Bruxelles – Non tutti considerano l’accordo raggiunto ieri con la Turchia un successo. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha espresso la sua apprensione per la condizione dei rifugiati che, stando al testo dell’accordo, dalla Grecia dovrebbero essere rimandati in Turchia. “Sono profondamente preoccupato su qualsiasi accordo che comporterebbe un ritorno indiscriminato di tutti, senza la salvaguardia delle protezioni garantite dal diritto internazionale, quindi un ritorno indiscriminato di tutte le persone che arrivano in Grecia” ha affermato Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Come ha ricordato l’alto commissario, un individuo che richiede asilo può essere restituito ad uno Stato terzo solo se la responsabilità per la valutazione della sua domanda d’asilo è assunta dal Paese terzo. Inoltre l’individuo in questione deve essere protetto dal respingimento e deve essere in grado di cercare e godere di asilo, nel caso in cui sia riconosciuto in conformità con gli standard internazionali accettati. In questo modo potrà avere accesso completo ed efficace all’educazione, al lavoro, all’assistenza sanitaria e all’assistenza sociale. Grandi ha inoltre precisato: “Queste salvaguardie dovranno essere previste giuridicamente e dovranno governare i meccanismi tramite cui la responsabilità sarà trasferita ad un terzo elemento per la valutazione della domanda di asilo”.
La proposta avanzata dall’alto commissario è che, al di là delle condizioni previste dall’accordo Ue-Turchia, “degli screening dovranno essere creati per identificare delle categorie ad alto rischio che non dovrebbero essere respinte o riportate al Paese di provenienze anche se le condizioni non vengono rispettate”. Grandi ha sottolineato di essere a favore di un accordo, riconoscendo che “la Turchia sta già ospitando quasi 3 milioni di profughi ed è importante per la comunità internazionale condividere questa responsabilità in modo più ampio”. Infatti “questa emergenza non deve essere una crisi, può essere gestita”.
Un altro punto dell’accordo messo in discussione dall’alto commissario sono i reinsediamenti dei rifugiati dai campi profughi siriani verso gli Stati europei. Per ora il meccanismo riguarda solo eritrei, siriani ed iracheni, ma Grandi ha ricordato che “la maggior parte delle persone che arrivano nell’Unione europea, l’88%, vengono da 10 Paesi” tra cui figurano Siria, Iraq e Afghanistan, ma anche Eritrea e Somalia. Riguardo alla questione del reinsediamento, il documento dell’Unhcr sostiene che sarà accolta con favore “qualsiasi iniziativa che promuova percorsi regolari di ammissione per i rifugiati in un numero significativo da tutti i Paesi limitrofi della regione – non solo la Turchia e non solo i profughi siriani – verso paesi terzi”. A riguardo l’impegno dell’Europa (20.000 posti entro 2 anni su base volontaria), lamenta dunque l’agenzia Onu, rimane ancora troppo scarso rispetto alle reali necessità
Un ulteriore elemento precisato dall’alto commissario riguarda le vie legali che devono essere favorite, includendo tra di esse la ricollocazione, le missioni umanitarie, la sponsorizzazione privata, le borse di studio e il ricongiungimento familiare. “Non ci sono delle soluzioni umanitarie ai problemi politici che sono la causa di movimenti di massa forzati, non ci sono delle soluzioni monetarie alle guerre, all’aumento della violenza e dell’oppressione e alla mancanza di governance in molte parti del mondo”, ha concluso Grandi.
Anche Human rights watch, un’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, si è schierata sulla stessa linea, definendosi “seriamente preoccupata per il deterioramento della situazione dei diritti umani in Turchia” e sollecitando “l’Ue ad affrontare urgentemente questi problemi con Ankara”. In base ad un documento presentato dalla Ong prima del vertice “la Turchia non può essere considerato un Paese sicuro d’asilo per i rifugiati provenienti dalla Siria, o per i profughi provenienti da Iraq, Afghanistan e altri Paesi non europei”. La Turchia ha ratificato la Convenzione sui rifugiati del 1951, ma è l’unico Paese al mondo ad applicare una limitazione geografica, per la quale solo i cittadini europei possono lì ottenere lo status di rifugiato. Inoltre, ricorda Human Rights Watch, non fornisce una protezione efficace per i rifugiati e ha più volte spinto i richiedenti asilo verso la Siria.