- L'Europa come non l'avete mai letta -
martedì, 13 Maggio 2025
No Result
View All Result
  • it ITA
  • en ENG
Eunews
  • Politica
  • Esteri
  • Economia
  • Cronaca
  • Difesa
  • Net & Tech
  • Agrifood
  • Altre sezioni
    • Cultura
    • Diritti
    • Energia
    • Green Economy
    • Finanza e assicurazioni
    • Industria e Mercati
    • Media
    • Mobilità e logistica
    • Salute
    • Sport
  • Newsletter
  • Invasione russa in Ucraina
  • Energia
  • Israele
  • Usa
    Eunews
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca
    • Difesa
    • Net & Tech
    • Agrifood
    • Altre sezioni
      • Cultura
      • Diritti
      • Energia
      • Green Economy
      • Finanza e assicurazioni
      • Industria e Mercati
      • Media
      • Mobilità e logistica
      • Salute
      • Sport
    No Result
    View All Result
    Eunews
    No Result
    View All Result

    Home » Non categorizzato » Chi ci guadagna dalla deflazione?

    Chi ci guadagna dalla deflazione?

    [di Thomas Fazi] L'eurozona torna in deflazione. Ecco perché e chi ci guadagna.

    Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
    4 Marzo 2016
    in Non categorizzato

    di Thomas Fazi 

    È ufficiale: l’inflazione nell’eurozona è tornata in territorio negativo (-0,2 per cento). Lo rivela l’ultimo bollettino Eurostat. Si tratta della discesa più forte da un anno a questa parte.

    fazi1

    Ancora più drammatico il dato che misura le aspettative di inflazione fra 5 anni, sceso all’1,37 per cento, il livello più basso da quando esiste l’eurozona. In altre parole, i mercati si aspettano – a ragione, aggiungerei – un ulteriore peggioramento della spirale deflazionistica nell’area euro.

    Ad otto anni dallo scoppio della crisi, dunque, l’eurozona torna in deflazione. O meglio – visto il tasso di crescita praticamente inesistente per l’eurozona nel complesso – in stag-deflazione, ossia in una situazione in cui in cui la recessione/stagnazione economica (si veda il seguente grafico) si accompagna al progressivo calo dei prezzi, alimentandosi vicendevolmente.

    fazi2

    Ma concentrarsi sullo “zero virgola” rischia di farci di perdere di vista il quadro d’insieme, che descrive una situazione ben più grave. Come fa notare John Weeks, professore emerito alla University London (in due articoli: qui e qui), la realtà è che è il tasso d’inflazione medio dell’eurozona, senza considerare gli enormi differenziali di inflazione tra paesi, è inferiore all’obiettivo dichiarato del 2 per cento dalla fine del 2012 e inferiore all’1,5 per cento – sotto il quale possiamo parlare de facto di deflazione – dall’inizio del 2013. In altre parole, da tre anni.

    fazi3

    Lo stesso vale per il tasso di crescita. Il seguente grafico mostra il tasso di crescita dei paesi della periferia meridionale (Grecia, Italia, Portogallo e Spagna) più quello di Francia e Germania. Come si può vedere, negli ultimi quattro anni, solo due paesi hanno registrato un tasso di crescita annuo pari o superiore al 2 per cento (la Germania all’inizio del 2014 e la Spagna negli ultimi cinque trimestri). Dall’inizio del 2010, quando tutti e sei i paesi (compresa la Grecia) registravano tassi di crescita positivi, i tassi di crescita medi sono stati negativi per i quattro paesi della periferia, inferiori all’1 per cento per la Francia e lievemente superiori all’1 per cento per la Germania. L’economia greca ha subito il tracollo maggior, in coincidenza con l’introduzione delle misure di austerità della troika. «Se non fosse per il disastro economico greco, la performance delle altre economie verrebbe riconosciuta per quella che è: una stagnazione che non ha precedenti nell’Europa occidentale del dopoguerra», scrive Weeks.

