Bruxelles – Dall’Austria alla Slovenia e poi giù in Croazia, Macedonia e infine Grecia. Un viaggio al contrario lungo il cammino che centinaia di migranti percorrono ogni giorno per cercare una vita migliore. O per lo meno che tentano di percorrere, perché la rotta dei Balcani si sta facendo di giorno in giorno più impervia. Prima lo stop dei cittadini afghani al confine tra Grecia e Macedonia, poi la chiusura dell’Austria che ha compattato, attorno alla sua linea dura, il consenso degli altri Paesi lungo la rotta. Ostacoli ingombranti nella ricerca di una soluzione comune a livello europeo, che il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, tenterà di contribuire ad abbattere. Dall’1 al 3 di marzo volerà a Vienna, per poi proseguire verso Lubiana, Zagabria, Skopje e infine Atene. Cinque Paesi in tre giorni: ritmi serratissimi, per non perdere nemmeno un minuto nella corsa contro il tempo per salvare la libera circolazione europea. “Se non ci saranno risultati in dieci giorni, l’intero sistema rischia di collassare”, ha avvertito ieri il commissario Ue all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos. E tutti sembrano ormai concordare.
In Austria l’ardua impresa di Tusk sarà quella di provare a fare da mediatore per ricucire il pesante strappo tra con Atene, che ieri ha richiamato in patria il suo ambasciatore a Vienna e oggi ha rifiutato la richiesta di visita avanzata dal ministro degli Interni austriaco, Johanna Mikl-Leitner. Ma soprattutto il presidente del Consiglio europeo tenterà di riportare Vienna alla ragione, convincendola a rinunciare alle misure unilaterali messe in atto nelle ultime settimane (e già duramente criticate dalla Commissione), per partecipare invece ad una strategia comune. “Dobbiamo investire su Schengen non sul suo collasso”, ha chiesto a tutti solo pochi giorni fa Tusk, chiarendo la necessità di “evitare una battaglia tra piani A,B e C” che “creano solo più divisioni” per cercare invece “un comprensivo piano europeo”. In questa strategia comune occorre tentare di coinvolgere anche gli altri Stati lungo la rotta balcanica che dovrebbero, secondo quanto chiesto dalla Commissione europea, mettere a punto piani umanitari di emergenza per prepararsi ad arginare la crisi umanitaria che sembra essere sempre più vicina.
Il viaggio del presidente del Consiglio europeo si concluderà in tempo utile per tentare di arrivare in un clima di ritrovata armonia alla prossima riunione dei leader in programma il prossimo 7 di marzo. Il tema principale della riunione sarà il tentativo di accelerare la messa in atto dell’accordo con la Turchia, che per ora non sta rispondendo alle aspettative europee in fatto di riduzione del flusso di migranti in arrivo. Tusk lavorerà anche su questo fronte, incontrando a Bruxelles il 4 marzo il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Con loro, la discussione ruoterà intorno alla nuova operazione dell’Alleanza atlantica nel Mare Egeo contro il traffico di migranti dalla Turchia alla Grecia. Un’operazione per il momento solo di monitoraggio ma di cui si spera di potere presto espandere il mandato.