Bruxelles – Il pranzo di lavoro freddo, “English lunch” del Consiglio europeo è stato prima rinviato di un’ora, alle 14.30, poi alle 15.30, poi alle 16.00, finché, ora è una “English dinnercon ora da confermare”. Potrebbe essere una buona notizia? Una cattiva? Difficile interpretarne il significato, l’unica altra notizia è che i presidenti di Commissione europea e Consiglio Europeo Jean-Claude Juncker e Donald Tusk continuano con incontri bilaterali incrociali, mentre anche i leader si vedono tra loro. Deve esserci molto movimento di carte e persone al settimo piano del Justus Lipsius.
Nella notte erano stati messi a punto diversi nuovi documenti sui vari temi per evitare la Brexit, ma non erano testi condivisi, bensì “proposte sulle quali verificare il consenso”, spiegava una fonte autorevole. I nodi sono sempre gli stessi “ed hanno tutti la stessa importanza e difficoltà”, spiegano fonti diplomatiche. Da una parte Francia e Belgio, con l’appoggio dell’Italia, sono capofila del fronte della “non intromissione” della Gran Bretagna, e in generale dei Paesi fuori dalla moneta unica, nelle decisioni di Paesi euro in materia monetaria. Dall’altra si negozia duramente con i Paesi dell’Est in particolare sulla durata della possibile sospensione dei benefici sociali per i cittadini Ue che si trasferiscono nel Regno Unito. David Cameron, il premier britannico, chiede sette anni, poi rinnovabili per due periodi triennali. Tredici anni, insomma. La Commissione propone una mediazione a sette massimo (forse un quattro più tre). Discussione aperta anche sull’indicizzzione degli assegni per i figli a carico che vivono in un altro Paese Ue al costo della vita nel Paese. I Paesi dell’Est spingono perché sia applicata solo ai nuovi arrivi, mentre Londra vorrebbe imporla a tutti. Il Parlamento poi, rappresentato dal presidente Martin Schulz e dai tre negoziatori Roberto Gualtieri, Elmar Brok e Guy Verhofstadt è lì che cerca di dare le garanzie di impegno politico possibili sul fatto che la legislazione che andrà modificata avrà una sorta di “approccio positivo” da parte dei tre maggiori gruppi, che però, ovviamente, “non possono prendere impegni di alcun tipo sul voto che ci sarà in Aula”, spiega uno dei negoziatori.
Si inseguono voci su avvicinamenti e prese di distanze. Un problema dell’ultima ora lega poi la crisi dei migranti al negoziato Brexit. A quanto si apprende il premier greco Alexis Tsipras minaccia di non approvare l’eventuale intesa a meno che non venga garantito ad Atene che le frontiere con la Macedonia resteranno aperte. Nei giorni scorsi a Bruxelles era circolata l’ipotesi di una chiusura “europea” per fermare il flusso dei migranti.
Una fonte molto vicina a Tusk spiegava in tarda mattinata che, “nel migliore dei casi” i lavori potrebbero finire “questa sera”, ma intanto arrivano dichiarazioni da ogni parte che “ci stiamo preparando a lavorare sulla Brexit fino a domenica”. Intanto qualche premier, come l’ungherese Victor Orban e il ceco Bohuslav Sobotka, hanno lasciato il palazzo Justus Lipsius. Ma dovranno tornare, anche perché un eventuale accordo deve essere necessariamente preso all’unanimità perché sia “vincolante legalmente”. Benché avrà poi bisogno di essere perfezionato attraverso ben sei allegati “tecnici” che dovranno essere completati nei prossimi giorni dagli sherpa.