Bruxelles – La Commissione europea “non ha intenzione di mettere altri fardelli sulle spalle dei Paesi sotto pressione”. Le rassicurazioni in questo senso si ripetono ancora e ancora, eppure da Bruxelles più che un fardello arriva per Atene un altro macigno da portare. Nella pratica si tratta di una raccomandazione, adottata dalla Commissione europea insieme alla valutazione dei progressi compiuti sul fronte immigrazione, contenente una serie di misure urgenti che la Grecia dovrebbe adottare per potere rientrare nello schema previsto dal regolamento di Dublino e cioè per potere riaccogliere sul proprio territorio i migranti che, sbarcati sulle coste greche, hanno poi proseguito illegalmente il proprio cammino verso altri Stati europei. Riammissioni che oggi non possono avvenire.
Il problema risale al 2011: allora Atene fu di fatto esclusa da Dublino dopo sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia europea che definirono il sistema di asilo del Paese “degradante”. Condizione che ha reso di fatto impossibile per gli altri Stati membri rispedire i migranti entrati in Europa dalla Grecia, verso il Paese di primo arrivo, così come il regolamento di Dublino invece prevederebbe. Un problema non da poco per gli Stati del nord Europa che si sono visti costretti ad accogliere sul proprio territorio, quote consistenti di quei circa 850mila migranti che la Grecia ha visto sbarcare solo lo scorso anno e che ha poi lasciato defluire verso nord.
Così oggi la Commissione europea tenta di riportare ordine, chiedendo alla Grecia di soddisfare le condizioni per potere rientrare nel sistema. Anche se dal 2011 ad oggi dei miglioramenti sono stati fatti, evidenzia l’esecutivo comunitario, restano ancora parecchie cose da fare per rimediare alle carenza nel sistema di asilo. In particolare occorre migliorare le capacità di accoglienza, le prestazioni sanitarie e si deve mettere in piedi un migliore sistema di tribunali per migliorare l’accesso dei migranti alle procedure di richiesta di asilo, ricorsi inclusi. Un lavoro enorme, considerando il volume dei flussi di sbarchi sulle coste greche e ricordando che il sistema di accoglienza era già risultato “degradante” quando, cinque anni fa, i flussi erano ben inferiori.
Un problema solo sulla carta, si potrebbe ribattere, visto che la Commissione europea presenterà già a marzo una proposta di revisione del sistema di Dublino. In realtà, ricordano però oggi da Bruxelles, il mese prossimo sarà lanciato soltanto un primo scambio di idee che impiegherà mesi a trasformarsi in qualcosa di concreto, sempre se riuscirà a portare a risultati reali, vista l’opposizione di diversi Stati membri. Per ora insomma “Dublino non è morto, è ancora vivo”, ricorda il commissario Ue all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos e “noi siamo i guardiani dei trattati finche esistono, quindi ricordiamo agli Stati che hanno delle responsabilità”. L’idea è anche quella di chiarire il principio che un migrate che fa il suo ingresso in Europa, ad esempio attraverso la Grecia, non ha la libertà di scegliere dove andare a presentare la propria domanda di asilo ma deve registrarsi ed aspettare di essere ricollocato.
La raccomandazione della Commissione europea non fissa una deadline per portare a termine il lavoro ma chiede un primo report sui progressi effettuati nel mese di marzo. In questo momento si dovrebbe poter capire se gli Stati membri possono riprendere a rimandare indietro i migranti verso la Grecia, decisione che spetterà alle autorità di ciascun Paese sotto il controllo di tribunali nazionali e Corte di giustizia.