di Teodoro Andreadis Synghellakis
Il governo di Alexis Tsipras compie un anno, e il bilancio, come sempre, è fatto di una serie di chiaroscuri. A dire il vero, in questi dodici mesi c’è stato anche un referendum e una nuova tornata elettorale a settembre, ma di fatto, la continuità di governo non è mai venuta meno. Come sempre accade, è facile passare dagli entusiasmi incontenibili alle repentine delusioni, ma per evitare di perdere la bussola, è bene cercare di tenere a mente alcuni punti fermi.
I problemi, ovviamente, ci sono, e nessuno può smentire la realtà. Nello scorso luglio il primo ministro è stato costretto a firmare un compromesso con i creditori, che, a fronte di un nuovo aiuto economico superiore a 80 miliardi di euro e dell’impegno di procedere alla ristrutturazione del debito del paese, prevede precisi impegni per la riforma della previdenza, l’aumento dell’IVA, ed anche la riforma del sistema fiscale. Non c’è stata la sterzata decisa ed inequivocabile verso la crescita, che chiedeva a gran voce SYRIZA, ma si è anche accettato che per quel che riguarda una parte delle privatizzazioni (ad esempio quella degli asset principali dell’azienda dell’energia elettrica), il governo ellenico possa cercare delle “misure alternative ed equivalenti”, in modo da salvaguardarne il carattere pubblico. In questi giorni, poi, gran parte degli agricoltori protestano, bloccando strade e dogane, per l’aumento della tassazione del proprio reddito, praticamente raddoppiata.
Ma chi pensa che per Alexis Tsipras la strada sia tutta in salita, o non conosce bene la Grecia o preferisce darne una lettura piuttosto di parte. Il governo di SYRIZA e del centrodestra di ANEL continua, malgrado le difficoltà, ad essere percepito, da gran parte dei greci, come la migliore alternativa presente nel panorama politico del paese. Il giovane primo ministro greco è riuscito a portare a casa risultati come l’approvazione della legge che permette di dare la cittadinanza greca ai figli degli immigrati, ed anche dei patti di convivenza per le coppie gay, seppur senza la stepchild adoption.
L’economia, anche se la BCE ha chiuso i rubinetti alle banche greche a fine giugno, non è collassata, come molti pensavano, e nel secondo semestre di quest’anno si dovrebbe tornare alla crescita. Una prospettiva confermata anche da Standard & Poor’s che, quasi inaspettatamente, ha aumentato l’outlook della Grecia da CCC+ a B-.
La sfida più grande è costituita dalla riforma delle pensioni, imposta dai creditori, in cui il ministro del lavoro, Jorgos Katroungalos, sta cercando di ridurre il più possibile i tagli sui redditi dei cittadini. La novità, rispetto al passato, è che c’è un vero confronto sociale, anche se si è consci che il governo non può decidere in piena autonomia, come vorrebbe poter fare. Proprio ieri, Katroungalos ha presentato delle nuove proposte sulla quota del reddito che i giovani dovranno destinare per le trattenute sulla pensione: per i primi due anni non dovrebbe superare il 14%, per passare poi, nel triennio successivo, al 17%. La soluzione complessiva ancora non c’è, ma il dialogo continua.
Il governo di Alexis Tsipras ha una maggioranza di 153 seggi su 300, nel parlamento di Atene. Sicuramente ristretta, ma non è per nulla da escludere che una parte dei deputati socialisti, o di quelli della rinata unione dei centristi (che contano rispettivamente su 17 e 9 seggi) decidano di fornire un appoggio esterno al governo, o, in alcuni casi isolati, di entrare a far parte, in modo organico, nella maggioranza che lo sostiene.
C’ è chi vorrebbe un “governissimo” e un cambio radicale di tutta la compagine governativa. Ma i principali sostenitori di questa tesi hanno ancora dei problemi interni da risolvere: i centristi del Fiume, che alle elezioni di settembre non hanno superato il 4%, perdendo per strada gran parte del proprio supposto “appeal riformatore” iniziale. Il centrodestra di Nuova Democrazia, dopo mille peripezie, ha appena eletto il suo nuovo presidente, il quarantottenne Kyriakos Mitsotakis. Ma per quanto cerchi di puntare su un profilo da moderato, gran parte dei greci ricorda che si è da sempre posto, con forza, a favore dell’estremo dimagrimento dello Stato a vantaggio dei privati. La logica, quindi, del “sono tutti uguali”, almeno fino ad ora, continua a non convincere.
Molto dipenderà, ovviamente, dalla grande partita della rinegoziazione del debito, che potrà partire, però, solo dopo la prima valutazione complessiva, da parte dei creditori, dei “progressi” compiuti dalla Grecia nell’applicazione del programma sottoscritto, nei suo dettagli, ad agosto. E l’eventuale “luce verde”, non dovrebbe arrivare prima di maggio. In ballo, realisticamente, c’è l’allungamento delle scadenze e una riduzione dei tassi di interesse. Ma per un tipo di accordo di questo genere, ci vuole, sicuramente, un governo, un interlocutore stabile, e non certo un paese destabilizzato dall’esclusione dal Trattato di Schengen. E malgrado i difensori delle politiche neoliberiste a oltranza non siano stati ancora sufficientemente indeboliti, Alexis Tsipras rimane la miglior garanzia, sia come interlocutore affidabile, che per la tenuta della coesione sociale.
Pubblicato sul manifesto il 26 gennaio 2016.