Bruxelles – S’infiamma il dibattito sulle armi da Fuoco nell’Ue. La proposta che la Commissione ha ideato per disciplinare il mercato delle armi a uso civile e uniformare il quadro normativo europeo (rendendo di fatto più difficile sia l’acquisizione che la detenzioni di armi da fuoco) solleva forti dubbi. La direttiva – che riformerebbe la precedente “EU firearms directive”, creata nel 1991 ed emendata nel 2008 – è stata messa a punto all’indomani dei fatti di Parigi dello scorso novembre, secondo un’idea che identifica la discrepanza tra le norme dei diversi Paesi Ue e la carenza di scambio di informazioni tra gli Stati come condizioni che hanno facilitato le azioni terroristiche. La proposta è stata bersagliata (è proprio il caso di dirlo) da più fronti. Non solo le categorie direttamente interessate dall’utilizzo di armi da fuoco ma anche alcuni parlamentari europei hanno ritenuto necessario esprimere i propri – più o meno forti – dubbi sulla direttiva. Chi ha preparato le misure è accusato di averlo fatto in fretta e furia (il pacchetto è stato presentato 5 giorni dopo la strage della capitale francese, il 18 novembre 2015) sull’onda emotiva degli attacchi, senza un adeguato approfondimento. Questo, secondo i detrattori, si rifletterebbe sul testo, giudicato da più parti come poco accurato e impreciso. Nonostante alcuni punti siano generalmente ritenuti condivisibili (soprattutto per quanto riguarda la necessità di maggiori controlli) da più parti viene chiesto un riesame e un riadattamento del testo.
La Direttiva
La revisione della precedente direttiva, che la Commissione europea ha proposto, non è venuta fuori dal nulla ma faceva già parte dell’agenda europea sulla Sicurezza che l’esecutivo comunitario aveva adottato nell’aprile 2015. I fatti di Parigi hanno solo accelerato il processo, imprimendo alla misura quel carattere di urgenza tipico dei provvedimenti che vengono presi all’indomani di eventi sconvolgenti come attentati o catastrofi naturali. Le innovazioni introdotte dalla proposta sono molteplici. Tra queste ve ne sono alcune piuttosto controverse. Prima fra tutte è il bando di quelle armi semi-automatiche (ovvero quelle pistole e fucili che non hanno bisogno di essere ricaricate, ma, che a differenza delle armi da guerra possano espellere un colpo unico a ogni pressione del grilletto) appartenenti alla cosiddetta categoria “B7”, cioè quelle semi-automatiche che “somigliano” – secondo la definizione della Commissione – ad un’arma da fuoco automatica oppure quelle che provengono da una riconversione delle armi automatiche in semi-automatiche, tramite procedure apposite. Un altro punto cardine del pacchetto è l’imposizione di condizioni molto più severe per collezionisti, con una messa al bando della detenzione e commercio delle armi automatiche (da guerra, i kalashnikov per intenderci o i loro omologhi statunitensi M-16) per i privati cittadini e una disattivazione permanente delle stesse per i musei. L’obiettivo di fondo è quello di evitare che armi da guerra funzionanti o disattivate in modo non adeguato possano in qualche modo finire nelle reti criminali. Anche per le armi “acustiche” (le scacciacani o armi a salve), la Commissione vuole regole più severe, ovvero l’annullamento della libera vendita, che ha sino ad ora caratterizzato questo tipo di armi. Il ragionamento che la Commissione ha compiuto deriva dal fatto che alcune di queste armi, di per sé innocue, siano il risultato di una riconversione da un altro tipo di arma di categoria superiore – più letale.
E ancora, la Direttiva prevede norme più severe per l’acquisizione on-line di armi da fuoco, limitando il commercio a “fornitori e intermediari”, onde evitare che parti chiave o munizioni arrivino, attraverso Internet, nelle mani sbagliate, e vengano utilizzate, ad esempio, per riconvertire fucili semi-automatici in automatici. Forti polemiche sono state sollevate da alcuni anche per quanto riguarda un’altra regola, che prevede l’introduzione di test medici standard in tutti gli Stati (che hanno avuto sinora completa discrezionalità in materia). Meno contestate, se non addirittura approvate, sono state altre parti della direttiva, principalmente quelle che prevedono l’armonizzazione delle norme Ue in materia di marcatura delle armi da fuoco per migliorare la tracciabilità delle armi, un migliore scambio di informazioni tra gli Stati membri, l’obbligo di interconnessione dei registri nazionali delle armi, criteri comuni in materia di armi di allarme (ad esempio dei segnali di soccorso) al fine di evitare che la loro trasformazione in armi da fuoco funzionanti. Le modifiche proposte sono ora oggetto di discussione del Parlamento europeo e dal Consiglio. Al pacchetto si aggiungerà un piano d’azione, parallelo contro il traffico illegale di armi ed esplosivi che prevederà una forte coordinazione dei servizi segreti e le forze di polizia sulle fonti. Secondo quanto dichiarato dalla Commissione europea a suo tempo, il pacchetto costituiva un buon testo, con il presidente Jean-Claude Juncker che aveva dichiarato che sarebbe stato un ottimo “aiuto per combattere la minaccia che le armi finiscano nelle mani dei terroristi” e il commissario per il Mercato interno e l’Industra Elżbieta Bieńkowska che aveva sottolineato “la determinazione della Commissione di affrontare la nuova realtà con cui ci dobbiamo confrontare”.
