Monaco – Una nuova grana per l’economia tedesca. Dopo le auto della Volkswagen truccate per superare i test sull’inquinamento, adesso si scopre che anche le birre sono ‘truccate’. Una ricerca del Münchner Umweltinstituts, l’Istituto per l’ambiente di Monaco, afferma che almeno 14 marchi di birra, conterrebbero alti valori di glifosato, un pesticida considerato dannoso per la salute umana. La scoperta potrebbe rivelarsi un colpo per il mercato della birra tedesca, primo in Europa con una produzione di 93,4 milioni di ettolitri annui, un fatturato nel 2014 di 7.914 milioni di Euro e circa l’81% della produzione esportato. Le marche su cui sono state compiute le analisi sul glifosato sono: Beck’s, Paulaner, Warsteiner, Krombacher, Oettinger, Bitburger, Veltins, Hasseroeder, Radeberger, Erdinger, Augustiner, Franziskaner, Kônig Pilsener e Jever.
I valori di glifosato variavano da 0,46 a 29,74 microgrammi per litro e nei casi più estremi sono stati rilevati valori quasi 300 volte superiori al limite legale per l’acqua potabile di 0,1 microgrammi, anche se un limite per la birra non è mai stato stabilito. Secondo il BfR (L’Istituto federale per la valutazione dei rischi – Das Bundesinstitut für Risikobewertung) questa quantità non risulterebbe pericolosa per l’uomo a meno che non si assumano circa 1000 litri di birra al giorno. Il problema di queste ricerche risiede però nel fatto che non si considera il dato aggregato dei diversi prodotti contenenti pesticidi consumati nell’intero anno.
La storia del glifosato è lunga e travagliata: dopo anni di ricerche contraddittorie, nel 2015 è stato inserito dal IARC (International Agency for Research on Cancer) come sostanza “probabilmente cancerogeno per l’uomo” con classificazione 2A, attribuendo al pesticida danni a livello genetico nelle cellule. Nel corso dell’ultimo decennio, la vendita di questo pesticida ha visto diverse restrizioni a livello legislativo, in particolare nei Paesi Bassi, dove ne è stata vietata la vendita per usi casalinghi. Nonostante questa ricerca, i pareri sono ancora contraddittori, nel novembre 2015 infatti l’autorità sanitaria Ue ha contraddetto lo studio Iarc.