    fazi4

    Questo si riflette nel fatto che tutti paesi della periferia e l’eurozona nel complesso registrano ancora un livello di PIL reale inferiore a quello del picco pre-crisi, come si può vedere nel seguente grafico (tratto dal blog di Bill Mitchell).

    fazi5

    Il bollettino degli orrori non finisce qui: è sempre Eurostat a comunicarci che il mese scorso (febbraio 2016) la produzione industriale nell’eurozona è scesa dell’1 per cento, dopo il calo dell’1 per cento già registrato a novembre. Questo significa che la produzione industriale dell’eurozona è ufficialmente in recessione.

    Dai grafici si può evincere chiaramente che il tracollo dell’eurozona ha inizio nel 2010, ossia nel momento in cui l’eurozona ha deciso di imbarcarsi in una politica suicida di restrizione fiscale estrema (esemplificata dal fiscal compact), che ha avuto l’effetto di stroncare brutalmente la ripresa post-2008. Commenta Weeks:

    La stagnazione della produzione, accompagnata dal peso dell’eccesso di debito, rende inequivocabile che le regole fiscali disfunzionali dell’UE non possono essere “aggiustate”. Esse richiedono una revisione radicale: l’abbandono e/o l’abrogazione dei regolamenti e dei trattati che richiedono ai governi di perseguire politiche di bilancio procicliche.

    Molti hanno creduto che gli effetti restrittivi di queste politiche potessero essere compensati dagli effetti “espansivi” delle politiche monetarie della BCE. Come dimenticare gli editoriali entusiastici di Scalfari e – ahimè – anche di numerosi osservatori economici, secondo cui il QE avrebbe fatto «tirare un respiro di sollievo a tutta l’Europa» ed avrebbe «sbloccato il credit crunch che ancora affligge molti paesi dell’eurozona». Ovviamente, le cose non sono andate così. È tristemente ironico che gli ultimi dati sull’inflazione giungano proprio ad un anno esatto dal varo del programma di quantitative easing di Draghi, col quale la BCE si è impegnata ad acquistare sui mercati europei titoli – in buona parte pubblici, ma non solo – per 60 miliardi di euro al mese. Come se non bastasse, le prospettive di inflazione sono cadute ai minimi termini proprio nel momento in cui il bilancio della BCE si appresta a superare il tetto dei 3.100 miliardi toccato nell’estate del 2012. Il seguente grafico, tratto da un articolo di Vito Lops, vale più di mille parole.

    inflazione-bce_850-574

    In definitiva, siamo di fronte al colossale fallimento delle politiche monetarie espansive perseguite in questi anni dalle banche centrali (non solo da parte della BCE). Un fallimento, tra l’altro, ampiamente preannunciato. È un fatto noto almeno dai tempi di Keynes, infatti, che in un contesto di stagnazione/recessione le politiche monetarie espansive non servono a nulla – e possono addirittura rivelarsi dannose – se non sono accompagnate da politiche fiscali altrettanto espansive – leggasi spesa in deficit – che immettano denaro direttamente nell’economia reale. Se poi le politiche monetarie vengono addirittura accompagnate da politiche fiscali e salariali ferocemente restrittive, come è avvenuto e continua ad avvenire in Europa, peggio ancora. Come spiega Gustavo Piga, «se con una mano si dà, via moneta, e con l’altra si toglie, via maggiore austerità, il risultato netto è che si resta dove si è, peggiorando le condizioni del malato che ha bisogno di aiuto subito».