La posizione delle categorie
La principale opposizione alla proposta di emendamento è venuta da gruppi della società civile che hanno visto i propri interessi lesi e la propria libertà di azione in pericolo – ovverosia cacciatori, tiratori sportivi, commercianti e collezionisti. Tutti insieme, sotto l’ombrello dell’associazione European Shooting Sports Forum (Essf) hanno presentato il 12 gennaio una “proposta per una direttiva da parte del Parlamento e della Commissione” che venga incontro alle loro esigenze. Quello che le categorie in questione vogliono limitare sono le ricadute economiche, le limitazioni e gli oneri che riguarderebbero lo sportivo o il cacciatore, in caso di approvazione. Nello specifico, viene anche contestata fortemente l’assenza di una valutazione d’impatto da parte della Commissione europea, che essi giudicano conditio sine qua non di qualsiasi formulazione di una direttiva del genere.
A livello statale, considerando l’Unione nel suo insieme, i paesi europei che si sono mostrati più contrari alla direttiva sono quelli del cosiddetto “gruppo di Visegrad” oltre a quelli con una forte tradizione di caccia, come Regno Unito e paesi scandinavi. Secondo Filippo Segato, Presidente della FACE (Federazione europea delle associazioni dei cacciatori) così com’è , la proposta sarebbe fortemente lesiva del commercio nel settore. “Se uccidi l’attività – spiega – non c è più domanda, uccidi il commercio e si perdono posti di lavoro”. Oltretutto, aggiunge, “se si rende l’accesso legale alle armi più complicato rimarrà sempre il mercato clandestino”. Secondo Segato, tra le proposte osteggiate, “quella più cruciale è quello sulla ridefinizione delle categorie”. In particolare, spiega “le armi semiautomatiche sono ottenute con un’autorizzazione, sono sempre registrate e tenute sotto controllo e non escono dal sistema perché nessuno ha interesse a farlo”, dal momento che “questo comporterebbe conseguenze penali per chi le fa uscire”. Secondo Segato, le armi utilizzate per gli attacchi terroristici “sono quelle illegali, esterne al circuito e provenienti spesso da Paesi extra Ue, oppure quelle demilitarizzate” ma in ogni caso, “c’è sempre, dietro, una parte d’illegalità”, per il semplice fatto che “è molto più facile rivolgersi al mercato nero e ottenere un kalashnikov piuttosto che fare una licenza da caccia, andare alla polizia” e fare tutta la trafila necessaria. Inoltre, aggiunge, entrando nel merito delle armi semiautomatiche che la direttiva vuole proibire, Segato spiega che “quando si parla di semiautomatiche “B7 c’è un problema di definizione alla base” dal momento che la terminologia usata dalla Commissione (ovvero un’arma semi-automatica che “assomiglia” a quella automatica) “è esclusivamente una definizione di natura estetica e non tecnica”, che fa riferimento a una scelta “di look” del costruttore.
