Bruxelles – Sconfitto alle urne in Irlanda il premier Enda Kenny. Nelle elezioni di questo fine settimana il suo partito conservatore Fine Gael ha raggiunto appena il 24,8% dei voti (cui si aggiunge un 7,1% degli alleati Laburisti) e non ha più i numeri per governare. La situazione che si profila è quella di un Parlamento senza maggioranza assoluta (il cosiddetto “hung Parliament”) e l’ingovernabilità che ne conseguirebbe oppure una coalizione con Fianna Fail, lo storico rivale del partito al potere (nonostante l’affinità ideologica sostanziale che c’è tra i due) che è arrivato secondo alle elezioni, incassando il 21,1% dei voti.
Nell’incertezza generale un dato appare è piuttosto chiaro: la crescente avversione popolare nei confronti dell’austerità, dimostrata dalla forte crescita del partito di sinistra Sinn Fein, che si colloca al terzo posto grazie al 16% conquistato, con un aumento di 6 punti percentuali dalle ultime elezioni. Il successo in Irlanda della formazione di Jerry Adams conferma un trend di insofferenza alle politiche dei sacrifici già in atto in Grecia, Spagna e Portogallo. Gli indipendenti e altri partiti minori, pure critici delle misure di austerità, hanno raggiunto il 31%.
Bocciata quindi, complessivamente, la durezza delle misure messe e messe in atto dal governo – e imposte da Ue e Fondo monetario internazionale – all’indomani della tremenda crisi del 2008 e dal salvataggio che ne è seguito che comunque ha permesso all’Irlanda di rimettersi in piedi e di tornare a livelli di crescita e occupazione precedenti alla crisi.