Bruxelles – Se a giugno il Regno Unito dovesse decidere la Brexit, cioé di uscire dall’Unione europea, si tratterebbe senza dubbio di una prima assoluta. Nessuno Stato membro ha mai abbandonato l’Unione europea, eppure andando indietro nel tempo un piccolo precedente, anche se molto diverso, si trova. È quello della Groenlandia, unico territorio ad essersi mai “ritirato” dall’Unione, che all’epoca però non esisteva nella forma attuale.
La storia inizia nel 1973 quando l’isola si unì di fatto all’allora Comunità economica europea come parte del Regno di Danimarca. Nel referendum con cui, nel 1972, Copenaghen decise di entrare nella Cee, il 70% dei groenlandesi, si proclamò contrario al matrimonio con Bruxelles, ma in quanto parte della Danimarca l’isola non ebbe modo di sottrarsi.
Nel 1979, però, il Parlamento danese concesse alla Groenlandia l’autogoverno e al potere salì Siumut (“Avanti”, in groenlandese), un partito politico socialdemocratico ed euroscettico. Sotto la spinta del nuovo governo, nella primavera del 1981, il parlamento danese decise di tenere un nuovo referendum per decidere se il Paese dovesse rimanere membro della Comunità europea oppure no. La consultazione, che si tenne nel novembre del 1983, fu molto combattuta, e si concluse con una risicata maggioranza (53%) a favore dell’uscita.
A dettare la decisione dei groenlandesi, soprattutto la volontà del territorio, che pure traeva benefici economici dall’appartenenza alla comunità europea, di affermare la propria indipendenza. A causa del passato coloniale dell’isola, erano infatti in pochi a vedere di buon occhio l’idea di cedere sovranità ad un organismo sovranazionale. La Groenlandia, poi, per le proprie specificità sociali e geografiche, si vedeva come molto distante dal continente e vedeva l’Europa come una minaccia all’identità etnica della regione. Per non parlare poi della questione pesca: come società basata interamente sulla pesca, i groenlandesi ritenevano umiliante dovere chiedere alla Comunità europea il permesso di pescare al largo delle proprie coste. Così si decise per l’uscita, che fu approvata ufficialmente dalla Comunità europea il 22 febbraio 1983.
Da allora iniziarono i negoziati con Bruxelles per definire tutti gli aspetti pratici dell’abbandono, così come si dovrebbe fare in caso di Brexit. Trattative che portarono al cosiddetto Trattato sulla Groenlandia, che entrò in vigore però solo quasi due anni dopo, il 1 gennaio 1985. Con questo furono di fatto emendati i trattati esistenti e l’isola veniva riconosciuta come territorio speciale di uno Stato membro che ha anche una relazione speciale con la stessa Unione europea. Questa relazione speciale si basava soprattutto su un accordo tra le due parti sulla pesca: da un lato la Comunità europea (e in seguito l’Unione europea) mantenevano i propri diritti di pesca nelle acque della Groenlandia, mentre la Groenlandia dall’altro lato manteneva la possibilità di esportare pesce nell’Ue senza dazi doganali. All’isola, per via della sua specificità, veniva poi riconosciuto il diritto di agire separatamente dal resto della Comunità nell’interesse del Paese, pur senza danneggiare gli Stati europei.