A livello pratico, puntualizza Segato, “la scatola di scatto di un’arma semi-automatica non permette un meccanismo automatico”. “Il problema, casomai – spiega il Presidente del FACE – è che le armi automatiche a volte vengono convertite male (in semi-automatiche) e c’è qualcuno in grado”, con opportune manipolazioni, “di farle ridiventare automatiche – ovvero molto più micidiali”. Quindi, forse, spiega Segato, sarebbe il caso di “mettere a punto un regolamento ben fatto per la riconversione delle scacciacani, allarme e demilitarizzate o impedirne la riconversione”. Analogo problema sussiste per le pistole cosiddette “scacciacani”, che, di per sé “non sono convertibili in armi letali” a meno di non essere già tali, cosa che in Europa non avviene (sembra che sia la Turchia a fare questo genere di conversioni). Per quanto riguarda il test psicologico, altro punto contestato da cacciatori e sportivi, Segato spiega che il test di routine è probabilmente “inutile”, dal momento “è riconosciuto” anche dagli stessi medici “che generalmente non viene fuori nulla”, dal momento che “non è possibile prevedere le intenzioni delle persone”. Alcuni Paesi, come la Finlandia, aggiunge il presidente del FACE “hanno un test che prevede 200 domande online” e stanno pensando di abolirlo. “L’Italia ha un test medico – aggiunge – ma in alcuni Paesi – tra cui Regno Unito, Svezia, Danimarca, Germania – è sufficiente una dichiarazione, e poi sono le autorità ad intervenire in caso sorgano problemi, ad esempio depressione, casi di violenza domestica, alcol o droga”. “Per quanto riguarda il commercio su Internet – prosegue Segato – contestiamo la proposta di vietare la “vendita a distanza”, perché la Commissione “pensa che non potendo comprare i pezzi su internet sia impossibile attuare una conversione” mentre, di nuovo, basterebbe “convertire le armi in modo irreversibile, anche se compri su Interet che è inutile”. “Siamo tuttavia d’accordo per aumentare la sorveglianza” puntualizza. In generale, aggiunge Segato, “il vero problema è quello che avviene clandestinamente, nel cosiddetto “Darknet”. Infine, Per quanto riguarda i collezionisti l’importante è “custodire le armi in maniera sicura”, soprattutto “quelle da guerra”. Ulteriori controlli, poi dovrebbero essere effettuati, soprattutto nel caso si verifichino situazioni per cui “i fucili iniziano a diventare molti”. In tal caso, la polizia dovrebbe intervenire. “In definitiva – conclude Segato – la stessa Commissione ha detto di aver sbagliato nella comunicazione. Capisco che dopo 5 giorni dall’attentato ci sia stata una reazione di un certo tipo” ma “senza un impact assessment” non si possono formulare direttive simili”. “Ora sono più cauti, dopo il fuoco di critiche” che ha riguardato anche i parlamentari europei che hanno reagito in massa.
La posizione del Parlamento europeo
Anche tra i parlamentari europei vi sono forti dubbi sulla completa liceità della proposta. Pur riconoscendo che un aggiornamento potrebbe essere utile per colmare le lacune nella Direttiva armi da fuoco corrente, i deputati ci hanno tenuto a sottolineare che la stragrande maggioranza dei proprietari di armi da fuoco nell’Unione non presenta alcun rischio per il pubblico. Hanno espresso anch’essi preoccupazione per l’impatto che la direttiva potrebbe avere su diversi settori della società, esponendo dubbi e critiche nel corso della fase iniziale del dibattito della commissione per il Mercato interno sulla proposta, il 23 febbraio. Gli europarlamentari hanno dichiarato che verranno presentati dei cambiamenti al testo per renderlo più chiaro, garantendo una revisione che sia proporzionata e ragionevole, sottolineando che vada tenuto in considerazione il fatto che il canale utilizzato da parte dei terroristi per l’acquisto delle armi sia soprattutto quello illegale. La britannica Vicky Ford (ECR), presidente della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e relatrice della proposta del Parlamento, ritiene che, nonostante vi siano alcune parti del testo positive, la proposta della Commissione è, nel suo insieme “poco elaborata”, il testo “non è perfetto” e vi sia bisogno, in generale, “di un sacco di lavoro”.
Secondo Ford, è necessario sbarazzarsi “di quei punti che creano oneri sproporzionati per quei
cittadini che sono rispettosi della legge”. Per l’eurodeputata, la mancanza di una valutazione d’impatto è una grande lacuna e, in generale, la direttiva solleva numerose preoccupazioni dal momento che “ci sono molti interessi pubblici in gioco”. In particolare, ha spiegato la relatrice, gli argomenti più discussi e controversi tra i parlamentari sono stati (come per cacciatori e sportivi) la disattivazione, il progetto di messa al bando delle armi semi-automatiche che “assomigliano” alle armi completamente automatiche, le condizioni di autorizzazione, la convertibilità, e la vendita a distanza, online. “Eventuali modifiche alla direttiva del 1991 devono essere proporzionate e mirate “, ha spiegato il presidente della commissione Mercato interno nel documento di lavoro presentato al dibattito. Le modifiche “devono bilanciare il diritto alla proprietà di certi tipi di armi da fuoco con controlli adeguati al rischio esistente”, sottolinea Ford. “Criteri più precisi – ha sottolineato la relatrice – potrebbero aiutare la libera circolazione chiarendo ulteriormente i controlli del caso e ridurre le differenze nazionali”. Nello specifico, Il relatore sottolinea inoltre che “Anche se l’uso di armi da fuoco legalmente acquisiti da criminali e terroristi è limitato, ci sono dei stati casi registrati. Ad esempio, un tipo di arma utilizzata negli attacchi Charlie Hebdo a Parigi era stato acquistato legalmente in uno Stato membro dopo la conversione in arma da fuoco acustica in arma letale” che “secondo la legge di detto stato membro non necessitava di autorizzazione per essere acquisita”.
