-cipriota, lavorerà domani anche il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker che a Bruxelles incontrerà a sua volta il presidente cipriota. Ma dal piglio mostrato oggi, pare difficile si possa riuscire a fare cambiare idea ad Anastasiadis. Domani la Commissione europea tenerà anche di segnare un punto di svolta per uscire dalla confusione legale: l’esecutivo comunitario presenterà un approfondimento tecnico che dovrebbe mostrare come la pre-intesa raggiunta con la Turchia è in linea con le leggi europee e le convenzioni internazionali.
“È fondamentale avere nero su bianco la certezza che l’accordo è pienamente conforme, noi come Italia su questo punto abbiamo insistito moltissimo”, spiega il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, a Bruxelles per il consiglio Affari generali che prepara l’incontro dei leader di giovedi e venerdì. Il nostro Paese, fa sapere Gozi, ha insistito anche perché si mantenga una coerenza nel rapporto con la Turchia e si faccia riferimento, nell’intesa, a principi fondamentali come “libertà di stampa, stato diritto, diritti delle minoranze”. L’Italia, poi, insiste sulla “rapida presentazione da parte della Commissione delle proposte sulla revisione di Dublino”, ricorda Gozi. L’esecutivo comunitario, che avrebbe dovuto presentare domani le prime proposte per superare il principio secondo cui è il primo paese di arrivo di un migrante a dovere trattare la sua domanda di asilo ha invece deciso di soprassedere. Per il momento c’è troppa carne al fuoco, se ne riparlerà il prossimo 6 aprile, ad accordo con la Turchia concluso. Forse.