Bruxelles – L’Italia è stata tra i primi paesi a doversi confrontare con la crisi dei migranti, e questo vuol dire che prima di altri ha visto un aumento delle spese per far fronte ai flussi migratori. La Commissione europea deve quindi tenerne conto nella sua valutazione sui nostri conti pubblici. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, al termine dell’Ecofin a Bruxelles torna a chiedere flessibilità. “La questione è in sospeso”, dice, e “noi continuiamo a dire che l’Italia è stato se non il primo, tra i primissimi Paesi che hanno sostenuto l’urto dell’immigrazione clandestina”, e questo “è avvenuto prima che l’Europa riconoscesse esplicitamene che c’era un problema europeo di gestione dell’immigrazione”, ha affermato Padoan secondo cui però ciò “non vuol dire che quello che l’Italia ha fatto non sia stato anche per sostenere un’emergenza europea, visto che noi ne rappresentiamo il confine meridionale”. Per questo, ha ribadito il ministro, “manteniamo la nostra linea che le spese da prendere in considerazione ai fini dell’analisi del bilancio debbano essere precedenti all’anno di riferimento” usato dall’esecutivo, ovvero il 2015.
L’Italia insiste che il periodo di riferimento da utilizzare sia il periodo 2011/2013, in quanto il balzo nelle spese per la crisi dei migranti c’è stato già nel 2014. Ma essendo sotto esame il bilancio 2016, questo viene confrontato con le spese dello scorso anno e questo vuol dire che la Commissione vorrebbe tenere in considerazione la differenza tra quanto prevediamo di spendere quest’anno e quanto abbiamo speso nel 2015 per concedere una eventuale flessibilità. Ma se così facesse la differenza sarebbe minima, mentre sarebbe molto più significativa, se si allontana il periodo di riferimento. Nel triennio 2011/13 si spendevano infatti 1,2 miliardi all’anno per affrontare l’emergenza migranti, mentre nel 2015 ne abbiamo spesi 3,2. In ballo c’è insomma, per il nostro Paese uno 0,2%, del Pil di possibile flessibilità.