Roma – “La creazione di tante barriere” al flusso di migranti attraverso la rotta balcanica “sta creando una sorta di imbuto in cui la Grecia resta isolata. È ipotizzabile che, attraverso un passaggio in Albania, possa determinarsi una nuova rotta adriatica” che torni a investire l’Italia. Per il sottosegretario agli Interni, Domenico Manzione, questo “rischio c’è ed è oggettivo”. Tuttavia, se l’accordo tra Ue e Turchia andasse “in porto”, per l’esponente dell’esecutivo si “potrebbe scongiurare l’apertura” del nuovo tragitto che sfocerebbe sulle coste pugliesi.
In audizione davanti ai parlamentari del Comitato Schengen, Manzione spiega che il governo è “tuttora convinto che sia meglio organizzare i rimpatri a livello europeo”, attraverso accordi con i Paesi terzi nell’ambito delle “intese sulla cooperazione” internazionale. Viste però le lentezze e le divisioni con cui i 28 procedono sul tema immigrazione, l’Italia ha “preso una decisione individuale” che ha destato l’interesse dell’Olanda, per “creare una sorta di prima barriera nell’Africa sub sahariana”.
A questo proposito, prosegue il sottosegretario, “abbiamo contatti in Niger, dove facciamo formazione sui rimpatri volontari assistiti” e “finora ce ne sono stati 1.500-1.600”. In attesa che anche l’Unione europea si muova – l’Ue progettava di istituire proprio in Niger uno degli hotspot esterni per valutare le richieste di ingresso in Europa con l’aiuto dell’Unhcr – l’esecutivo sta pensando di fare “la stessa cosa con il Sudan. Lì potremmo fare un lavoro di addestramento al controllo delle frontiere per le forze di polizia”, indica Manzione.
Il problema avvertito dall’Italia, al netto del rischio che la rotta balcanica trovi sbocco attraverso l’Adriatico, è che dal 2015 è nettamente cambiato il flusso di migranti che approda sulle nostre coste. Rimane pressoché costante la portata: da inizio anno sono sbarcati 9.307 migranti a fronte dei 9.117 arrivati nello stesso periodo del 2015, anno in cui il numero totale di arrivi era calato a poco meno di 154mila a fronte dei 170mila del 2014.
A cambiare è però la provenienza. “Nel 2014 c’erano importanti presenze siriane ed eritree”, che “nel 2015 sono diminuite e nel 2016 sono scarsamente presenti”, illustra l’esponente del Viminale, aggiungendo che adesso i migranti arrivano da Paesi come “Nigeria, Gambia, Senegal, Marocco, Somalia, Camerun e Costa d’avorio”. Il problema è che, in Europa, solo siriani, eritrei e iracheni sono considerati meritevoli di assistenza internazionale. E se già ci sono difficoltà ad applicare la redistribuzione tra Paesi Ue per queste tre nazionalità, figuriamoci per le altre.
Ecco perché il governo cerca accordi con il Niger e il Sudan. Di recente, poi, si è iniziato a discutere una collaborazione anche con l’Albania, come ha annunciato il 29 febbraio il ministro degli Interni Angelino Alfano. Nel caso l’accordo con la Turchia non funzioni, l’Italia non vuol farsi trovare impreparata di fronte a possibili deviazioni della rotta balcanica.