Bruxelles – La discussione sulle riforme dell’Ue per evitare una Brexit è stata più complicata del previsto. Il premier britannico David Cameron è arrivato al Consiglio europeo molto agguerrito affermando che non avrebbe accettato un accordo che non contenesse “quello che vogliamo”. E quello che voleva era di più di quello che aveva richiesto fino al giorno stesso, cosa che non ha certamente semplificato le trattative. La discussione iniziale è durata poco ed stata interrotta all’inizio della cena dei leader, in cui il dibattito si è spostato sul tema immigrazione. Ha parlato di “qualche passo indietro sulla Brexit ”, al termine della cena il presidente del Consiglio Matteo Renzi aggiungendo: “Sono sempre fiducioso”, della possibilità di raggiungere un accordo, “ma meno ottimista di quando sono entrato”. “Fatti alcuni progressi ma ancora molto resta da fare”, si è limitato a dire il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. E dopo la cena Tusk ha avuto diversi bilaterali, insieme al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker: innanzitutto con Cameron, poi con il presidente della Repubblica Francese, Francois Hollande, con il ceco Bohuslav Sobotka e il belga Charles Michel. Lo scopo è provare a dirimere i punti più spinosi, per poi passare al palla agli sherpa a cui è stato affidato il compito di limare la bozza di accordo sulla Brexit in preparazione della nuova riunione della mattina.
Tra le richieste su cui Cameron ha rilanciato c’è stato il periodo di limitazione dei benefit sociali che Londra vuole imporre per gli stranieri comunitari residenti nel Regno Unito. Londra vorrebbe 7 anni più un possibile doppio rinnovo di tre: ovvero 13 anni in tutto. Gli altri Paesi, e la Commissione, non intendono andare oltre sette anni totali (4+2+1), e i quattro del gruppo di Visegrad (Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica ceca) vogliono anche che il nuovo meccanismo non sia retroattivo e si applichi solo a partire dal momento in cui l’accordo con Londra, dopo il referendum, sarà tradotto in norme Ue. Il secondo e più spinoso tema è quello della governance economica, Cameron vorrebbe far passare il principio che le regole debbano essere applicate in maniera differente tra Stati dell’Eurozona e non. Qui sembra difficilissimo che riesca a spuntarla. In sospeso anche la diatriba del significato della frase “unione sempre più stretta” (“ever closer union”) nei trattati. Cameron vuole che sia messo nero su bianco che gli Stati non sono obbligati ad accettare sempre più integrazione, a diversi altri Paesi non piace l’idea che lui debba dettare la linea all’intero processo di integrazione.
A complicare il tutto il fatto che Londra ha insistito per inserire delle modifiche nel testo per imporre di inserire l’accordo nei Trattati Ue la prossima volta che saranno emendati, senza tuttavia che ci sia bisogno di queste modifiche per attuare comunque quanto prevede l’accordo stesso.