Bruxelles – In questo momento il Parlamento europeo è poco più che un attento osservatore. Ma non appena l’accordo contro la Brexit (se accordo ci sarà) si dovrà tradurre in misure legislative, allora l’Aula di Strasburgo assumerà tutt’altro peso, avendo il potere di bloccare quegli atti che di fatto tradurrebbero l’intesa in realtà. David Cameron ne è consapevole e così, pure in forma ridotta rispetto ai programmi, a pochi giorni dal Consiglio europeo decisivo di giovedì e venerdì, trova il tempo per passare dal Parlamento europeo e incontrare il Presidente, Martin Schulz, i capigruppo dei principali gruppi politici e i tre sherpa nominati dal Parlamento per i negoziati sulla Brexit (Guy Verhofstadt, Elmar Brok e Roberto Gualtieri).
Ma se Cameron cercava rassicurazioni tali da poter tornare a Londra confermando, come già assicurato al parlamento britannico, che l’accordo che uscirà dal Consiglio europeo è “legalmente vincolante”, il Parlamento europeo non sembra disposto ad assecondarlo. “Una volta che l’accordo è approvato da ventotto Stati membri, alla presenza di Paramento e Commissione, credo che ci sarà un dibattito costruttivo, ma per essere chiari, nessun governo può andare in un Parlamento e dire ‘questa è la mia proposta, voglio una garanzia sul risultato’, questo in democrazia non è possibile”, chiarisce il presidente Schulz. Per il momento, dunque, il premier britannico deve accontentarsi del “chiaro impegno del Parlamento europeo ad essere, una volta che l’accordo sarà trovato in Consiglio e i testi saranno sul tavolo, il più veloce possibile e costruttivo” ma, “non posso dare sicurezza sul risultato della futura legislazione”, sottolinea Schulz.
Identico avvertimento arriva anche dal leader dei socialisti, Gianni Pittella: “Noi ora non possiamo intervenire su queste misure come Parlamento perché il documento verrà approvato dai governi – ricorda – ma ci riserviamo di esprimere la nostra posizione quando la Commissione europea, dopo il referendum, presenterà le misure legislative e queste misure legislative devono essere approvate dal Parlamento. In quella occasione noi diremo la nostra opinione”, avverte Pittella, ricordando in particolare che l’Aula vuole ribadire di essere “contro ogni forma di discriminazione”. A preoccupare sono, in particolare, le limitazioni nell’accesso al welfare per i cittadini non britannici e il fatto che “se il Regno Unito non vuole integrarsi è libero, ma non può impedire agli altri di andare avanti”.
Anche per il leader liberale, Guy Verhofstadt, “non si può prevedere il risultato di un processo legislativo” e “nessun governo può dare queste rassicurazioni”, come Cameron sta invece tentando di fare. Il leader dell’Alde assicura comunque che il Parlamento ha dall’inizio guardato “in modo molto costruttivo alle richieste di Cameron” e assicura: “Se il governo britannico vuole riforme nell’Ue noi siamo a favore: sono necessarie”.
Dopo gli incontri in Parlamento, Cameron ha avuto anche un ultimo bilaterale con il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, prima della riunione dei leader Ue. I due, spiega il portavoce di Cameron, “hanno concordato che i negoziati hanno registrato progressi dalla pubblicazione della bozza di proposta” ma hanno anche dovuto ammettere che “ci sono ancora dettagli da definire per aprire la strada ad un accordo al summit di questa settimana”.
Continua intanto il viaggio per l’Europa del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk alla ricerca di consenso sulla proposta di accordo. Dopo Parigi e Bucarest, oggi Tusk è volato ad Atene e da lì ha assicurato che con Alexis Tsipras c’è “convergenza” e “condivisione di visioni” sul tema. “Grazie per l’approccio costruttivo, avrà bisogno del tuo aiuto a Bruxelles”, è il saluto di Tusk al premier greco a fine incontro. Segno che ancora, come il presidente del Consiglio non cessa di ripetere, i negoziati sulle proposte di Londra restano “fragili”. Più complicato l’incontro con il premier della Repubblica Ceca, Bohuslav Sobotka, dopo cui Tusk sottolinea che per i Paesi del blocco di Visegrad “il tema dell’accesso ai benefit sociali continua ad essere il più delicato”. La posizione del blocco di Visegrad “è chiara e alla luce di questo non ho dubbi: c’è un altro miglio da fare prima di raggiungere un accordo, ammette Tusk, chiedendo di “risolvere le questioni rimanenti in uno spirito di fiducia e cooperazione”.