Roma – “Oggi il problema dell’economia dell’Unione non è il superministro” europeo del Tesoro, “ma la direzione” ancora orientata verso l’austerità. In una lettera a Repubblica, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si dimostra poco appassionato nei confronti di un argomento considerato centrale dalla Germania – l’istituzione di un ministro unico delle Finanze, appunto – e torna a ribadire che serve una svolta, “perché di sola austerity si muore” e “se una cura non funziona, dopo otto anni si può parlare di accanimento terapeutico”.
Il premier sottolinea infatti come “negli otto anni di presidenza democratica, gli Stati uniti hanno puntato su crescita, investimenti e innovazione. L’Europa su austerity, moneta, rigore”. Oggi, prosegue, “a livello economico gli Stati uniti stanno meglio di otto anni fa, l’Europa sta peggio”. Segno, ritiene, che l’Ue “ha sbagliato strada.
Il capo dell’esecutivo denuncia: “I Paesi che sono cresciuti in Europa lo hanno fatto soltanto perché hanno violato in modo macroscopico le regole del deficit”. Qui il premier fa esplicito riferimento “al Regno Unito di Cameron, che ha finanziato il taglio delle tasse portando il deficit al 5%, o alla Spagna di Rajoy, che ha accompagnato la crescita con un deficit medio di quasi il 6%”. E ancora, alla Germania “con un surplus commerciale che continua a essere sopra” i parametri previsti dai trattati.
Il problema però, secondo Renzi, non sono le regole, dal momento che l’Italia le rispetta, “con un deficit che quest’anno sarà il più basso degli ultimi dieci anni (2,5%)” e “ciononostante è ripartita” facendo segnare un +0,8% di Pil lo scorso anno. “Il problema è la politica economica di questa nostra Europa”. Dunque, suggerisce, “prima di parlare di superministri, dobbiamo forse chiarirci fra noi sulla linea di politica economica”.
L’inquilino di Palazzo Chigi, rispedisce poi al mittente le accuse di intraprendere scontri con Bruxelles per fini elettorali. “L’Italia non fa polemiche in Europa perché ha un problema di consenso interno”, sostiene. Anche se la recente uscita sui “governi che dicono sempre sì all’Ue” e poi “perdono le elezioni” sembrerebbe smentirlo. Non a caso il premier fa un passaggio contro i “demagoghi”, ovvero “quelli che vorrebbero uscire dall’euro, leghisti e pentastellati”, e contro quelli che ritengono “il nostro compito sia solo obbedire alle decisioni prese altrove”. Secondo Renzi “sbagliano entrambi”.
Per il titolare dell’esecutivo, siamo di fronte a una “crisi di rappresentanza che in numerosi Paesi sta mettendo in crisi i partiti tradizionali”. In questo contesto, “il punto chiave”, indica, è capire se “l’Europa sarà o meno in grado di ritrovare la strada della politica”. Una strada che porti a “una strategia globale sull’immigrazione”, a una “visione unitaria del sistema finanziario”, al’impostazione di “regole comuni sulla selezione dei candidati alla guida dell’Europa, a cominciare dalle primarie per la presidenza della Commissione”, proposta lanciata a sorpresa dallo stesso Renzi pochi giorni fa.
Oggi che il “sogno europeo” appare “destinato a infrangersi sugli scogli dell’egoismo e sulle barriere della paura”, ammonisce il presidente del Consiglio, il suo invito è tornare “all’ideale” europeo e farlo da Ventotene, dove nacque il manifesto che ha avviato il percorso di integrazione. Lì “il Governo italiano ospiterà programmi di formazione per questa nuova generazione di leader europei” promette. Lo ritiene un modo per far rivivere e tramandare la memoria dei padri fondatori.