Bruxelles – Almeno dieci anno di dannosa incertezza, contraccolpi sul commercio e possibili effetti sui diritti dei cittadini britannici che vivono in altri Paesi europei. Sono queste le conseguenze che il Regno Unito deve essere pronto ad assumersi nel caso in cui i cittadini britannici decidano di votare a favore della Brexit. A sostenerlo è il primo rapporto ufficiale sugli effetti dell’eventuale processo di uscita dall’Unione europea, stilato direttamente dai funzionari del gabinetto di Downing Street. Lo studio sottolinea che un evento di questo genere non ha precedenti ed è dunque difficile prevederne gli effetti, ma mette fortemente in dubbio che sia possibile rispettare i due anni di tempo previsti dall’articolo 50 dei Trattati (meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un paese dall’Unione europea) per terminare i negoziati di uscita dall’Ue.
“Ci vorrebbe fino a un decennio o più per negoziare per prima cosa la nostra uscita dall’Ue, secondariamente i nostri futuri accordi con l’Ue e terzo i nostri accordi commerciali con i Paesi al di fuori dell’Ue in termini che siano del tutto accettabili per il Regno Unito”, si legge nel rapporto. Soltanto con l’Ue, fa notare lo studio, ci sarebbero da regolare gli aspetti più disparati: dall’accesso dei cittadini britannici alla tessera sanitaria europea, alle misure di sicurezza transfrontaliere, fino ad arrivare al diritto dei pescatori britannici di pescare nelle acque non nazionali, incluso il mare del Nord, o all’accesso del Regno Unito all’agenzia che controlla la sicurezza dei medicinali.
Poi ci sarebbero da rinegoziare trattati commerciali con oltre 50 Paesi che hanno accordi con l’Ue ma con cui il Regno Unito, una volta uscito dall’Unione, dovrebbe ricominciare tutto da capo. In più secondo il rapporto il Regno Unito si troverebbe bloccato in queste trattative bilaterali fino a che non avrà concordato con Bruxelles le modalità del distacco. Non solo, alcuni Paesi come gli Stati Uniti, secondo lo studio, potrebbero non volere nemmeno iniziare i colloqui prima di avere concluso i propri accordi con Bruxelles.
Tutto questo, secondo il report di Downing Street, si tradurrebbe in “un lungo periodo di incertezza, che avrebbe conseguenze per le imprese del Regno Unito, il commercio e gli investimenti dall’estero” ma anche i mercati finanziari, il valore del pound e potrebbe intaccare anche i diritti di circa due milioni di britannici che vivono in altri Paesi europei. Queste persone, si legge nel rapporto “godono attualmente di una serie di diritti specifici di vivere, lavorare, e accedere a pensioni, cure sanitarie e servizi pubblici che sono loro garantiti soltanto grazie alla legge Ue”. Se il Regno Unito decidesse di uscire dall’Unione, però, “non ci sono obblighi, secondo la legge Ue, che questi diritti debbano essere mantenuti se il Regno Unito lascia l’Ue”, fa notare il rapporto.
A fidarsi dello studio di Downing Street, insomma, le conseguenze di una Brexit sarebbero molte e pesanti. Ma secondo i favorevoli al divorzio tra Londra e Bruxelles, con avvertimenti di questo tipo si sta solo tentando di mettere in atto un “progetto paura” per convincere i cittadini a votare ‘no’ al referendum. “Che possibili prove ci sono che ci vorrebbero dieci anni per stipulare accordi commerciali?”, chiede Chris Grayling, uno dei cinque ministri del governo Cameron che fanno campagna pro-Brexit. “Compriamo molto più noi da loro di quanto loro comprino da noi”, ha sostenuto il ministro intervistato dalla Bbc, dunque “i lavori a rischio se non ci muoviamo rapidamente verso un nuova accordo commerciale saranno in Bavaria, Francia, Italia e in Spagna”.