    Quello che potrebbe e dovrebbe essere fatto (almeno nel breve) per rilanciare la domanda e rimettere in moto l’economia è stra-noto. Ormai le proposte abbondano, anche in ambito mainstream. Giavazzi-Tabellini hanno proposto un taglio alle tasse per ogni paese europeo del 3-5 per cento a fronte di un ridisegno dei piani di rientro del deficit “spalmato” su 4-5 anni, finanziato con emissioni a lungo termine di bond da destinare all’acquisto della stessa BCE. Adair Turner, ex presidente della Financial Services Authority britannica, ha proposto addirittura di stampare direttamente moneta da “girare” ai governi per finanziare i deficit. Per arrivare poi alle proposte meno provocatorie – si va da Quadro Curzio a Varoufakis – per un grande piano di investimenti paneuropeo. Senza considerare che ormai anche istituzioni tradizionalmente fedeli all’ortodossia “austeritaria” come l’FMI e l’OCSE invitano esplicitamente i governi ad aumentare gli investimenti pubblici.

    Nonostante ciò, la ricetta europea continua ad essere sempre la stessa: austerità fiscale e politiche monetarie “creative”, tra cui una probabile ulteriore riduzione del tasso negativo sulle riserve depositate presso la BCE (sull’inutilità di tale misura si veda questo articolo di Andrea Terzi). Di fronte a ciò dobbiamo chiederci come mai l’establishment europeo continui a puntare su politiche che – anche in base agli obiettivi ufficiali adottati per giustificare tali politiche – si sono rivelate un fallimento conclamato. Se accettiamo che l’obiettivo di tali politiche sia realmente quello di aumentare l’inflazione e rilanciare la crescita, allora non potremmo che concludere che i dirigenti europei – a partire da Mario Draghi – sono degli incompetenti di dimensioni macroscopiche a cui fanno difetto le più basilari nozioni di economia. Onestamente, faccio fatica a crederlo.

    Dobbiamo dunque prendere in considerazione un’altra possibilità, più inquietante ma anche, a mio avviso, più plausibile, ossia che l’obiettivo reale delle politiche europee – ossia quel combinato di politiche monetarie espansive, riforme strutturali e politiche fiscali restrittive – sia quello di “disciplinare” le classi e le regioni subalterne, al fine di ristrutturare le economie e le società europee in una chiave ancor più neoliberista di quella attuale. Un “ridisegno” che val bene anche un po’ di deflazione. In questo senso, le politiche monetarie potrebbero essere viste alla stregua di un tampone atto ad evitare che il paziente muoia dissanguato mentre i “dottori” operano su di lui. Va notato, infine, che gli effetti della deflazione sono tutt’altro che neutri; come scrive Guglielmo Forges Davanzati:

    È opportuno… osservare che il principale effetto generato dalla caduta dei prezzi consiste nel ridistribuire reddito a beneficio dei percettori di rendite finanziarie (in quanto creditori) e di imprese esportatrici, dal momento che queste possono avvantaggiarsi della deflazione per recuperare quote di mercato nel commercio internazionale.

    A proposito di rendite, molti si chiedono, per esempio, come mai gli investitori siano disposti ad acquistare titoli di Stato che danno a luogo addirittura a rendimenti negativi (in Europa i titoli a tassi negativo equivalgono ormai al 40 per cento del totale). La ragione è tanto semplice quanto inquietante: scommettono sul fatto che i tassi scenderanno ulteriormente – a causa dell’aggravio della spirale deflazionistica – e che dunque il valore dei titoli si apprezzerà. È il bello di vivere in un “paradiso per creditori”, secondo la definizione dell’economista britannico Mark Blyth: alla fine il soldo vince sempre, sia quando le cose vanno bene, sia quando vanno male…

    Ti potrebbe piacere anche

    Economia

    L’Europa all’Italia: “Senza un Mes pienamente funzionante non si può finanziare la difesa”

    12 Maggio 2025
    Difesa e Sicurezza

    Difesa, firmato il protocollo per l’integrazione industriale dell’Ucraina nell’Ue

    12 Maggio 2025
    Donald Tusk
    Politica

    Varsavia accusa Mosca di sabotaggio (e chiude il consolato di Cracovia)

    12 Maggio 2025
    Vladimir Putin russia
    Politica Estera

    Ue-Russia, scintille dopo “l’ultimatum” per il cessate il fuoco. Vicino l’accordo a 27 su nuove sanzioni al Cremlino

