Roma – Quando la politica si preoccupa troppo delle sorti delle multinazionali la sua funzione regolatrice va in tilt. È quello che è successo e sta succedendo nel palazzo della Commissione Europea a Bruxelles dove ieri si è chiusa con un nuovo rinvio la riunione del Comitato permanente per i prodotti fitosanitari (il cosiddetto Paff, acronimo che sta per plants, animals, food, feed ovvero piante, animali, cibo e mangimi) che avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva sul glifosato il potente erbicida la cui licenza di utilizzo sui campi dell’Unione Europea scade il prossimo giugno.
Il principio attivo brevettato dalla Monsanto che a registrazione scaduta si trova ormai in circa 750 prodotti chimici per l’agricoltura è stato inserito nel 2015 dalla Iarc, l’Agenzia delle Nazioni Unite per la ricerca sul cancro, nella lista delle sostanze considerate “probabilmente cancerogene”. Da quel momento le istituzioni europee sono entrate in ambasce. Sul tavolo, gli euroburocrati si sono trovati da una parte l’autorevole responso della Iarc, dall’altra la scadenza della licenza mentre alla porta bussavano con insistenza i lobbisti dell’agroindustria che prospettando scenari disastrosi per raccolti e occupazione nel settore dei fitofarmaci hanno cercato di convincere i regolatori di Bruxelles ad evitare la messa al bando del glifosato. In una prima fase le ragioni di chi vende prodotti a base del potente erbicida hanno avuto la meglio ottenendo anche il via libera dell’Efsa (l’agenzia europea per la sicurezza alimentare) che con un parere molto criticato da una parte del mondo scientifico ha sentenziato che il glifosato fa male solo ad alte dosi e che le prove del suo contributo alla formazione di tumori sarebbero discutibili. Adesso il movimento ambientalista, sulla scorta di studi e ricerche dai risultati sempre più inquietanti (vedi l’articolo sulle birre tedesche che conterrebbero dosi rilevanti di glifosato) ha ottenuto la sua riscossa: i rappresentanti di Italia, Francia, Svezia e Olanda si sono detti contrari a prorogare l’uso del glifosato mentre i tedeschi hanno preannunciato l’astensione. Tra i paesi leader dell’Unione Europea è restata solo la Gran Bretagna a difendere esplicitamente le ragioni dell’agroindustria. Con questi schieramenti in campo il rinnovo della licenza per altri 15 anni, fino ad un mese fa considerato scontato, correva il serio rischio di venire respinto. È così ieri il comitato Paff ha rinviato ogni decisione a maggio.
Non c’è da dormire sonni tranquilli perché in questi due mesi l’agroindustria non se ne starà con le mani in mano anche perché se non fosse stato per le recentissime prese di posizione di Italia, Francia, Olanda e Svezia la Commissione Europea avrebbe già autorizzato per altri 15 anni l’uso del potente erbicida. Nei mesi scorsi le aziende che commercializzano prodotti a base di glifosato erano riuscite a portare dalla loro parte il Bfr, l’istituto tedesco per la valutazione del rischio. Peccato che un’inchiesta del prestigioso settimanale Die Zeit ha scoperto, provocando in Germania polemiche a non finire, che il parere dell’istituto tedesco (a sua volta preso come riferimento dall’Efsa) era basato su ricerche e pubblicazioni scientifiche finanziate dall’industria. Oggi invece è scesa in campo la Confagricoltura, la confederazione italiana degli imprenditori agricoli che usando gli stessi argomenti di Agrofarma, l’associazione delle industrie che producono diserbanti e pesticidi ha messo in guardia da “eccessivi allarmismi”. La musica è sempre la stessa: i rischi sono potenziali e prima di entrare in commercio i fitofarmaci sono sottoposti a rigorosi controlli.
Non la pensano così gli abitanti di Monte Maiz, paese agricolo della provincia di Cordoba in Argentina, dove la locale università ha accertato che a causa del massiccio uso di glifosato nei campi di soia, i tumori nella popolazione locale sono in media il triplo che in altre zone del paese. I principali tipi di tumori rilevati sono stati quelli del seno, del colon, della prostata, della tiroide e della pelle con il 21,6% dei casi verificato in persone al di sotto dei 44 anni d’età.
In Italia non ci sono ancora ricerche sugli effetti collaterali del potente erbicida che taluni sospettano essere la causa di quel disseccamento rapido dell’ulivo che nel Salento sta facendo strage di piante secolari da olio e che nella sola Lombardia è stato trovato nell’acqua di trentuno pozzi su cento. Per fortuna, con un’apprezzabile atteggiamento di prudenza, non solo il governo italiano ha dato mandato ai suoi funzionari europei di opporsi al rinnovo della licenza per il glifosato ma avrebbe (il condizionale è d’obbligo) già deciso una sua autonoma messa al bando del glifosato. Lo preannuncia con un’intervista a Repubblica il ministro Martina. Vediamo come andrà a finire.
Articolo tratto da veleninelpiatto.it.