Per quanto riguarda la categoria “A” – le automatiche – il punto va trattato “con attenzione, ci devono essere autorizzazioni per esoneri speciali a mantenere le armi disattivate in modo adeguato” inoltre, “ci vorrebbe nuovo elenco di queste armi quindi devono essere mantenuti i vecchi elenchi e creati di nuovi”. Per i musei, spiega Ford, dire che “non debbano aggiungere nulla di nuovo alle loro collezioni è sproporzionato” e raccomanda il “mantenimento del testo attuale tenendo conto delle responsabilità musei e collezionisti”, chiarendo tuttavia “i requisiti per l’autorizzazione, ad esempio richiedendo lo stoccaggio sicuro nei musei o riducendo le discrepanze tra legislazioni nazionali in materia di requisiti di sicurezza negli stati membri”. In conclusione dichiara Ford “La Commissione non è più nel posto di guida di questa proposta e ora saranno i membri del Parlamento europeo e il Consiglio dei Ministri dell’UE a decidere congiuntamente sul progetto di legge.
Secondo Sergio Cofferati, europarlamentare del gruppo S&D “questa direttiva ha come obiettivo il rafforzamento della sicurezza pubblica e che questo credo debba rimanere un interesse generale non derogabile”. Il principio di fondo “che ha guidato la stesura di questa Direttiva” spiega Cofferati, è “positivo, dal momento che è giusto correggere e riaggiustare quelle parti che rendono oggi la normativa penetrabile o aggirabile”. “Rafforzare la tracciabilità, adeguare i meccanismi di archiviazione e di scambio delle informazioni, migliorare il sistema di marchiatura, definire meglio le componenti e la disattivazione: sono tutti elementi necessari per garantire una legislazione moderna ed efficace”. Tuttavia, aggiunge Cofferati, “Se è vero che il terrorismo si arma principalmente attraverso fonti illegali, è altrettanto vero che tra mercato illegale e mercato legale esiste una zona di confine, in particolare connessa alle disattivazioni o alla componentistica, che va tenuta in grande considerazione e su cui attraverso questa direttiva possiamo fare dei passi in avanti”.
“Non per questo chiarisce Cofferati – bisogna criminalizzare – chi utilizza le armi per ragioni di sportive o di caccia”. Per quanto riguarda la proibizione delle armi semi-automatihe, continua l’eurodeputato “sono d´accordo con la proposta della Commissione di proibire le armi semiautomatiche che provengono dalla conversione delle automatiche” mentre “per quanto riguarda le semi-automatiche che “assomigliano” a quelle automatiche” ritengo che “Parlamento e Consiglio debbano intervenire per modificare la proposta della Commissione” dal momento che “Il termine “assomigliano”, seppure presente nella Direttiva sin dal 1991, è fonte di incertezza giuridica e lascia spazio ad interpretazioni molto ampie”.
“Appare ragionevole – prosegue Cofferati – anche l’inserimento di elementi di controllo per un’eventuale trasformazione delle armi acustiche”. “Certamente bisognerà legiferare in maniera equilibrata, tenendo conto sia di chi legittimamente utilizza le armi per ragioni sportive o di caccia sia di particolari situazioni nazionali” afferma l’eurodeputato “stando attenti però a non ascoltare solo gli interessi organizzati ma a dare anche importanza quell´interesse pubblico generale che su questi temi è fisiologicamente silenzioso”. L’introduzione di test medici, conclude Cofferati “è una norma di banale buon senso che credo vada principalmente negli interessi degli stessi utilizzatori. In Italia e in diversi altri paesi la legge nazionale lo prevede già, credo sarebbe un fatto positivo per la sicurezza generale se così fosse anche negli altri paesi”.
Anche Annamaria Corazza Bildt (svedese, del Ppe) ritiene che i controlli medici siano ”fondamentali per garantire che le armi non finiscano in mani a persone non idonee,” anche se è necessario “lasciare agli stati membri la possibilità di decidere su chi non è idoneo”. Anche l’europarlamentare svedese esprime dubbi sul termine “somiglianza” riferito alle semiautomatiche, puntualizzando che è necessario una valutazione “di esperti in materia, in particolare esercito e polizia” perché questo è un “punto molto critico” che potrebbe avere impatto addirittura “sull’addestramento dell’esercito o della polizia perchè alcune armi dinamiche vengono utilizzate a tale scopo”. Infine, conclude Corazza, è fondamentale cercare di “rafforzare e potenziare le parti valide come disattivazione, marcatura obbligatoria, cooperazione transfrontaliera” senza accrescere “i problemi per i detentori legali di armi”. In generale, comunque, la strada è ancora lunga e prevede una serie di tappe che porterà a una votazione in plenaria, che avrà luogo non prima della prossima estate.