    12 Maggio 2025
    Balcani Occidentali Ue
    Politica Estera

    Allargamento, in Montenegro il decimo Forum Ue della società civile dei Balcani Occidentali

    12 Maggio 2025
    Politica

    Referendum abrogativi: per cosa si vota e come si vota dall’estero

    12 Maggio 2025

    TUTTI GLI EVENTI CONNACT

    Il Rapporto Draghi in italiano

    di Redazione eunewsit
    9 Settembre 2024
    CondividiTweetCondividiSendCondividiSendCondividi
    Made with Flourish

    L’Europa all’Italia: “Senza un Mes pienamente funzionante non si può finanziare la difesa”

    di Emanuele Bonini emanuelebonini
    12 Maggio 2025

    Il Comitato di risoluzione unico (Srb): "L'Unione dei risparmi richiede tempo, e nell'attesa spetta alle banche sostenere gli investimenti prioritari....

    Difesa, firmato il protocollo per l’integrazione industriale dell’Ucraina nell’Ue

    di Emanuele Bonini emanuelebonini
    12 Maggio 2025

    L'intesa siglata dal ministro delle Industria strategiche di Kiev, Herman Smetanin, e l'associazione delle industrie (Asd). Accordo di tre anni,...

    Donald Tusk

    Varsavia accusa Mosca di sabotaggio (e chiude il consolato di Cracovia)

    di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    12 Maggio 2025

    La Polonia avrebbe le prove del coinvolgimento dei servizi russi nell’incendio che ha distrutto un centro commerciale della capitale l’anno...

    Vladimir Putin russia

    Ue-Russia, scintille dopo “l’ultimatum” per il cessate il fuoco. Vicino l’accordo a 27 su nuove sanzioni al Cremlino

    di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
    12 Maggio 2025

    Il Cremlino: "Inaccettabili gli ultimatum" dei leader europei per l'accordo sul cessate il fuoco di 30 giorni a partire da...

    • Editoriali
    • Eventi
    • Lettere al direttore
    • Opinioni
    • Risultati Europee 2024
    • Chi siamo
    • Contatti
    • Privacy Policy
    • Cookie policy

    Eunews è una testata giornalistica registrata
    Registro Stampa del Tribunale di Torino n° 27

    Copyright © 2025 - WITHUB S.p.a., Via Rubens 19 - 20148 Milano
    Partita IVA: 10067080969 - Numero di registrazione al ROC n.30628
    Capitale sociale interamente versato 50.000,00€

    No Result
    View All Result
    • it ITA
    • en ENG
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca
    • Difesa e Sicurezza
    • Net & Tech
    • Agrifood
    • Altre sezioni
      • Agenda europea
      • Cultura
      • Diritti
      • Energia
      • Green Economy
      • Gallery
      • Finanza e assicurazioni
      • Industria e Mercati
      • Lettere al direttore
      • Media
      • Mobilità e logistica
      • News
      • Opinioni
      • Sport
      • Salute
    • Editoriali
    • Podcast / L’Europa come non l’avete mai ascoltata
    • Report Draghi
    • Risultati Europee 2024
    • Eventi
    • Le Newsletter di Eunews

    No Result
    View All Result
    • it ITA
    • en ENG
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca
    • Difesa e Sicurezza
    • Net & Tech
    • Agrifood
    • Altre sezioni
      • Agenda europea
      • Cultura
      • Diritti
      • Energia
      • Green Economy
      • Gallery
      • Finanza e assicurazioni
      • Industria e Mercati
      • Lettere al direttore
      • Media
      • Mobilità e logistica
      • News
      • Opinioni
      • Sport
      • Salute
    • Editoriali
    • Podcast / L’Europa come non l’avete mai ascoltata
    • Report Draghi
    • Risultati Europee 2024
    • Eventi
    • Le Newsletter di Eunews

    Attenzione