Bruxelles – Vittoria della lobby dell’industria dell’auto, e in particolare dei costruttori di motori diesel, a Strasburgo, nonostante lo scandalo Volkswagen. La plenaria del Parlamento europeo ha bocciato, con 323 voti contrari, 317 in favore e 61 astensioni, una proposta di risoluzione della commissione europarlamentare Ambiente che mirava a ristabilire i limiti originariamente fissati dalle norme comunitarie per le emissioni inquinanti dalle auto (Euro 6).
Se approvata (era richiesta la maggioranza assoluta, 376 voti), la risoluzione avrebbe azzerato il colpo di mano con cui, il 28 ottobre scorso, il Comitato tecnico permanente Ue per i veicoli a motore – in cui siedono gli esperti rappresentanti dei governi insieme insieme alla Commissione europea – aveva notevolmente innalzato quei limiti, riguardanti gli ossidi d’azoto (NOx) emessi dai motori diesel, oltre a ritardarne di diversi anni l’entrata in vigore.
Inizialmente, secondo una legislazione approvata nel lontano 2007, i limiti legali dell’Euro 6 per i NOx (80 mg/Km) sarebbero dovuti entrare in vigore per tutti i nuovi modelli nel settembre 2015. Ma con l’artificio dei cosiddetti “fattori di conformità”, invocati per dare il tempo all’industria di adeguarsi alle nuove norme (come se non le conoscesse già dal 2007) il Comitato Ue per i veicoli a motore ha aumentato i limiti, portandoli a 168 mg/Km (fattore di conformità 2,1, più del doppio) fino al 2020, e mantenendoli ancora a 120 mg/Km (fattore di conformità 1,5) oltre il 2020, senza nessuna indicazione della data in cui entrerebbe finalmente in vigore la norma originaria di 80 mg/km.
Il Comitato, in sostanza, ha vanificato con una decisione che doveva essere puramente “tecnica” (sulle modalità di attuazione) tutta la legislazione Ue mirante a limitare le emissioni inquinanti, non solo allungando a dismisura i tempi per l’entrata in vigore delle nuove norme, ma addirittura cambiando gli stessi limiti, che saranno molto meno rigorosi.
Anche la commissione giuridica del Parlamento europeo, seppure con una maggioranza risicata, aveva appoggiato la richiesta di porre il veto alla decisione del Comitato sui veicoli a motore, sostenendo che aveva abusato dei propri poteri per aver abbassato, con una decisione tecnica, i limiti alle emissioni imposti da un atto legislativo, che non può essere modificato se non con un nuovo atto dei co-legislatori (Europarlaemnto e Consiglio Ue).
Bocciando il veto, in pratica, la maggioranza di centro destra dell’Europarlamento ha accettato questo vero e proprio abuso di potere e creato un precedente pericoloso, non difendendo le proprie prerogative di co-legislatore di fronte alle lobby dell’industria, ai governi (che hanno pesantemente influenzato le decisioni del Comitato tecnico, solo l’Olanda ha votato contro), e alla Commissione europea, che ha accettato quella decisione dimenticandosi del suo ruolo di guardiana dei Trattati e dell’interesse generale dei cittadini, della loro salute e dell’ambiente in cui vivono.
Inoltre, contrariamente a quanto è avvenuto negli Usa – dove è stato scoperto lo scandalo del software montato in alcuni modelli Volkswagen per truccare i risultati dei test sulle emissioni svolti nei laboratori, e la casa tedesca ora dovrà pagare multe miliardarie e risarcire i consumatori – nell’Ue il messaggio alla Volkswagen e agli altri costruttori è chiaramente che possono stare tranquilli: se non riescono a rispettare i limiti alle emissioni, si aumentano quei limiti, così ci stanno dentro.
Contrariamente a quanto sostiene lo “spin” della Commissione europea, insomma, in questo caso l’Ue non è affatto pioniera mondiale delle norme ambientali (molto meglio gli Usa), non promuove la competitività e l’innovazione dell’industria (cioè delle imprese che riescono a ridurre le emissioni e a costruire auto per il futuro), e non difende neanche le condizioni di equa concorrenza (sono penalizzati, alla fine, quelli che avevano rispettato le norme Ue, e premiati quelli che le hanno infrante).
Il “no” di Strasburgo al veto contro questa decisione scandalosa, fortemente voluto dal Ppe (e dal governo tedesco) e dal gruppo della destra moderata guidata dei Conservatori britannici, è stata possibile grazie al valido aiuto di una parte dei Liberali francesi (evidentemente attenti agli interessi dell’industria di casa propria, che tradizionalmente ha molto puntato sul diesel), e poi dell’estrema destra lepenista e xenofoba (compresi tutti i leghisti italiani). Fra gli italiani, hanno votato in questo senso tutti gli eletti del Ppe presenti, compreso il presidente della commissione Ambiente Giovanni La Via (Ncd), che pure inizialmente aveva sostenuto l’iniziativa della censura contro il Comitato tecnico.
La Commissione europea, prima del voto, aveva cercato di rassicurare l’Europarlamento promettendo di intervenire, con l’attivazione di una clausola di revisione, per porre fine alla deroga attualmente illimitata e far applicare finalmente, in una data non precisata, il limite di 80 mg/Km (che doveva essere in vigore già dal settembre scorso).
E La Via ha motivato il suo voto sostenendo che ora, dopo “una trattativa intensa con i governi e la Commissione europea, abbiamo impegni chiari” presi dall’Esecutivo comunitario:”Una clausola di revisione, con un calendario preciso, al fine di abbattere i valori massimi di emissione ai livelli che sono stati concordati dai co-legislatori”.
Di tutt’altro tono le reazioni dei Verdi, dei Socialisti e Democratici, e del M5s, che insieme alla Sinistra unitaria europea e alla maggioranza dei Liberali hanno votato a favore del veto.
Per la co-presidente del Partito Verde Europeo Monica Frassoni, la decisione del Comitato tecnico è “assolutamente vergognosa”.
“Quello di oggi – ha osservato – è il primo provvedimento europeo dopo lo scandalo Dieselgate-Volkswagen… E la maggioranza degli europarlamentari ha fatto il gioco della parte più retriva dell’industria automobilistica, senza curarsi della salute dei cittadini che dovranno subire livelli di inquinamento sempre più alti e pericolosi”.
Per Frassoni, poi, “è sorprendente che nella lista dei votanti a favore ci sia anche il presidente (La Via, ndr) della commissione europarlamentare Ambiente, la cui maggioranza si era schierata per il rifiuto della dilazione dei tempi e dei limiti stabiliti”.
Gli eurodeputati del M5s, da parte loro, hanno sottolineato in una nota che “le vetture che si esportano negli Usa riescono a rispettare limiti pari alla metà di quelli in vigore nell’Ue, introdotti già nel 2007 per lasciare il tempo alla aziende di conformarvisi. È evidente che le aziende preferiscono attivarsi per raggirare le regole piuttosto che investire in innovazione e tecnologie per abbattere le emissioni inquinanti che fanno mezzo milioni di vittime ogni anno”.
Il Movimento 5 Stelle, conclude la nota, “ha già dichiarato guerra al risultato di questo voto preannunciando ricorsi in tutte le sedi istituzionali europee preposte a risolvere problemi di attuazione del diritto comunitario”.
Lorenzo Consoli per Askanews