#RefugeesWelcome! Noi cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, dello spazio Schengen, dei Balcani, del Mediterraneo e del Medio Oriente, così come i cittadini di altri paesi del mondo, che condividono le nostre preoccupazioni, lanciamo un appello di emergenza per i nostri concittadini, ai nostri capi di governo e ai nostri rappresentanti nei parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo, nonché presso la Corte europea dei diritti dell’uomo e presso l’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati:
I profughi dal Medio Oriente devono essere salvati e accolti! Per anni, gli immigrati dal sud del Mediterraneo in fuga dalla povertà, dalla guerra e dalla repressione sono annegati in mare o si sono imbattuti in filo spinato. Quando sono riusciti ad attraversare il mare, dopo aver subito estorsioni, sono stati espulsi, incarcerati o ridotti in clandestinità da parte di Stati che li definiscono come “pericoli” e “nemici”. Eppure con coraggio essi persistono e si aiutano a vicenda per salvare le loro vite e creare una speranza per il futuro.
Ma dal momento che le guerre del Medio Oriente e in particolare in Siria hanno raggiunto le proporzioni di una strage di massa senza fine, la situazione è peggiorata. Ostaggio tra le parti in conflitto, bombardate, affamate e terrorizzate, intere popolazioni sono state costrette a un esodo pericoloso che è costato migliaia di vite e che spinge gli uomini, le donne e i bambini verso i paesi vicini e a bussare alle porte dell’Europa.
Si tratta di una grande catastrofe umanitaria e storica che ci pone di fronte ad una responsabilità alla quale non c’è via d’uscita. L’incapacità dei governi europei di porre fine alle cause di questo esodo (se non addirittura il loro contributo alla sua esacerbazione) non li esonera dall’obbligo di salvare e accogliere i rifugiati, nel rispetto dei loro diritti fondamentali, che, come il diritto di asilo, sono sanciti nelle dichiarazioni e convenzioni fondamentali del diritto internazionale.
Tuttavia, con poche eccezioni – l’iniziativa esemplare della Germania, un’iniziativa che non è ancora stata sospesa fino ad oggi; e lo sforzo enorme da parte della Grecia per salvare, accogliere e scortare le migliaia di sopravvissuti che arrivano ogni giorno sulle loro coste, nonostante la sua economia sia stata devastata dall’austerità – i governi europei si sono rifiutati di affrontare la situazione generale, di spiegarla alle loro popolazioni, di organizzare la solidarietà e di andare oltre l’interesse nazionale. Al contrario, da est a ovest e da nord a sud, hanno respinto il piano minimo per la distribuzione dei profughi elaborato dalla Commissione europea o sono direttamente coinvolti nel suo sabotaggio. Peggio ancora, si sono impegnati nella repressione, nella stigmatizzazione e nel maltrattamento dei rifugiati e degli immigrati in generale. La situazione della “giungla” di Calais, seguita ora dal suo violento smantellamento, contraddicendo lo spirito e la lettera di una decisione del tribunale, è un esempio scandaloso di tutto ciò (purtroppo non l’unico).
Al contrario, sono i cittadini d’Europa e altrove – pescatori e abitanti di Lampedusa e Lesbo, attivisti di soccorso ai profughi e reti di sostegno agli immigrati, centri di accoglienza religiosi e laici, appoggiati da artisti e intellettuali – coloro che hanno salvato il loro onore e hanno mostrato la strada verso una soluzione. Tuttavia, si scontrano con la mancanza di mezzi e talvolta con l’ostilità delle pubbliche autorità, e devono affrontare, come i rifugiati e gli immigrati stessi, la rapida crescita del fronte xenofobo europeo, che va dai gruppi violenti, apertamente razzisti o neofascisti, ai leader e ai governi “rispettabili” di paesi sempre più tendenti all’autoritarismo, al nazionalismo e alla demagogia. Due Europe completamente incompatibili sono una di fronte all’altra, e d’ora in poi dovremo scegliere da che parte stare.
Questa tendenza xenofoba, che è mortale per le vittime della violenza e rovinosa per il futuro del continente europeo come spazio di libertà, deve essere invertita immediatamente. Con 60 milioni di rifugiati nel mondo, Libano e Giordania ne accolgono un milione ciascuno (pari rispettivamente al 20 ed al 12% delle loro popolazioni), e la Turchia ne riceve 2 milioni (pari al 3% della popolazione). Il milione di rifugiati che sono arrivati in Europa nel 2015 (una delle regioni più ricche del mondo, nonostante la crisi) rappresenta solo lo 0,2% della sua popolazione! Non solo i paesi europei, presi nel loro insieme, hanno i mezzi per accogliere i rifugiati e trattarli con dignità, ma devono farlo in modo da continuare a rivendicare i diritti umani come fondamento dei loro sistemi politici. È anche nel loro interesse, se vogliono cominciare a ricreare le condizioni per la pace e la sicurezza collettiva, insieme con tutti i paesi del bacino del Mediterraneo che hanno condiviso la stessa storia e lo stesso patrimonio culturale per migliaia di anni. Questo è ciò che deve essere fatto per rimuovere dal nostro orizzonte, una volta per tutte, lo spettro di una nuova epoca caratterizzata dalla discriminazione istituzionale organizzata e dall’eliminazione degli esseri umani “indesiderabili”.
Nessuno può dire quando e in quale proporzione i rifugiati “torneranno a casa”, e nessuno dovrebbe sottovalutare la difficoltà del problema da risolvere, la resistenza che essa genera e gli ostacoli e i pericoli che ciò comporta. Ma nessuno può continuare a ignorare la volontà delle popolazioni di ricevere i rifugiati e il desiderio dei rifugiati di integrarsi. Nessuno ha il diritto di dichiarare il problema irrisolvibile al fine di eluderlo più facilmente.
Misure di emergenza su larga scala sono immediatamente necessarie. Il compito di fornire assistenza ai rifugiati dal Medio Oriente e dall’Africa nel quadro di uno stato di emergenza deve essere proclamato e attuato dagli organi dell’UE e da tutti gli Stati membri. Deve essere accolto dalle Nazioni Unite ed essere oggetto di una consultazione permanente con gli Stati democratici di tutta la regione.
Le forze civili e militari devono essere schierate, non per effettuare un’azione di guerriglia costiera contro i “contrabbandieri” ma per portare aiuto agli immigrati e per porre fine allo scandalo degli annegamenti in mare. È in questo quadro che è probabilmente necessario reprimere il traffico e condannare le complicità che da esso traggono benefici. È la proibizione dell’accesso legale che genera pratiche mafiose, e non viceversa.
Il peso dei paesi in prima linea nell’accoglienza, in particolare la Grecia, deve essere sollevato immediatamente e il loro contributo all’interesse comune deve essere riconosciuto. La zona di libera circolazione di Schengen deve essere preservata, ma il regolamento di Dublino che prevede il respingimento degli immigrati al paese d’ingresso deve essere sospeso e rinegoziato. L’Unione europea deve fare pressione sui paesi del Danubio e dei Balcani perché riaprano i propri confini e deve negoziare con la Turchia affinché la smetta di usare i profughi come scusa politico-militare e merce di scambio.
Allo stesso tempo, trasporti aerei e marittimi devono essere messi in campo per trasferire tutti i rifugiati registrati nei paesi del nord Europa che sono oggettivamente in grado di riceverli, invece di lasciare che si accumulino in un piccolo paese che rischia di diventare una “discarica” dell’umanità.
A lungo termine, l’Europa – di fronte a una delle grandi sfide che sta cambiando il corso della storia dei popoli – deve sviluppare un piano di aiuti controllato democraticamente per i sopravvissuti a questo enorme massacro e per coloro che li stanno aiutando. Si devono stabilire non solo le quote di ricezione ma anche un aiuto sociale ed educativo, e quindi un bilancio speciale e disposizioni di legge che garantiscano nuovi diritti che integrino le popolazioni sfollate in modo dignitoso e pacifico.
Non vi è altra alternativa. O l’ospitalità e il diritto di asilo o la barbarie!
Per firmare la petizione: http://www.transform-network.net/blog/blog-2016/news/detail/Blog/appeal.html.